lunedì 12 gennaio 2015

GUERRA IMPERIALISTICA E GUERRA DI CLASSE SI MUOVONO SUGLI STESSI SCHEMI

GUERRA IMPERIALISTICA E GUERRA DI CLASSE SI MUOVONO SUGLI STESSI SCHEMI
I media "occidentali" non fanno mistero di sperare che l'Ungheria possa presto diventare una riedizione dell'Ucraina, ciò per la soddisfazione della NATO e di tutta l'opinione pubblica amante della libertà. Ci si fa sapere che addirittura cinquemila (sic!) manifestanti sono scesi in piazza contro il primo ministro Orban, colpevole nientemeno che di eccessive aperture nei confronti della Russia del "dittatore" Putin. L'accusa più specifica ad Orban è di "corruzione", cioè il fatto che preferisca prendere mazzette dalla multinazionale russa Gazprom, invece che da multinazionali anglo-americane come la BP o la Exxon.
Ce n'è abbastanza per catalogare anche Orban come un dittatore, un criminale da rimuovere con qualsiasi mezzo; sebbene in base agli standard "occidentali" egli, come del resto lo stesso Putin, risulti regolarmente eletto. Ma ciò non ha mai risparmiato ad alcuno la gogna mediatica, se considerato in qualche modo un intralcio agli affari. La vecchia e cara Ungheria, icona prediletta del "vittimacomunismo" dell'epoca della guerra fredda, sembra ormai un pallido ricordo. A quanto pare la piazza "occidentalista", specialmente se fomentata dal senatore McCain e dal finanziere Soros, può fregiarsi di una dignità morale e politica superiore, tale da additare al mondo come tiranno qualsiasi capo di governo venga preso a bersaglio.
Al contrario, in Italia un governo "occidentale" poche settimane fa non si è sentito minimamente delegittimato dal dissenso di un milione di manifestanti scesi in piazza contro i decreti sul lavoro. Il sacro discrimine tra il bene ed il male infatti non è la piazza, ma è l'Occidente; ed il Jobs Act è santo, visto che non ce lo impone Putin, bensì il Fondo Monetario Internazionale con i suoi lacchè della Commissione Europea. Se poi l'eventuale dissenso sindacale tocca nervi ancora più scoperti, allora non c'è più alcun limite alla criminalizzazione di ogni potenziale oppositore, tanto che i toni della propaganda contro il lavoro diventano apertamente quelli della guerra civile.
Nel novembre scorso i sindacati del pubblico impiego hanno fatto ricorso contro il blocco dei contratti e degli scatti di anzianità. Dal 1993 il pubblico impiego è sottoposto infatti ad una normativa privatistica, eppure dal 2010 i contratti sono bloccati per legge. Di fronte alla palese incostituzionalità di questa situazione, che ha fatto il governo? Ha ritenuto di strumentalizzare un episodio inquadrabile nel contenzioso tra la Giunta comunale romana ed i suoi vigili urbani. Se gli sbirri ammazzano gente inerme, allora li si può perdonare; ma se si mettono in malattia in massa, in questo caso non conta nulla che abbiano esercitato un proprio diritto nel rispetto dei regolamenti vigenti. Ogni diritto del lavoro soccombe infatti di fronte al diritto all'ingerenza morale che il potere rivendica. I media perciò non hanno esitato a bollare come criminali questi "tutori dell'ordine", parlando del tutto fuori luogo di "certificati medici falsi", sebbene tali certificati siano stati erogati nel quadro dei controlli previsti dalla mitica "cura Brunetta", a cui sei anni fa i media, tutti allineati, avevano attribuito effetti taumaturgici.
Ma la pubblica amministrazione oggi è una preda per le multinazionali dell'informatica, perciò i lavoratori del pubblico impiego vengono bollati col marchio di infamia di "fannulloni". La guerra imperialistica e la guerra di classe adottano gli stessi schemi di criminalizzazione del bersaglio di turno; e non vi è nulla di strano, dato che si tratta di servire gli stessi potentati affaristici.
Multinazionali come la IBM, la Microsoft e la Apple esibiscono ogni tanto qualche querelle di facciata, ma di fatto agiscono come un cartello, che si presenta compatto all'appuntamento con gli appalti della pubblica amministrazione. Tra il 2001 ed il 2006 il ruolo di ministro per lo sviluppo tecnologico fu svolto da Lucio Stanca, un ex dirigente della IBM, il quale si ritrovò - guarda la coincidenza - a rilasciare appalti per l'informatizzazione della pubblica amministrazione proprio all'azienda di cui aveva fatto parte. Per tutti quegli anni il conflitto di interessi del Buffone di Arcore servì a mettere in ombra conflitti di interesse di questa portata; ma c'era il buon nome delle multinazionali da tutelare. Magari anche le attuali misure di indulgenza fiscale varate dal governo, servono a favorire qualche multinazionale, ma c'è ancora il Buffone a fare provvidenzialmente da paravento.
L'attuale compagine di governo però non ha un ministro dello Sviluppo tecnologico, poiché è lo stesso presidente del Consiglio a voler svolgere questa funzione. Anche Renzi un lobbista? Non sia mai detto. In un'intervista al Financial Times Renzi ci fa sapere di tutto il disprezzo che prova per i lobbisti da cui Roma è infestata, ed ha rivendicato la sua estraneità ad un tale sistema.
Deve essere per questo che Renzi è diventato da anni uno spot vivente di Apple. Nelle sue attuali esibizioni in Parlamento ed in tv, Renzi si presenta regolarmente bardato con tutti i più recenti prodotti Apple. Queste performance pubblicitarie datano già a quando era semplicemente sindaco di Firenze.

Ma Renzi non si limita a fare da testimonial pubblicitario. Nella sua avventura americana dello scorso settembre, ospite nella Silicon Valley, tra una denigrazione e l'altra nei confronti del proprio Paese, Renzi annunciò la digitalizzazione della pubblica amministrazione in Italia; ciò al fianco del direttore finanziario di Apple, Luca Maestri. Ovviamente soltanto un incallito malpensante potrebbe supporre che i due abbiano parlato di affari.

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