SEMBRA
CHE QUELLA TRISTE PROFEZIA SI STIA AVVERANDO
di
Israel Shamir
Fonte:
www.counterpunch.org
Traduzione
per www.comedonchisciotte.org a cura di
Skoncertata63
L’Occidente
fa apparire Putin come un guerrafondaio sanguinario con ambizioni
imperialistiche. La realtà è che Putin vuole un’Ucraina stabile e federale –
ogni altra cosa costerebbe troppo alla Russia.
Febbraio,
manca ancora molto alla primavera, si lamentava il poeta Joseph Brodsky. Ed è
vero, la neve cade ancora pesantemente su Mosca, Kiev e nelle steppe sconfinate
che segnano i confini tra Russia e Ucraina: qui però la neve è tinta di rosso. I
soldati sono un po’ restii a combattere in inverno, poiché la vita è già
difficile di per sé a queste latitudini; tuttavia la lotta continua ad infuriare
nella dilaniata Donbass, e gli Stati Uniti si preparano a dare un’escalation al
conflitto fornendo a Kiev dei sofisticati armamenti.
Stremati
dall’assedio e dai bombardamenti intermittenti, nonostante la neve, i ribelli
hanno preso lo strategico aeroporto di Donetsk. Questo aeroporto, con i suoi
tunnel dell’era staliniana, simbolo di un solido lavoro di difesa sovietico,
rappresentava un’ardua sfida per i miliziani mal equipaggiati. I suoi livelli
multipiano sotterranei furono costruiti per far fronte ad un attacco nucleare;
eppure i ribelli, dopo mesi di lotta, hanno sbaragliato il nemico e lo hanno
occupato.
In
un’azione offensiva ancora più violenta, hanno intrappolato le truppe di Kiev
nella “sacca” di Debaltsevo e Kiev sta già chiedendo una tregua. I ribelli
sperano di cacciare il nemico da tutti i territori; ora controllano solo un
terzo di Donbass. Ma il leader russo schiaccia ancora sui freni: preferisce una
brutta pace ad una buona guerra. Per lui, l’Ucraina è importante, ma non
rappresenta un sine qua non, l’unico suo problema al mondo.
Questo
atteggiamento è condiviso dal leader americano. Ma c’è una bella differenza: la
Russia vuole un’Ucraina in pace, l’America la preferisce in guerra.
La
Russia preferirebbe vedere un’Ucraina unita, federale, pacifica e prospera.
L'alternativa della scissione di Donbass non è molto allettante: Donbass è
fortemente unita con il resto dell'Ucraina e non è facile rompere i suoi legami.
La guerra ha già scaricato in Russia milioni di profughi da Donbass e dal
groppone dell’intera Ucraina, ed è un grosso peso da sostenere. Putin non può
staccare la spina e dimenticare Donbass, la sua gente non lo avrebbe comunque
permesso. È un uomo prudente, che non vuole entrare in una guerra aperta. Così
deve optare per una forma di pace.
Ho
avuto un incontro con una fonte russa bene informata e di alto livello, che ha
voluto condividere con me, e con voi lettori, alcuni pensieri, chiedendo però di
restare anonima. Anche se l'Occidente è certo che Putin voglia ripristinare
l'Unione Sovietica, in realtà il presidente russo ha fatto di tutto per
risparmiare all’ Ucraina la disintegrazione, ci dice la fonte. Ecco cosa ha
fatto la Russia per portare la pace in Ucraina:
-
La Russia ha appoggiato l’accordo negoziato dall’Occidente il 21 febbraio 2014,
ma gli Stati Uniti hanno ulteriormente spinto per il colpo di Stato del giorno
dopo, il 22 febbraio 2014, o “negoziato per un passaggio di potere in Ucraina”,
secondo le parole di Obama.
-
Dopo il colpo di Stato, il Sud-Est dell’Ucraina non si sottomise al nuovo regime
di Kiev e ha dichiarato la scissione. Ciononostante, Mosca chiese ai ribelli di
Donbass di evitare il referendum di maggio (richiesta che non ascoltarono).
-
Mosca ha riconosciuto i risultati delle elezioni indette dal nuovo regime di
Kiev a maggio scorso, e ha riconosciuto Poroshenko come presidente di tutta
l’Ucraina, anche se le elezioni non hanno riguardato il Sud Est e fu proibito ai
partiti all’opposizione di prendervi parte.
