Il ruolo del Colle, lo spartiacque del 92, riformata solo legge elettorale non le istituzioni. Napolitano il più presidenzialista
Il ruolo politico del Colle, che e' stato e soprattutto che sarà, e'
al centro del dibattito non solo politico ma anche di storici e
costituzionalisti. Una data e' certa, quella che segno' l'avvento di Scalfaro al
Quirinale, dopo le bombe a Falcone, il 28 maggio del 92, con Tangentopoli già
alle porte. Il Parlamento, sotto la spinta della piazza urlante, fece in tutta
fretta la riforma della legge elettorale, senza pero' toccare nulla
dell'impianto costituzionale, anche per ragione di tempi. E quando anni dopo
Berlusconi fece una riforma delle istituzioni comprensiva della correzione del
bicameralismo e della riduzione dei parlamentari, gli fu bocciato in un
referendum, con Prodi al governo, e la sinistra che non la voleva. Anche perché
a quei tempi il Pd giocava in difesa, a catenaccio, per paura di Berlusconi.
Come si sa la materia costituzionale e' più elastica della pelle dei coglioni.
Ed anche sulla figura del ruolo del capo dello Stato, le opinioni sono
divergenti. Nella cosiddetta prima Repubblica, anche se una seconda vera e
realizzata non c'e' mai stata, già' si levarono le voci dei vari Einaudi,
Gronchi, il primo esternatore (anche se con grande parsimonia), Segni, a cui e'
stato attribuita l'intenzione di un colpo di Stato, prima di essere stroncato da
un ictus. E poi Giovanni Leone, che minaccio di andarsene se i comunisti fossero
arrivati al governo, e che dai comunisti fu cacciato per lo scandalo della
Lockheed, accusato di essere Antilope Kobbler. Poi anni dopo fu provato che non
c'entrava. Ma fu Pertini che per primo innovo' molto al Quirinale, con il suo
stile e con quel suo volere essere il nonno degli italiani. Ancora Francesco
Cossiga, che tanto tuono' nella sua seconda parte del mandato, dopo essere stato
assolutamente silente nella prima. Anche lui sotto le accuse dei comunisti se ne
andò con qualche mese di anticipo. Ma il "picconatore", che tanto disse, non
travalico' mai, o quasi, quelli che riteneva i limiti di un presidente della
Repubblica. Con Scalfaro ed il suo odio politico per "l'usurpatore Berlusconi"
tutto cambio'. La magistratura assunse una sorta di tutela della politica che
prima sarebbe stata inimmaginabile, mentre i poteri forti della finanza e della
banche scaldavano i muscoli. Intanto sparivano i partiti di massa, ad eccezione
del Pds-Ds-Pd. Che pero' con Renzi sta mutando faccia rapidamente. Anche Ciampi
ebbe il suona fare oltre il recinto, ma lo fece più da tecnico che da politico.
Infine Giorgio Napolitano il vero "re" di un nuovo presidenzialismo. Sconfitto
Berlusconi, e' stato sempre una sorta di tutore del premier, da Monti a Letta.
L'ultimo Renzi, gli e' decisamente sfuggito di mano, ma lui imperturbabile ha
fatto finta di niente. Nonostante tutto era del Pd e quindi non voleva sfasciare
tutto. Napolitano apprezza Renzi per le sue doti e le sue capacita, per il suo
ottimismo, anche se non si e' mai fidato fino in fondo. E fu la moglie la prima
a metterlo in guardia. Ora se ne va nella sua casa di Monti a Roma dopo il 14
gennaio, anche a lui non dispiacerebbe un presidente che tornasse nel solco
della tradizione. Perché Napolitano e' il primo a pensare che di Napolitano
altri in giro non ce ne sono.
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