martedì 9 dicembre 2014

UN MARE DI CEMENTO

UN MARE DI CEMENTO
Chi tenta di addossare i guasti della cementificazione agli anni ormai remoti del dopoguerra si sbaglia. Si possono interpretare così i nuovi dati della CGIA di Mestre sul consumo di suolo diffusi oggi, elaborati sulla base dei dati dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale). Nel 2012, ultimo anno disponibile, l’estensione del suolo impermeabilizzato da asfalto o cemento era del 7,3% dell’intera superficie italiana, con come la Lombardia e il Veneto in testa, entrambe con il 10,6% del suolo edificato, contro una media nazionale che è del 7,3%. E gli ultimi venti anni sono quelli dove il processo è accelerato. In Veneto per esempio durante questo periodo il consumo di suolo è aumentato del 3,8% contro la media nazionale dell’1,9%. Tornando alla percentuale di suolo edificato dopo Lombardia e Veneto ci sono la Campania (9,2%), il Lazio (8,8%), l’Emilia Romagna (8,6%), la Puglia e la Sicilia (entrambe con l’8,5%).
«In questa analisi – afferma il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi – abbiamo valutato il consumo di suolo, vale a dire la quota di superficie coperta con asfalto e cemento interessata dalla costruzione di edifici, capannoni, strade, infrastrutture, insediamenti commerciali, etc., rispetto alla superficie totale. Ebbene, le realtà maggiormente interessate dalla cementificazione sono anche quelle che in questi ultimi anni hanno subito i danni ambientali più pesanti a seguito di allagamenti, esondazioni, frane e smottamenti, che hanno martoriato i residenti di questi territori. In altre parole, dove si è costruito di più, i dissesti idrogeologici sono stati maggiori».
Oltre al Veneto le regioni che hanno aumenti significativi sono il Lazio, con il 2,9%, la Sicilia, con il 2,6%, le Marche, con il 2,5% e la Lombardia, con il 2,4%.
Sul fronte della criticità idrogeologica dei comuni, invece, le regioni più a rischio sono quelle più piccole. In Valle d’Aosta, in Umbria, in Molise, in Basilicata e in Calabria il 100% dei comuni è a rischio, perché montuosi e perciò più esposti al rischio idrogeologico, mentre quelle dove il rischio diminuisce sono la Sicilia con il 29%, la Lombardia con il 39,9% e il Veneto con il 43,7%.

Il tasso dell’edificazione degli ultimi venti anni di cui sono disponibili i dati, periodo 1992-2012, è stato quindi del 26%. In pratica su 100 metri quadri di suolo edificato, 26 sono stati realizzati negli ultimi venti anni. Si tratta del periodo interessato in maniera diretta dai due condoni edilizi del 1995 e del 2003, e con ogni probabilità anche da quello del 1985. Visto che dopo ogni condono edilizio si creano aspettative per uno nuovo. Ma ai condoni bisogna aggiungere anche la distorta visone dell’economia che hanno avuto negli anni la maggior parte degli amministratori pubblici che hanno visto come unica leva economica l’edificazione di abitazioni e infrastrutture anche se non necessarie.

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