ALIMENTI
RICCHI DI VITAMINA D
di
Francesca Antonucci
Per
vitamina D si intende in realtà un gruppo di 5 molecole diverse: D1, D2, D3, D4
e D5. Tra queste quelle che hanno una maggiore importanza per il nostro
organismo sono la vitamina D2, ovvero l’ergocalciferolo di origine vegetale, e
la vitamina D3, il colecalciferolo di provenienza animale.
Qualunque
sia la sua forma, questa sostanza può essere considerata sia una vera vitamina,
infatti il 20% del nostro fabbisogno è coperto dall’alimentazione, sia un
ormone. Una volta che nel nostro organismo viene infatti trasformata nella sua
forma attiva, il calcitriolo, diventa una molecola con la struttura tipica degli
ormoni steroidei, capace di agire su tessuti e organi bersaglio.
Il
ruolo più noto della vitamina D è quello di consentire il fissaggio del calcio
nelle ossa, ma è anche attiva nel favorire l’assorbimento di questo minerale
nell’intestino ed il riassorbimento di calcio e fosforo dai reni, impedendone
l’eliminazione con l’urina.
La
forma attiva
Il
calcitriolo è la forma biologicamente attiva della vitamina D e la sua sintesi
definitiva avviene con due reazioni di idrossilazione: la prima nel fegato e la
seconda nel rene.
Grazie
all’esposizione alla luce solare il nostro organismo è in grado di garantirsi la
sintesi del colecalciferolo, il principale precursore della vitamina
D, assorbito anche nell’intestino dagli alimenti. E, in effetti, questa
autoproduzione è il principale meccanismo di approvvigionamento di vitamina D.
Per tale motivo la concentrazione plasmatica di questa molecola è più elevata
durante la stagione estiva: ciò consente anche l’accumulo nel tessuto adiposo
per i periodi meno soleggiati del resto dell’anno.
Il
fabbisogno
La
necessità di assorbimento di vitamina D con la dieta cambia a seconda dell’età
del soggetto e anche delle sue condizioni di salute: un adulto sano che esce in
modo regolare e si espone alla radiazione luminosa, dovrebbe assumere circa 10
microgrammi al giorno di colecalciferolo, cioè di vitamina D3. Mentre i bambini
sani di età compresa tra i 3 ed i 15 anni ne dovrebbero assumere circa 12-15
microgrammi al giorno. Nell’ambito di una dieta sana ed equilibrata, basata sul
modello della dieta mediterranea
non serve alcuna integrazione.
Negli
individui che non si espongono alla luce, come per esempio gli anziani che
escono poco da casa, si potrebbe dover ricorrere ad una supplementazione. La
gravidanza e l’allattamento, inoltre, sono due momenti della vita della donna in
cui il fabbisogno quotidiano di vitamina D aumenta: anche in questo caso se
l’esposizione alla luce rimane costante, e l’alimentazione equilibrata, non
dovrebbe verificarsi alcuna carenza.
Alimenti,
carenze ed eccessi
Le
fonti alimentari che contengono quantità apprezzabili di vitamina D3 e D2 sono
davvero poche, tra queste:
pesci
grassi come aringhe, sgombri, salmone, sardine e merluzzo;
olio
di fegato di merluzzo;
latte
e latticini;
uova;
verdure
a foglia verde.
Il
calciferolo viene assorbito nell’intestino e trasportato nel circolo sanguigno,
non viene immagazzinato nel fegato ma trasformato nella sua forma attiva e poi
utilizzato o eventualmente accumulato.
Dal
punto di vista clinico la carenza
di vitamina D si esprime come rachitismo nel bambino o come osteomalacia
nell’adulto. In entrambi i casi, la causa è un alterato metabolismo della
molecola per un ridotto apporto di calciferolo con la dieta, così come
alterazioni del metabolismo epatico e renale dei precursori della vitamina D o,
anche se raramente, una ridotta esposizione solare e deficit alimentari di calcio,
magnesio e fosforo.
Per
quanto sia rara, anche l’ipervitaminosi da vitamina D ha rilevanza clinica. Si
manifesta con sintomi come nausea, vomito, diarrea, ipercalcemia e altre più
gravi alterazioni a carico dei reni e del cuore, come nefrocalcinosi e
cardiocalcinosi. Di sicuro non è l’eccesso alimentare che può condurre un
paziente all’intossicazione da vitamina D, più comune è l’errore nell’assunzione
di un integratore o di un farmaco a base di calciferolo. Per tale motivo anche
gli integratori alimentari andrebbero sempre consigliati da un professionista,
medico o farmacista.
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