UNA
MANCIATA DI GRUPPI PRIVATI POSSIEDE LA MAGGIOR PARTE DELLA TERRA IN
EUROPA
di
Giovanni Fez
La
concentrazione della terra in mano a pochi grandi gruppi privati non è solo un
problema del Sud del mondo, bensì un’emergenza che coinvolge l’Europa con uguale
intensità. E le battaglie (di cui quasi nessuno parla) che i piccoli agricoltori
ancora combattono devono essere il segnale di quanto sia necessaria una politica
transnazionale in grado di contrastare la concentrazione nelle mani di pochi di
un bene che appartiene all’umanità.
Il
rapporto “Land concentration, land grabbing and people’s struggles in Europe”
spiega come quella che ormai si può chiamare “l’elite della terra” sia stata
favorita e sostenuta da enormi iniezioni di fondi pubblici, proprio mentre per
tutto il resto i fondi pubblici venivano tagliati. Nell’Europa orientale il
fenomeno della concentrazione della proprietà si è enormemente accelerato negli
ultimi decenni.
La
concentrazione della terra nelle mani di pochi
I
proprietari terrieri in Europa hanno tratto a questa concentrazione benefici che
hanno eguali solo in Paesi come Brasile, Colombia e Filippine, nazioni note per
l’iniquità nella distribuzione delle terre. In Europa ci sono 12 milioni di
aziende agricole; quelle la cui estensione supera i 100 ettari rappresentano
solo il 3% del totale ma controllano il 50% della terra coltivata.
Il
fenomeno è iniziato qualche decennio fa ma si è grandemente accelerato. In
Germania, per esempio, nel 1966/1967 i proprietari terrieri erano 1.246.000, nel
2010 sono diventati 299.100. L’area coperta dalle aziende agricole con meno di 2
ettari è passata da 123.670 ettari nel 1990 a 20.110 ettari nel 2007, mentre le
aziende agricole di oltre 50 ettari sono passate da 9,2 milioni di ettari nel
1990 a 12,6 milioni di ettari nel 2007.
Nell’Europa
orientale la concentrazione della proprietà terriera è aumentata dopo il crollo
del muro di Berlino. Molti agricoltori finirono in bancarotta con l’ingresso
nell’Unione Europea e il mercato venne invaso da prodotti fortemente sostenuti
dai sussidi. Nei primi 6 anni dopo la caduta del muro, gli agricoltori della
Germania dell’Est non potevano accedere ai contributi pubblici e le loro terre
vengono comprate a prezzi stracciati dagli speculatori. In Italia nel 2011 solo
0,29% delle aziende agricole ha avuto accesso al 18% degli incentivi e lo
0,0001% di queste (cioè 150 aziende) si è accaparrato il 6% dei sussidi: quindi
tanti soldi spartiti fra pochissimi proprietari. In Spagna il 75% dei sussidi
sono stati assegnati al 16% delle aziende agricole di maggiori dimensioni. In
Ungheria nel 2009 l’8,6% delle aziende agricole ha ottenuto il 72% di tutti i
contributi agricoli.
Il
land grabbing strisciante
Soprattutto
nell’Europa orientale sono comparsi nuovi soggetti nella corsa
all’accaparramento delle terre. Ci sono compagnie cinesi in Bulgaria che si
danno alla produzione su larga scala di mais e compagnie mediorientali in
Romania che coltivano cereali, ma ci sono anche gruppi privati europei che si
prendono la terra anche per scopi non agricoli. Così come avviene nei Paesi in
via di sviluppo, dall’Etiopia alla Cambogia, anche in Europa tutto ciò segue
strade non trasparenti e sempre segrete.
Non
che i nostri “vicini” vivano situazioni migliori. In Ucraina le 10 maggiori
agroaziende possiedono 2,8 milioni di ettari; in Serbia le quattro più grandi
società controllano insieme 100.000 ettari. E la terra fa gola per diverse
ragioni: produzione di materiali grezzi per l’industria agroalimentare
trasnazionale, per l’industria estrattiva, per la grande fregatura delle
biomasse, per le enclaves turistiche, eccetera. In Francia ogni anno oltre
60.000 ettari di terreni agricoli vengono perduti per fare spazio a strade,
supermercati ed espansione urbana.
I
giovani sono ostacolati
Questo
è una dinamica senza precedenti. Di fatto la politica dei sussidi non agevola
l’ingresso nel settore di persone giovani, anzi pare proprio innalzare ancora di
più le barriere. E non dimentichiamo che l’accesso alla terra è condizione
basilare con potersi garantire la sovranità alimentare.
La
cosa positiva è che, malgrado gli ostacoli, l’attenzione dei giovani per la
terra sta aumentando e in tanti vogliono tornare a questa dimensione di
vita.
Cresce
la lotta per la terra
Ci
sono comunque moltissimi movimenti, gruppi e anche singoli che nei Paesi europei
stanno facendo sentire sempre di più la loro voce per contrastare questo
fenomeno di concentrazione. Il rapporto fa anche degli esempi, come la comunità
di Narbolia in Sardegna che si è battuta per non perdere terre coltivabili dove
si voleva impiantare pannelli solari o Notre Dames des Landes che si è battuta
contro il progetto dell’aeroporto a Nantes in Francia. Il SOC in Andalusia ha
visto i piccoli contadini occupare la terra e coltivarla in modo biologico; il
gruppo SoLiLa a Vienna è costituito da giovani che si sono messi insieme per
coltivare terreni urbani sottraendoli al destino di ospitare centri
commerciali.
Anche
l’Europa dunque si sta trasformando in un campo di battaglia per la terra. Ed è
ora di aprire gli occhi; occorre sentirsi tutti coinvolti e mobilitati.
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