Vista così sono due Italie. Due mondi che non si parlano, o meglio stanno agli antipodi. Nel 2014 la ricchezza finanziaria detenuta dalle famiglie italiane toccherà i suoi massimi storici, superando i livelli del 2006-2007, gli anni pre-crisi. Questo mentre il Paese sfiora la sua terza recessione, con la disoccupazione ai picchi assoluti e il debito pubblico che continua a inannellare nuovi record. Due Italie, quella pubblica con i conti sempre in bilico, e quella privata sempre più ricca.
La ricchezza in titoli e contanti sfiora i 4.000 miliardi
Un paradosso vero? Eppure è così. Già a marzo di quest'anno secondo quanto rileva un rapporto dell'Ufficio studi di Bnl, c’è stato il sorpasso. La ricchezza mobiliare (conti correnti, azioni, titoli di Stato, polizze, fondi comuni) delle famiglie italiane è salita a 3.858 miliardi, battendo il precedente record di 3.738 miliardi del 2006 e crescendo di 400 miliardi dal 2011. E di certo il record è destinato a incrementarsi. Basti il dato sul risparmio gestito che ha toccato anch'esso il suo record di sempre sfondando quota 1.500 miliardi lo scorso mese. Certo buona parte dell'incremento è da attribuire alle performance di azioni, bond, fondi comuni. Con gli asset finanziari in continua progressione di valore dal 2009 in poi, il patrimonio investito non ha fatto che incrementarsi. Ma una parte significativa è nuova liquidità messa a fruttare.
110 miliardi di nuovi flussi in 10 mesi nel risparmio gestito
Ancora i dati dell'industria del risparmio gestito dicono che la raccolta netta cioè il saldo attivo dei nuovi flussi di denaro investito è stato nei primi 10 mesi del 2014 di ben 110 miliardi. C'è capitale disponibile che non viene speso, non viene immesso nel circuito dell'economia reale, ma viene messo da parte, immobilizzato per mesi se non per anni. Produce, finché le borse e i bond salgono, un poderoso effetto ricchezza che si cumula. Ecco il paradosso.
Ricchezza ineguale: il 10% degli italiani ne possiede il 50%
L’Italia non cresce da decenni, il Pil viaggia stentatamente con percentuali di zero virgola e il debito pubblico ha superato i 2000 miliardi. Una cifra imponente quella del debito pubblico che è però solo la metà dell'intera ricchezza finanziaria posseduta dagli italiani. Che, letta così, appaiono popolo ricco, quanto meno rispetto ai concittadini europei. Questo appare evidente – rileva lo studio di Bnl – passando dai valori aggregati a quelli pro-capite. Alla fine di marzo, ciascun italiano deteneva in media poco più di 65mila euro di attività finanziarie. I francesi e i tedeschi si fermavano ad una disponibilità media pro-capite pari a circa 63mila euro, gli spagnoli si dovevano accontentare di 40mila euro. Ma le medie sono ingannevoli, sono come i polli di Trilussa. Gli osservatori più attenti fanno notare che la distribuzione della ricchezza è affatto omoegenea. Molte famiglie detengono livelli modesti o nulli di ricchezza, mentre poche famiglie dispongono di patrimoni molto elevati. In Italia il 10% più ricco della popolazione detiene il 50% della ricchezza complessiva. Di quei quasi 4.000 miliardi di patrimonio sui conti correnti, nei fondi comuni, nelle polizze, impiegati in Borsa e in Btp ben 2.000 miliardi sono appannaggio di 2 milioni di famiglie italiane sui 20 milioni di nuclei familiari. Ricchezza tanta ma ineguale, quindi. Sta di fatto che capitale investito in titoli e contanti per oltre due volte il Pil e per il doppio del debito pubblico italiano dice che ci sono davvero due Italie. Quella che lotta ogni anno con Bruxelles per far quadrare i conti pubblici a livello europeo e quella che ha passato indenne la crisi.
L'Italia non spende ma accumula
Anzi si è arricchita e continuerà ad arricchirsi se i mercati finanziari continueranno a crescere. Ma questo dualismo dice che l'Italia delle famiglie con grandi disponibilità non spende, accumula per il futuro. Un segno di sfiducia che si legge nelle statistiche sui consumi interni che languono da anni. Chi non ce la fa spende sempre meno e intacca i pochi risparmi per sopravvivere. Chi ha mezzi ingenti, risparmia sempre di più. Per un futuro che, si sa, è denso di incognite per l'Italia pubblica.