Mills, la signora e la giustizia bizantina
Peter Gomez
Direttore de ilfattoquotidiano.it e scrittore
Intervistata il 20 marzo dalla versione on line del Telegraphl’aspirante candidata a sindaco di Londra per il partito laburista, Tessa Jowell, ha finito per rafforzare le convinzioni di chi, anche in Gran Bretagna, ritiene la bugia una malattia professionale della politica. La moglie dell’ex avvocato inglese di Berlusconi, David Mills, a proposito dei processi per corruzione giudiziaria subiti in Italia dal consorte, ha testualmente dichiarato: “Mio marito è stato assolto (My husband was exonerated), nessuno ha mai veramente capito di che cosa si trattasse”.
Come è noto, però, Mills non è stato assolto. Dopo essere stato condannato a 4 anni e sei mesi di reclusione, il legale si è salvato nel 2010 in Cassazione grazie alla prescrizione del reato. Per i giudici di terzo grado era infatti provato che Mills negli anni Novanta avesse mentito per favorire Berlusconi in due processi e che per questo avesse ricevuto una tangente di 600 mila dollari. Così, pur dichiarando il caso prescritto, la Cassazione aveva obbligato Mills a risarcire con 250mila euro la Presidenza del Consiglio. Le affermazioni di Tessa Jowell, già ministro per le Olimpiadi nei governi Blair e Brown, sono dunque false. Ma in tutta franchezza dobbiamo dire di non sapere se avranno qualche influenza nella sua corsa, scandita dalle primarie, per ottenere la candidatura nelle elezioni londinesi del 2016. Anzi ne dubitiamo molto. È vero che nel Regno Unito, molto più che in Italia, le bugie di un politico sono tradizionalmente un fatto grave. Ed è altrettanto vero che i lettori della stampa britannica sono stati in passato informati con completezza sui vari sviluppi del caso. Ma basta riascoltare un intervista radiofonica, rilasciata da Tessa Jowell il 18 settembre 2012, per rendersi conto di come l’inglese medio abbia tutto il diritto di non comprendere cosa è accaduto nei tribunali italiani. In Gran Bretagna, come in tutti i paesi civili, i reati non si possono prescrivere a processo in corso. Una volta che un imputato entra in aula ne esce o da colpevole o da innocente. Una terza ipotesi, quasi fosse la x sulla schedina del Totocalcio, non è prevista. Per questo, quando tre anni fa la signora Jowell ai microfoni della Bbc ha per la prima volta sostenuto la tesi dell’assoluzione del marito venendo interrotta da una giornalista che le ricordava come Mills fosse “stato multato per una grossa cifra”, ha potuto ribattere: “La natura bizantina della giustizia italiana è qualcosa che è molto, molto difficile da spiegare. Loro hanno una serie di sanzioni civili che scattano se ritengono che l’integrità di una delle alte cariche dello Stato sia stata messa in dubbio”.
Il fatto è che i sudditi della Corona sono gente pratica. Sanno che se i processi non si prescrivono in aula, gli imputati raggiunti da prove forti non avranno nessuna convenienza ad affrontare i dibattimenti. Meglio per loro dichiararsi colpevoli e ottenere un sconto di pena, piuttosto che rischiare in Corte un verdetto durissimo. In questo modo in Inghilterra di processi se ne fanno pochi (li affronta solo il 10 per cento degli imputati) e i tribunali non sono intasati. Nella bizantina Italia invece se ne fanno tanti e, causa prescrizione, spesso finiscono in pareggio. Così i politici bugiardi possono impunemente dire: non c’è condanna, non c’è stato il reato.
Nessun commento:
Posta un commento