Quirinale, Giorgio Napolitano si è dimesso
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è dimesso. La notizia si è avuta alle 10.45. Il capo dello Stato ha firmato la lettera di dimissioni.
«Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha firmato questa mattina, alle ore 10.35 - si legge in una nota del Quirinale - l'atto di dimissioni dalla carica. Il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, Donato Marra, sta provvedendo a darne ufficiale comunicazione ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati e al Presidente del Consiglio dei Ministri».
«#GraziePresidente». È il tweet con cui il premier Matteo Renzi commenta le dimissioni di Giorgio Napolitano.
Parlando ieri delle sue imminenti dimissioni Napolitano ha ammesso «Certo che sono contento di tornare a casa!» parlando con franchezza ad una bambina che a piazza del Quirinale con candore gli chiede se non gli dispiacesse un po' lasciare un così bel palazzo.
Il presidente della Repubblica uscente non ha mai nascosto il peso dell'età e le difficoltà crescenti a portare avanti i «gravosi» compiti richiesti dalla guida del Quirinale e spiega con semplicità che al palazzo dei papi «sì, si sta bene, è tutto molto bello ma si sta troppo chiusi, si esce poco». «Quasi una prigione», aggiunge forse pensando alla sua amatissima casa al rione Monti dove rientrerà finalmente dopo quasi nove anni passati al Colle.
E a Monti (pochi passi dal Quirinale) è già iniziata la festa per il rientro del vicino illustre. È stato il presidente delle riforme a tutti i costi, elegante e «pignolo», come egli stesso ha confermato. Attento ad ogni dettaglio, lavoratore instancabile, profondo conoscitore della vita parlamentare e delle dinamiche politiche dell'intera storia repubblicana, Giorgio Napolitano ha firmato di suo pugno le dimissioni che poi stanno viaggiando in questi minuti, portate personalmente dal segretario generale Donato Marra (per nove anni l'ombra del presidente), tra il Senato, la Camera e palazzo Chigi.
E il suo ultimo messaggio agli italiani non poteva che essere nel solco del suo granitico «credo»: unità del paese e riforme. Gli italiani, ha ripetuto stamattina, siano «sereni» per il futuro e soprattutto «molto consapevoli della necessità, pur nella libertà di discussione politica e di dialettica parlamentare, della necessità di un Paese che sappia ritrovare, di fronte alle questioni decisive e nei momenti più critici, la sua fondamentale unità».
E quale questione oggi all'esame delle forze politiche è più «decisiva» delle riforme costituzionali e del varo della nuova legge elettorale? Il presidente in questo percorso verso le dimissioni ha sempre fatto sapere che la sua «personalissima» decisione deve rimanere slegate dalle logiche parlamentari e che comunque le Camere rimangono attive anche con la supplenza di Pietro Grasso.
Nelle ultime ore mentre si attendeva la formalizzazione della sua uscita le opposizioni avevano già affilato le armi, chiedendo una pausa dei lavori parlamentari in attesa che il quadro politico si chiarisca con l'elezione del nuovo inquilino del Colle.
Schermaglie legittime di «una robusta minoranza», si sottolinea nei palazzi delle istituzioni, ben sapendo che non ci sono appigli costituzionali per interrompere i lavori d'aula. Ma per un giorno le tensioni parlamentari sono lontane dalla mente del presidente che ha dedicato la giornata a chiudere per bene la sua lunga amministrazione del Quirinale, salutando prima il corpo dei Corazzieri («che stile!») e poi i tanti dipendenti del Quirinale, divenuti dopo tanti anni quasi una famiglia. Ci sarà tempo - ma non troppo - per rientrare nell'agone politico da senatore a vita. Le battaglie non mancano di certo. Tanto che si segnala una curiosa coincidenza: già da domani, si dovrebbe andare ai primi voti in Senato sull'Italicum e Napolitano - se deciderà di non concedersi neanche un giorno di riposo - potrebbe già schierarsi.
Certamente lo farà più avanti quando si aprirà la corsa al Colle per la scelta del suo successore, come conferma lo stesso premier Matteo Renzi: «Napolitano, da domani, continuerà a far sentire la sua voce» e «sarà un grande servitore come senatore a vita». Per la sua uscita niente di formale, solo una breve cerimonia nel cortile del Quirinale. Poi via, con la moglie Clio, a Monti, vicolo dei Serpenti, nel cuore di Roma antica. Non certo una «prigione».
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