-
Mosca non ha riconosciuto ufficialmente i risultati delle elezioni di novembre a
Donbass, per la grande delusione di molti nazionalisti russi.
Questi
passaggi sono stati piuttosto impopolari tra la popolazione russa, ma Putin ha
preferito attuarli per promuovere una soluzione pacifica per l’Ucraina. Alcuni
leader di Donbass favorevoli alla guerra furono convinti a ritirarsi. Invano: le
azioni e le intenzioni di Putin sono state del tutto ignorate da USA e UE, che
invece hanno incoraggiato il “partito della guerra” di Kiev. “Qualsiasi cosa
facciano, non troveranno un errore commesso riguardo a Kiev”, ha detto la
fonte.
La
pace in Ucraina si può raggiungere con un suo federalismo, dice la mia fonte.
Ecco perché non si è mai sentito parlare dei due più importanti parametri degli
accordi di Minsk (tra Kiev e Donetsk): le riforme costituzionali e
socio-economiche. La Russia vuole preservare l'integrità territoriale
dell'Ucraina (meno la Crimea), che può essere raggiunta solo attraverso la
federalizzazione dell’Ucraina, con un certo grado di autonomia concesso alle
regioni. Che il suo ovest ed il suo est parlino lingue diverse, che adorino eroi
diversi, che abbiano diverse aspirazioni. Il Paese potrebbe essere gestito solo
se fosse uno stato federale, tanto quanto gli USA o la Svizzera o l’India.
A
Minsk, le parti hanno concordato di istituire una commissione congiunta per le
riforme costituzionali, ma il regime di Kiev non l’ha riconosciuta. Ha invece
creato un piccolo comitato costituzionale ristretto della Rada (Parlamento).
Quest’organo è stato condannato dalla Commissione di Venezia, organo consultivo
europeo sulle questioni costituzionali. Il popolo di Donetsk non lo avrebbe
accettato e non era quello che aveva stabilito l’accordo di Minsk.
Per
quanto riguarda l’integrazione, a Minsk è stato convenuto di reintegrare Donbass
con l’Ucraina. Questa è stata una delusione per Donbass (avrebbe preferito
unirsi alla Russia), tuttavia ha accettato – e questo mentre Kiev la assediava,
chiudeva le sue banche, interrompeva gli acquisti di carbone da Donbass e il
pagamento delle pensioni. Le truppe di Kiev bombardano quotidianamente Donetsk,
città con milioni di abitanti (in tempo di pace!). Invece dell’amnistia per i
ribelli, come convenuto a Minsk, ci sono sempre più truppe governative che si
riversano verso est.
I
russi non hanno perso la speranza sugli accordi di Minsk. L’intento di tali
accordi era la pace, ma ora devono essere attuati concretamente. Forse il
presidente di Kiev Poroshenko vorrebbe farlo, ma il partito “Kiev-bellico”
insieme ai suoi sostenitori occidentali sarebbe pronto a detronizzarlo, se osa
andare troppo oltre.
Paradossalmente,
l’unico modo per forzarlo alla pace passa attraverso la guerra, anche se la
Russia preferirebbe che l’Occidente facesse pressione sui suoi clienti di Kiev.
I ribelli e i loro sostenitori russi hanno usato la guerra per forzarlo a
firmare gli accordi di Minsk: la loro offensiva contro Mariupol sul Mar d’Azov
ha avuto pieno successo, e Poroshenko ha preferito andare a Minsk per poter
mantenere Mariupol. Da allora, Kiev e Donetsk hanno avuto qualche
cessate-il-fuoco, si sono scambiate prigionieri di guerra, ma Kiev si è
rifiutata di adeguarsi alle richieste costituzionali e socio-economiche
stabilite dagli accordi di Minsk.
Che
senso ha accettare un cessate-il-fuoco, se Kiev lo utilizza solamente per poter
riorganizzare le truppe ed attaccare di nuovo? La tregua dovrebbe portare a
riforme costituzionali, continua la mia fonte, riforme negoziate attraverso un
dialogo aperto e trasparente tra le regioni e Kiev. Senza riforme, Donbass (o
NovoRussia) resterà in guerra. Quindi, l’operazione Debaltsevo può essere
considerata un modo per forzare Poroshenko a chiedere la pace.
