COLDIRETTI,
CRESCE IL BUSINESS DELLE AGROMAFIE: 15,4 MILIARDI (+10%)
di
Guido Del Duca
Se
l'Italia è in fase recessiva, c'è un business che (purtroppo) continua a
crescere senza soste. È quello delle agromafie, come racconta il terzo rapporto
"Agromafie" realizzato da Coldiretti-Eurispes e Osservatorio sulla criminalità
nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare e presentato oggi. Nel 2014, le
agromafie sono cresciute del 10%, portando il proprio fatturato a 15,4 miliardi
di euro.
Tutta
la filiera alimentare è coinvolta, senza eccezioni, nel fenomeno. Produzione,
distribuzione, vendita sono sempre più condizionate dal potere criminale,
esercitato ormai in forme raffinate attraverso la finanza, gli intrecci
societari, la conquista di marchi prestigiosi, il condizionamento del mercato,
l’imposizione degli stessi modelli di consumo e l’orientamento delle attività di
ricerca scientifica. Le mafie operano controllando il territorio, e il fenomeno
è particolarmente grave nel Mezzogiorno, dove l'intervento dei gruppi criminali
aggrava la crisi economica e peggiora la situazione delle risorse.
I
capitali accumulati sul territorio dagli agromafiosi attraverso le mille forme
di sfruttamento e di illegalità hanno bisogno di sbocchi, devono essere messi a
frutto e perciò raggiungono le città – in Italia e all’estero – dove è più
facile renderne anonima la presenza e dove possono confondersi infettando
l'economia "sana".
Questo
incremento è dovuto a diversi fattori tra i quali alcuni naturali, come quelli
climatici, che hanno colpito pesantemente la produzione, non più in grado di
soddisfare la domanda, lasciando così spazio a fenomeni di falsificazione e
sfruttamento illegale dei brand; altri di natura economica, dovuti alle
restrizioni nell’erogazione del credito alle imprese che hanno portato o alla
chiusura di numerosissime aziende o alla necessità per molti imprenditori di
rivolgersi alla malavita per poter sopravvivere e ottenere credito.
Le
organizzazioni criminali hanno cominciato a investire nelle catene commerciali
della grande distribuzione, nella ristorazione e nelle aree agro-turistiche,
nella gestione dei circuiti illegali delle importazioni/esportazioni di prodotti
agroalimentari sottratti alle indicazioni sull’origine e sulla tracciabilità,
non curandosi delle gravi conseguenze per la catena agroalimentare, per
l’ambiente e la salute. In questi contesti, spiega il rapporto, si sono
raggiunte intese trasversali, vere e proprie joint venture realizzate da
famiglie mafiose, ’ndranghetiste e camorriste per definire i loro ambiti di
influenza su prodotti alimentari specifici, sulla manodopera, sui trasporti e
sulle forniture del packaging.
Nessun commento:
Posta un commento