GIORNATA
CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE, WWF: «VALE QUANTO IL PIL DELLA
SVIZZERA»
Oggi
in Italia si celebra la seconda giornata di prevenzione dello spreco alimentare,
istituita nel 2013 dal Ministero dell’Ambiente non solo per recuperare lo spreco
alimentare ma soprattutto per “prevenirlo”.
In
quest’occasione il WWF spiega che «lo spreco alimentare non è solo un problema
di alimenti ma anche di impatti sulla biodiversità e sul clima», un allarme che
gli ambientalisti rilanciano anche in vista della Conferenza delle parti UNFCC
di Parigi che dovrebbe fissare i tagli di emissioni di gas serra a livello
mondiale.
Secondo
il rapporto “Food wastage footprint. Impacts on natural resources” presentato
dalla FAO nel 2013, l’impronta di carbonio del cibo prodotto ma non mangiato (e
quindi sprecato) rappresenta ogni anno 3,3 miliardi di tonnellate di CO2; così
lo spreco alimentare è il terzo “emettitore” mondiale di CO2 dopo Cina e USA. Il
WWF sottolinea che si tratta di «un circolo vizioso perché, secondo studi
recenti, il cambiamento climatico a sua volta potrebbe ridurre la produttività
agricola, diminuendo le disponibilità alimentari globali e danneggiando le
popolazioni più povere e le famiglie che basano il proprio reddito sulle
colture, l’allevamento del bestiame e la pesca».
Gli
ambientalisti ricordano anche gli impatti sull’acqua: «Globalmente il consumo di
acqua blu (un elemento importante dell’impronta idrica che riguarda l’acqua
dolce prelevata dalla superficie o dalle falde e utilizzata, ad esempio, per
scopi agricoli, come l’irrigazione) che è collegato allo spreco alimentare è di
circa 250 km cubici, equivalenti al flusso annuale d’acqua del Volga oppure a
tre volte il volume delle acque del lago di Ginevra».
Per
produrre il cibo che sprechiamo utilizziamo quasi 1,4 miliardi di ettari di
terre fertili, circa il 30% delle terre agricole mondiali, e il Panda evidenzia
che «è difficile stimare l’impatto sulla biodiversità dello spreco alimentare a
livello globale, comunque gli effetti negativi dell’espansione agricola e delle
coltivazioni estensive è tale sulla frammentazione degli habitat e sulla perdita
di biodiversità che appare veramente assurdo che una parte importante di quanto
prodotto, con significativi impatti ambientali, vada addirittura sprecato. La
perdita di terra, acqua e biodiversità attribuibile allo spreco alimentare come
anche gli impatti negativi da esso provocati sul cambiamento climatico
rappresenta un costo elevato per l’intera società non ancora ben
quantificato».
Un
vero e proprio disastro economico: lo spreco alimentare dei prodotti agricoli
(esclusi quelli ittici) è valutato in 750 miliardi di dollari, quanto il PIL
della ricchissima Svizzera. Secondo un’indagine GFK Eurisko del 2014, gli
italiani sono spreconi pentiti ma, anche se aumentano i comportamenti virtuosi,
ogni anno una famiglia media italiana butta via 49 kg di cibo. Questo vuol dire
che a livello nazionale finiscono nella spazzatura 1,19 milioni di tonnellate di
cibo, pari a circa 7,65 miliardi di euro, 316 euro a famiglia. Gli sprechi
maggiori riguardano la verdura (10,7 kg/anno), la frutta(9,9 kg), il pane (9,1
kg) e la pasta (6,0 kg), Si sprecano meno i cibi più costosi: carne (4,5 kg),
formaggi (2,1 kg), pesce (1,8 kg), surgelati (1,8 kg) e salumi (1,2 kg). La
quantità di cibo sprecato risulta più un poco più alta nelle regioni meridionali
e nelle fasce di reddito più elevato. Si tratta, come abbiamo già visto sulle
nostre pagine, di stime
assai complesse (e incerte) da realizzarsi, ma comunque molto indicative del
trend generale.
Nel
suo Programma One Planet Food – sotto l’egida della campagna Think.Eat.Save di
Unep-FAO – dedicato all’alimentazione sostenibile con un focus speciale sulla
riduzione dello spreco alimentare lungo tutta la filiera, il WWF ha sviluppato
«iniziative di sensibilizzazione e attivazione che coinvolgono milioni di
italiani in comportamenti virtuosi e replicabili grazie alla collaborazione con
importanti imprese del settore» e l’associazione dice che «lo spreco sarà,
inoltre, uno dei temi che caratterizzeranno la partecipazione del WWF all’Expo
2015 che vedrà l’associazione – in qualità di “Civil Society Participant” –
impegnata in una serie di iniziative per portare l’alimentazione sostenibile
all’attenzione del grande pubblico».
Ma
gli ambientalisti sottolineano anche la responsabilità dei consumatori, che in
media spendono ogni anno 316 euro in cibo che non consumano, è solo una frazione
di quella attribuibile al sistema produttivo, «che troppo spesso perde cibo e
risorse lungo la filiera, fino al 50% delle perdite totali, prima ancora che
arrivino in tavola». Anche in questo caso, dunque, politiche industriali mirate
potrebbero funzionare molto più incisivamente dei virtuosismi locali se non
personali, per quanto lodevoli e anch’essi necessari.
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