E' la "Giornata dei migranti". E riguarda nuovamente anche noi: boom delle cancellazioni dall'anagrafe
di G.M.B
Si celebra oggi in tutto i mondo la Giornata internazionale dei migranti, proclamata nel Duemila dalle Nazioni unite in concomitanza col giorno in cui nel 1990 l’ssemblea Generale adottò la “Convenzione Internazionale per la tutela dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie”.
Le notizie sui migranti non sono affatto buone in alcuna parte del mondo. Né in Europa, dove nuovamente, pochi giorni fa, l'Unhcr ha segnalato che nel 2014, nonostante l'operazione “Mare Nostrum” (che a novembre è stata sospesa) le vittime del Mediterraneo sono state 3419, né in Asia dove in due giorni sono morte duecento persone che tentavano di attraversare il Golfo di Aden per fuggire da Etiopia, Eritrea e Somalia, né in America lungo la frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti.
Ma la notizia più rilevante per l'Italia è che questa giornata comincia nuovamente a riguardarci in modo diretto. Cioè non solo come paese che ospita i migranti, ma come paese di emigrazione. Stando infatti a un recente studio dell'Istat (“Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente”), mentre gli ingressi di stranieri sono in calo (nel 2013, 307mila, cioè – 12,3 per cento, con una diminuzione in termini assoluti di 43mila unità rispetto all’anno precedente) aumentano le cancellazioni di italiani dalle anagrafi, un atto che solitamente corrisponde al trasferimento fuori dai confini nazionali. Nel 2013 l'hanno compiuto ben 126mila persone, 20 mila in più rispetto all’anno precedente.
Una parte di queste cancellazioni (44mila) riguarda cittadini stranieri, e questo conferma il fenomeno – accentuato dalla crisi economica – del rientro in patria di persone che negli anni passati erano venute a lavorare da noi. Ma 82mila dei “cancellati” (con un aumento del 21 per cento) sono cittadini italiani.
Le destinazioni prescelte, d'altra parte, corrispondono a quanto emerge da altre indagini. Il 30 per cento degli italiani che lasciano il Paese è laureato e la principale destinazione è il Regno Unito. Vengono poi Germania, Svizzera e Francia. Se a questi dati se ne aggiungono altri relativi alle “intenzioni”, la tendenza dell'Italia a essere, almeno in parte, un paese che non solo accoglie, ma “produce” emigrati, è pienamente confermata. Più della metà dei giovani italiani (secondo un'analisi di Coldiretti e dell'Istituto Ixé) è pronta a emigrare subito il Paese in cambio di un lavoro. Significativo anche il fatto che la percentuale cresca ancora, fino al 59 per cento, nella fascia d'età tra i 18 e i 19 anni. E sia, in generale, superiore alla media (arriva al 55 per cento) tra quanti hanno raggiunto i più alti livelli di istruzione.
Le notizie sui migranti non sono affatto buone in alcuna parte del mondo. Né in Europa, dove nuovamente, pochi giorni fa, l'Unhcr ha segnalato che nel 2014, nonostante l'operazione “Mare Nostrum” (che a novembre è stata sospesa) le vittime del Mediterraneo sono state 3419, né in Asia dove in due giorni sono morte duecento persone che tentavano di attraversare il Golfo di Aden per fuggire da Etiopia, Eritrea e Somalia, né in America lungo la frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti.
Ma la notizia più rilevante per l'Italia è che questa giornata comincia nuovamente a riguardarci in modo diretto. Cioè non solo come paese che ospita i migranti, ma come paese di emigrazione. Stando infatti a un recente studio dell'Istat (“Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente”), mentre gli ingressi di stranieri sono in calo (nel 2013, 307mila, cioè – 12,3 per cento, con una diminuzione in termini assoluti di 43mila unità rispetto all’anno precedente) aumentano le cancellazioni di italiani dalle anagrafi, un atto che solitamente corrisponde al trasferimento fuori dai confini nazionali. Nel 2013 l'hanno compiuto ben 126mila persone, 20 mila in più rispetto all’anno precedente.
Una parte di queste cancellazioni (44mila) riguarda cittadini stranieri, e questo conferma il fenomeno – accentuato dalla crisi economica – del rientro in patria di persone che negli anni passati erano venute a lavorare da noi. Ma 82mila dei “cancellati” (con un aumento del 21 per cento) sono cittadini italiani.
Le destinazioni prescelte, d'altra parte, corrispondono a quanto emerge da altre indagini. Il 30 per cento degli italiani che lasciano il Paese è laureato e la principale destinazione è il Regno Unito. Vengono poi Germania, Svizzera e Francia. Se a questi dati se ne aggiungono altri relativi alle “intenzioni”, la tendenza dell'Italia a essere, almeno in parte, un paese che non solo accoglie, ma “produce” emigrati, è pienamente confermata. Più della metà dei giovani italiani (secondo un'analisi di Coldiretti e dell'Istituto Ixé) è pronta a emigrare subito il Paese in cambio di un lavoro. Significativo anche il fatto che la percentuale cresca ancora, fino al 59 per cento, nella fascia d'età tra i 18 e i 19 anni. E sia, in generale, superiore alla media (arriva al 55 per cento) tra quanti hanno raggiunto i più alti livelli di istruzione.
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