Resa dei conti Pd, minoranza all'attacco. Il premier: "Lealtà, basta diktat"
"Non ha senso tornare a votare a ogni intoppo". D'Alema si sfila e
avverte: "Non mi faccio minacciare", mentre il ribelle Civati ha deciso
di non intervenire in assemblea
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RENZI - "Il Pd non è il partito della nazione perché immagina chissà quali strane mutazioni genetiche, ma perché avere quei colori vuol dire che il Pd non si accontenta di vedere i sogni dell'Italia stuprati da anni di mal governo", dice Renzi. E ancora: "Noto un certo richiamo all'Ulivo molto suggestivo e nostalgico, ricordo cosa diceva l'Ulivo sul bicameralismo, quello che non ricordo è come si possa aver perso 20 anni di tempo senza aver realizzato le promesse delle campagne elettorali", attacca renzi. "Il cantiere è il luogo che attrae di più i cittadini, specie quelli che non hanno molto da fare e stanno lì a mugugnare. Il Pd non si metta a osservare i cantieri: li faccia. Noi siamo quelli che cambiano l'Italia, non quelli che stanno a mugugnare su quelli che cambiano l'Italia". Poi l'avvertimento ai ribelli: "Il Pd non è un partito che va avanti a colpi di maggioranza ma sia chiaro che non starà fermo per i diktat della minoranza. Abbiamo il dovere di corrispondere all'impegno preso con gli italiani e non staremo fermi nella palude per guardare il nostro ombelico".
E visto che il Jobs act è tra i provvedimenti più criticati dalla minoranza Pd, Renzi insiste: "La riforma del lavoro ce la chiede l'Europa. In tutti i Paesi è stato chiesto di intervenire. Solo che c'è chi l'ha fatto, come la Spagna, riducendo il salario dei lavoratori, e chi come noi con una riforma del lavoro che porta più flessibilità ma consente al lavoratore di avere qualche soldo in più, non in meno. Questo passaggio è decisivo per segnalare la diversità culturale tra la nostra riforma e quella di altri Paesi". Poi nuovo altolà ai sindacati: "Quando mi dicono che dovevo parlare del sindacato mi chiedo se possiamo dirlo o meno che siamo stati eletti per rappresentare l'assemblea nazionale del Pd. E non a quella della Cgil". E ancora: "Io rispetto il fatto che tanti uomini e donne che hanno fatto sciopero dicano che non sono d'accordo con noi. Ma è finito il tempo in cui le manifestazioni di piazza avevano potere di veto". "Non sono i sindacati i soggetti che guidano il Paese". Poi nuovo affondo: "Quando sento Barbagallo dire che ci vuole la Resistenza rispondo che le ultime lettere dei distaccati sindacali non me le immagino". "Non è serio" dire cose del genere: "Non penso che il Jobs act sia fascista e che ci voglia la Resistenza".
Poi un attacco, non nuovo, a Grillo: Grazie al Pd è "sparito dallo scenario politico colui che dettava l'agenda un anno fa, Beppe Grillo. Grazie al nostro risultato abbiamo restituito il suo talento alla comicità: andrà in tour, in bocca al lupo", ha detto Matteo Renzi all'assemblea Pd: "Anche i Forconi oggi potrebbero andare solo a 'Chi l'ha visto'".
Il premier fa anche un richiamo allo scandalo di Mafia Capitale: "Chi è disonesto non può camminare con il Pd, dobbiamo essere molto duri anche al nostro interno. Chi sbaglia paga anche nel Pd. Non tutti gli onesti votano Pd ma chi sta nel Pd deve avere onestà come punto fondamentale" (clicca sulla foto e guarda il video).
E ancora: "Io sono qualcosa più che indignato. Sono schifato - dice sempre riferendosi a Mafia Capitale - Ma se siamo un Paese serio, l'indignazione e lo schifo non ci bastano. Io chiedo ai magistrati di arrivare velocemente ai processi. Alle sentenze. Io leggo le loro interviste, che sono utili, ma credo che in Italia i magistrati debbano parlare un po' di piu' con le sentenze e un po' meno con le interviste".Il premier non dimentica le promesse sui diritti: "Questa Italia ha bisogno di aprire la stagione dei diritti, del riconoscimento della civil partnership, dello ius soli temperato e delle adozioni".
IL RIBELLE CIVATI - Dopo aver anticipato, ieri, una possibile rottura, Pippo Civati interviene anche in assemblea: "Se andiamo al voto faremo qualcosa di diverso. Non dipende solo da me ma anche se ci sarà qualcuno che lo vuole fare. Se mi trovo a disagio in un partito lo dico. Siamo a livello psichiatrico. Il Pd fa destra e sinistra insieme".
CUPERLO - "Nessuno vuole la palude, ma il punto è aiutare il Paese con buone riforme. Io penso che una parte di noi si è messa in questo solco. Vogliamo migliorare le nostre scelte, non rallentare né mugugnare", è l'intervento di Gianni Cuperlo, che sottolinea come "il vincolo di appartenenza non è dato dallo statuto, ma dai principi che dicono chi sei. Io mi sono iscritto ad un partito non ad uno statuto".
E sulle proteste di piazza: "Matteo hai ragione a rivendicare il primato politica, ma non è mai esistito tale primato se è separata dalla società. Le piazze non sono mai stato il nostro nemico, il nostro avversario, e non potranno diventarlo".
FASSINA ATTACCA - "A me pare che Renzi cerchi giustificazioni per andare al voto. È inaccettabile la delegittimazione morale e politica che fai in queste sedi di chi ha posizioni diverse dalle tue", sottolinea Fassina concludendo in maniera concitata e rivolgendosi dal palco direttamente al suo segretario. "Io non sto in Parlamento per gufare ma per esprimere un punto di vista costruttivo", sbotta il deputato della minoranza Dem (Clicca sulla foto e guarda il video). "E' inaccettabile la delegittimazione di chi ha posizioni diverse dalle tue - continua -. Non ti permetto più di fare le caricature di chi non la pensa come te".
LA REPLICA DEL PREMIER - "Non ha senso tornare a votare a ogni intoppo. Serve il coraggio e la voglia di andare avanti sul serio". Così Matteo Renzi replica in assemblea. "Pensate che" andare al voto "sia l'obiettivo di una forza politica che ha detto in tutte le lingue che vuole cambiare il Paese senza cambiare i parlamentari? Ha senso, Fassina? Per me no", dice. "Non possiamo immaginare di continuare a raccontare noi stessi come personaggi che vanno in Parlamento e rivendicano non la libertà di fare il parlamentare ma l'idea che quella che dovrebbe essere comunità diventi anarchia - continua -. E resto male quando, non dentro le discussioni di partito, ma fuori, si cerca di utilizzare il voto in Parlamento per dare un segnale".
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