CHI
È ALLA TESTA DEL CORTEO
di
Manlio Dinucci
Fonte:
Il Manifesto
(Italia)
Due
milioni di persone, dopo gli attentati terroristici, hanno attraversato in
corteo Parigi, facendone (nelle parole del presidente Hollande) la «capitale
della libertà» nel mondo. In effetti il sentimento prevalente, che ha fatto
mobilitare tante persone di diverse nazionalità, era quello di rivendicare la
libertà dall’odio, dalla violenza terroristica, dalla guerra.
Ma
alla testa del corteo c’erano proprio alcuni dei principali responsabili delle
politiche che hanno portato a tutto questo.
Jens
Stoltenberg, segretario generale della NATO, l’alleanza a guida USA che nella
guerra contro la Libia nel 2011 e quella in corso contro la Siria ha armato e
addestrato gruppi islamici prima definiti terroristi. Il primo ministro della
Turchia, il re della Giordania e il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi
Uniti, Paesi che forniscono oggi anche all’ISIS armi, addestramento, vie di
transito e finanziamenti per condurre la guerra in Siria e Iraq. Il primo
ministro britannico Cameron e l’ex presidente francese Sarkozy, che hanno usato
forze speciali e servizi segreti per operazioni terroristiche in Libia, Siria e
altri Paesi. Il premier Renzi, in rappresentanza di quell’Italia che,
partecipando alla demolizione dello Stato libico, ha contribuito a incendiare il
Nord Africa e Medio Oriente. Il presidente Hollande, promotore dell’operazione
militare lanciata dalla Francia in Mali e Niger (rappresentati dai rispettivi
presidenti al corteo di Parigi), ufficialmente per aiutarli a combattere i
terroristi islamici, in realtà per sfruttarne le ricche materie prime (oro,
coltan, uranio e altre), il cui ricavato finisce nelle tasche delle
multinazionali e delle élite locali.
Il
primo ministro israeliano Netanyahu che, sfruttando il cordoglio per le quattro
vittime ebree in uno degli attentati terroristici di Parigi, cerca di far
dimenticare le migliaia di vittime palestinesi, tra cui centinaia di bambini,
nell’operazione «Piombo fuso» e nelle successive da lui ordinate contro Gaza. Il
fatto che al corteo di Parigi vi fosse in seconda fila Abu Mazen, in veste non
di presidente palestinese ma di rappresentante di Al Fatah, non è indice di un
cambio di politica da parte di Israele. Con la sua presenza in testa al corteo,
Netanyahu cerca di far dimenticare anche il sostegno che Israele fornisce alle
operazioni terroristiche dei «ribelli» in Siria.
In
testa al corteo avrebbe dovuto esserci in posizione preminente anche il
segretario di Stato USA John Kerry, che ha preferito però di restare in India
per stringere accordi in funzione anticinese e antirussa. Gli USA erano
rappresentati a Parigi dal ministro della Giustizia Eric Holder, che ha
partecipato a una riunione con i ministri dell’interno di 11 Paesi europei tra
cui l’Italia. Kerry arriverà nella capitale francese il 14 gennaio, per
preparare un «summit sulla sicurezza globale» che si svolgerà il 18 febbraio a
Washington.
Intanto
il primo ministro Manuel Valls annuncia che «la Francia è in guerra contro il
terrorismo ed è pronta ad adottare nuove misure». L’Occidente si sta così
ricompattando, sotto leadership USA, con la motivazione ufficiale di dover
affrontare la minaccia del terrorismo. Quello che esso stesso ha contribuito a
creare ed ha alimentato, nelle tragiche situazioni sociali provocate dalle
guerre scatenate nell’arco di oltre vent’anni. I cui militanti di base svolgono,
quasi sempre inconsapevolmente, un ruolo funzionale agli interessi delle potenze
che pensano di combattere.
Dando
così una mano a chi, in testa al corteo dell’Occidente, cerca come il pifferaio
magico di incantarlo con la sua musica, conducendolo sulla via che porta al
baratro della guerra.
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