IL
48% DEGLI ANTIBIOTICI CHE USIAMO NON FUNZIONA PIÙ PER CURARE LE
INFEZIONI
Il
quinto Congresso internazionale AMIT – Argomenti di Malattie Infettive – si apre
al Museo nazionale della scienza e della tecnologia “Leonardo da Vinci” di
Milano con la drammatica testimonianza del presidente del congresso Marco
Tinelli, direttore Azienda ospedaliera di Lodi e componente del consiglio
nazionale SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali): «Stiamo
affrontando sia a livello globale che locale delle emergenze epidemiologiche, in
alcuni casi drammatiche, causate dalla sempre più grande diffusione di ceppi
batterici con sensibilità a poche o addirittura nessuna classe di antibiotici. A
tal proposito, come scelta iniziale delle sessioni congressuali, abbiamo
identificato la disamina degli effetti patogeni più rilevanti, sia dal punto di
vista microbiologico che epidemiologico, provocati dai microrganismi
multi-resistenti e l’impatto che ne deriva nella pratica clinica. È pertanto
fondamentale, di fronte alle sfide che dobbiamo affrontare, proporre dei modelli
di controllo delle infezioni i più razionali ed efficaci possibili».
Sono
4.100.000 circa i pazienti della Comunità Europea che vengono colpiti da
infezioni legate all’assistenza sanitaria con una stima di 147.000 morti ogni
anno. Le infezioni più frequenti sono le polmoniti, soprattutto quelle legate
alle comunità e agli ospedali, che percentualmente sono il 19,4% di tutte le
infezioni, le post chirurgiche, che riguardano il 19,6% del numero complessivo e
le infezioni urinarie il 19%. Particolarmente frequenti anche le infezioni del
torrente circolatorio (10,7%) e gastrointestinali (7,7%).
Secondo
molti studi scientifici, in molti pazienti il 48% dei farmaci impiegati
risultano inefficaci alla cura. Sotto accusa soprattutto i chinoloni, in
particolare la Levofloxacina e Ciprofloxacina tra i più usati sia dai medici di
famiglia che in ospedale. L’Italia è, tra i Paesi della Comunità Europea, la
nazione che le più alte percentuali di resistenza alla maggior parte degli
antibiotici con percentuali che vanno dal 25% a oltre il 50%. L’Italia è anche
il Paese della Comunità Europea dove circolano anche più batteri resistenti a
tutti gli antibiotici.
Tale
fenomeno di multiresistenza agli antibiotici preoccupa particolarmente
all’interno degli ospedali, italiani ed europei, dove è alto il tasso di
infezioni in particolar modo causate dagli enterobatteri, batteri che
comunemente colonizzano l’intestino senza dare nessun problema. Purtroppo alcuni
di essi, proprio a causa dell’uso eccessivo degli antibiotici diventano
resistenti. Tra questi vi è soprattutto l’Escherichia Coli (15,9%) e la
Klebsiella Pneumoniae (8,7%) entrambi resistenti a gran parte o a tutti gli
antibiotici. Poche le soluzioni in questi casi, e poche chance di trovare una
moltitudine di antibiotici attivi nel prossimo futuro, perché le case
farmaceutiche investono tendenzialmente verso altre molecole per malattie che
vengono somministrate per tutta la vita.
E
se il problema diventa ulteriormente grave se si sottolinea che queste infezioni
iniziano a diffondersi fuori dalle mura ospedaliere, specie all’interno di case
di riposo e di cura per anziani, il punto fondamentale da affrontare rimane, dal
punto di vista clinico, come ottimizzare l’antibiotico-terapia dei microrganismi
multi-resistenti sia per la scarsità di molecole realmente efficaci che per le
prospettive di pochissime altre che saranno a disposizione nel prossimo futuro.
Bisogna quindi rivedere gli schemi terapeutici “classici” adottando, in alcuni
casi, dosaggi molto più elevati degli antibiotici rispetto a quelli cosiddetti
“standard”.
«Sono
soprattutto i neonati, i bambini più piccoli, gli anziani e i soggetti con
alcune criticità, come diabete, problemi cardiovascolari, sottoposte a trapianti
e a trattamenti chemioterapici, i più in pericolo – conclude Tinelli –. Le
infezioni crescono al crescere dell’età: sopra i 65 anni i fattori di rischio
aumentano di almeno tre volte. Un problema che aumenta ulteriormente una volta
superati i 75 anni. Il 75% delle prescrizioni che sono fatte in Italia sono per
over 65, una percentuale che da sola assorbe il 65% dei costi del Sistema
Sanitario Nazionale».
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