DI
INQUINAMENTO SI MUORE ANCORA, MA I RESPONSABILI NON PAGANO I COSTI DEL DANNO
COLLETTIVO
di
Edoardo Croci e Federico Pontoni, entrambi research fellow dello Iefe
Bocconi
L’ultimo
rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente sulla qualità dell’aria in Europa
stima tra i 330 e i 940 miliardi di euro il costo annuale per la salute
derivanti dall’inquinamento atmosferico, mentre a livello globale l’OCSE ha
attribuito a questa causa 3,4 milioni di morti nel 2010, con la Cina in
testa.
In
Europa la situazione più critica, pur in presenza di un trend di miglioramento,
è quella della Pianura Padana (ed in particolare della Lombardia) e della Slesia
in Polonia.
L’inquinamento
atmosferico rappresenta un problema grave soprattutto nelle aree urbane, dove si
concentrano i principali fattori di emissione. Nelle città italiane il traffico
è di gran lunga il maggiore responsabile delle emissioni di polveri sottili e di
altri inquinanti pericolosi per la salute come il biossido d’azoto e gli
idrocarburi policiclici aromatici, nonché delle componenti primarie
dell’ozono.
In
un contesto di crescente competizione tra città globali, la qualità
dell’ambiente rappresenta un elemento di sempre maggior rilievo. Assume dunque
grande rilevanza indirizzare le politiche pubbliche verso il miglioramento della
qualità ambientale sulla base di valutazioni economiche affidabili in termini di
rapporto tra costi delle misure e danno evitato. Gli effetti dell'inquinamento
dell'aria, infatti, hanno conseguenze molteplici per il benessere umano in
settori quali la sanità, l’agricoltura, l’ecosistema, gli immobili e anche il
patrimonio artistico.
Nel
tempo si sono sviluppate metodologie di valutazione monetaria dei danni
ambientali sempre più accurate, basate alternativamente sul valore di mercato
delle risorse compromesse o sulla stima delle disponibilità a pagare degli
individui per evitare i danni. La prima tipologia di danni riguarda i costi
monetari in termini di maggiori spese sanitarie, previdenziali e di
manutenzione, i minori ricavi dalla produzione agricola, i maggiori incidenti
legati alla minor visibilità; la seconda principalmente il rischio di mortalità
e di contrarre diverse patologie.
Iefe
Bocconi e fondazione Ca’ Granda - Policlinico di Milano hanno organizzato
un’occasione di confronto fra economisti e medici per fare il punto sulle
conoscenze in termini di valutazione economica dell’inquinamento atmosferico, a
cui hanno partecipato anche esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità,
che hanno evidenziato come gli attuali limiti europei, spesso non raggiunti, non
sono comunque sufficienti per la tutela della salute. Una riduzione del 20%
delle concentrazioni di polveri sottili consentirebbe di evitare oltre un terzo
della mortalità per questa causa.
La
sfida principale per la scienza economica è duplice: da un lato, è chiamata a
stimare con maggior precisione e dettaglio l’effettivo costo dell’inquinamento
atmosferico; dall’altro, a proporre sia efficaci meccanismi di internalizzazione
dei costi dell’inquinamento atmosferico, sia policy che siano cost-effective nel
ridurre le emissioni di inquinanti e i relativi impatti sulla società.
Oggi
infatti le esternalità ambientali generate dai soggetti responsabili
dell’inquinamento sono sopportate dagli stessi solo in piccola parte.
L’applicazione del principio “chi inquina paga” consentirebbe invece di
migliorare il benessere sociale, penalizzando le attività inquinanti e
indirizzando maggiori risorse economiche nella direzione di una green growth.
C’è grande spazio anche per la ricerca, secondo un approccio multidisciplinare,
per valutare i meccanismi di causa-effetto, migliorando i sistemi di rilevamento
(che ancora oggi non consentono di individuare in maniera veramente dettagliata
e puntuale la distribuzione spazio-temporale degli inquinanti, che può variare
sensibilmente nell’arco di pochi chilometri e di poche ore), definire il valore
monetario di tali impatti; attribuire le responsabilità dei costi generati e
definire le misure di policy ottimali.
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