La
Russia non ha intenzione di entrare in guerra, o in negoziati di pace, dice la
fonte. I russi hanno dimostrato chiaramente di volerne restare fuori, mentre gli
americani hanno dimostrato altrettanto chiaramente di voler far apparire la
Russia come una parte attiva del conflitto.
Nel
frattempo, con l’Ukraine Freedom Support Act del 2014, i rapporti
russo-americani sono tornati indietro di 40 anni all’emendamento Jackson-Vanik
del 1974. Il segretario di Stato John Kerry ha definito questo fatto uno
sviluppo indesiderato, tuttavia solo temporaneo. I russi invece non sembrano
molto ottimisti al riguardo: per loro quel Support Act ha sancito l’inizio delle
sanzioni contro la Russia. Gli Stati Uniti hanno tentato, con un certo successo,
di rivoltare contro la Russia anche altri Stati. In un colpo solo, la Kanzlerin
(cancelliera) Merkel ha fatto fuori tutte le organizzazioni, strutture e legami
che nel corso dei decenni si erano costruite tra Russia e Germania. Ogni visita
di Joe Biden causa una deflagrazione.
I
russi sono arrabbiati per la storia del Boeing Malese. In ogni incontro ad alto
livello con gli americani, non possono fare a meno di ricordarsi delle isteriche
accuse e rivendicazioni che l’aereo sia stato abbattuto dai ribelli con missili
russi. Sono passati sei mesi dalla tragedia; tuttavia finora gli americani non
hanno prodotto alcuna prova concreta di un reale coinvolgimento dei ribelli o
della Russia. Non hanno mostrato alcuna immagine dai loro satelliti, né
tantomeno registrazioni dai loro Awacs che sorvolano l’Europa orientale. La mia
fonte mi ha detto che i funzionari americani non insistono più tanto sul
coinvolgimento russo o dei ribelli, ma si ostinano a non volersi scusare per
quelle sconsiderate accuse affrettate. Non chiedono mai scusa.
Eppure,
gli americani vogliono avere la loro parte nel gioco. Insistono che non vogliono
una “resa” russa, che reputano uno scontro costoso e sgradito; allo stesso
tempo, gli Stati Uniti hanno bisogno del sostegno russo per gestire il programma
nucleare iraniano, la distruzione delle armi chimiche siriane e il problema
palestinese. I russi rispondono che questa cosa l’hanno già sentita durante la
vicenda libica e che non sono affatto impressionati.
I
contrasti di opinione tra Russia e Stati Uniti sono notevoli. Ma c’è un elemento
comune: dalla Siria a Donbass, i russi sostengono la pace, l’America la guerra.
Ora i russi hanno invitato personaggi dell’opposizione e rappresentanti del
governo siriano a colloqui a Mosca. Sono andati, hanno parlato, sono partiti e
torneranno. Potrebbero addirittura arrivare ad un accordo, ma gli americani
insistono nel non accettare la presidenza di Assad e non voler combattere fino
all’ultimo siriano per poterlo mandare via. Non si tratta di essere
semplicemente dei sanguinari: è che la guerra per loro ha molto senso, ogni
guerra nel globo sostiene il dollaro statunitense e rafforza il Dow Jones,
mentre i capitali cercano dei porti sicuri e li trovano negli Stati Uniti.
Non
pensano al futuro dei siriani che fuggono in Giordania, o agli ucraini che si
rifugiano sempre più numerosi in Russia. Che peccato, erano due Paesi così
belli! La Siria era pacifica e prospera, il diamante del Medio Oriente finché
non è stata rovinata dagli islamisti appoggiati dagli Stati Uniti. L’Ucraina era
la zona più ricca dell’ex blocco Sovietico, finché non è stata rovinata dagli
estremisti di destra e gli oligarchi appoggiati dagli Stati Uniti. Joseph
Brodsky predisse amaramente nel 1994, quando l’Ucraina dichiarò la sua
indipendenza dalla Russia, che nell’ora della loro morte gli Ucraini “liberati”
avrebbero invocato i poeti russi.
Sembra
che quella triste profezia si stia avverando.
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