Jobs Act, Alfano: "Avanti con il governo fino al 2018". Rabbia della minoranza dem
Il governo: effetti sul Pil. Stima del Mef, ampliata a +1%
dall'Ocse, con proiezione 2020. E Confindustria alza il tiro: "Applicare
le tutele crescenti anche ai vecchi assunti". Madia e Lupi inneggiano
al nuovo corso. Dissensi a sinistra. I licenziamenti collettivi
preoccupano Damiano: "Rischia di aprirsi subito un contenzioso davanti
alla magistratura". Boldrini critica. Sindacati furibondi
ALFANO: AVANTI FINO AL 2018 - "Noi siamo pronti a rinnovare il nostro patto con questo governo e con il presidente del Consiglio e sui contenuti ad andare avanti fino al 2018 per realizzare le cose fatte ieri". Così il ministro all'Interno Angelino Alfano intervenendo a Sestriere (Torino) alla Winter School organizzata da Ncd. "Renzi con noi non ha tradito i patti - aggiunge il leader del Nuovo centrodestra -. Noi ci stiamo per i prossimi tre anni perché vogliamo che si realizzano alcune cose sui contenuti: più libertà, più mercato, più lavoro, più sicurezza". Nel "rinnovato patto col governo" Alfano vuole una nuova legge con norme più severe per garantire la sicurezza nelle città e, dopo il jobs act, "un family act".
FASSINA FURIOSO - "Con questo decreto il Pd di Renzi diventa il partito degli interessi forti. Dopo essere arrivato sulle posizioni di Ichino ora ha raggiunto Sacconi che, a questo punto, può entrare nel Pd di Renzi". Il giorno dopo l'approvazione del Jobs Act., il Pd è più che mai in subbuglio. Stefano Fassina, ex viceministro all'Economia e deputato della minoranza del Pd, intervistato da Repubblica boccia i decreti attuativi: "È una straordinaria operazione propagandistica - sottolinea -. Restano tutte le forme di contratti precari. Con questo decreto il diritto del lavoro italiano torna agli anni Cinquanta. Renzi attua l'agenda della Troika economica con una fedeltà che, sono certo, il professor Monti invidierà".
'FOGLIA DI FICO' - Fassina elenca il perché: "La rottamazione dei co.co.co c'è già stata, rimangono solo nella pubblica amministrazione dove, per il blocco delle assunzioni, non ci sarà alcuna trasformazione. Per esempio resterà tutto come adesso per i professionisti senza partita Iva. Rimangono anche i contratti a tempo determinato senza causalità; restano il lavoro intermittente, il lavoro accessorio e pure l' apprendistato senza requisiti di stabilizzazione. Il carnet di contratti precari non cambia. È una foglia di fico per coprire l'unico vero obiettivo di questo governo sul lavoro: cancellare la possibilità del reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento ingiustificato, cioè cancellare l'articolo 18".
PARLAMENTO TRADITO - "Il governo non ha ritenuto nemmeno di recepire quelle che erano delle raccomandazioni contenute nei pareri delle commissioni parlamentari", è sconsolato Gianni Cuperlo, altro esponente della miniorazna dem in polemica con Renzi. Fatto grave, perché le raccomandazioni - in sede Pd - erano state fatte proprie da tutto il partito, "maggioranza e minoranza".
'SGRAVI IRRIPETIBILI' - Fassina dribbla così il prevedibile successo del premier: "Il previsto aumento dei contratti a tempo indeterminato ci sarà non grazie alla cancellazione dell'articolo 18 bensì per effetto del taglio dei contributi per tre anni per i neoassunti nel 2015. Una misura che costa tantissimo e che, date le condizioni della nostra finanza pubblica, non sarà ripetibile".
BOLDRINI ATTACCA - "Ci sono stati anche anche dei pareri non favorevoli da parte delle commissioni di Camera e Senato e forse sarebbe stato opportuno tenerli nel dovuto conto", ha accusato il presidente della Camera Laura Boldrini.
RABBIA VENDOLA - "Siamo ad un punto di svolta ma molto, molto, molto negativo. Questa è una controriforma. Conferma, nonostante la volontà contraria del Parlamento, i licenziamenti collettivi, non chiarisce quali siano le risorse utili ad alimentare gli ammortizzatori sociali, conferma la sparizione dell'art.18, sparisce il diritto al lavoro e avanza il diritto al licenziamento, restano 45 contratti atipici su 47", dice il leader di Sel, Nichi Vendola.
RISCHIO SPACCATURA - Tenere i licenziamenti collettivi nel Jobs Act è stata "una scelta politica sbagliata", osserva Cesare Damiano (Pd), ex ministro del Lavoro e presidente della commissione Lavoro della Camera. "Sui licenziamenti collettivi - spiega al Corriere della Sera- rischia di aprirsi subito un contenzioso davanti alla magistratura. Nei collettivi infatti emergerà in maniera evidente quella divisione strutturale tra vecchi e nuovi assunti che percorre tutto il Jobs Act. Nel caso di licenziamenti collettivi illegittimi, il giudice dovrebbe ordinare il reintegro nel posto di lavoro di coloro che sono stati assunti prima della riforma mentre per quelli presi col contratto a tutele crescenti basterebbe l'indennizzo economico".
ESULTA CONFINDUSTRIA - A Stefano Dolcetta, vicepresidente di Confindustria con delega sulle relazioni industriali, l'appetito vien mangiando: "È importante che il contratto a tutele crescenti venga esteso a tutti, anche ai vecchi assunti. È una condizione indispensabile se si vogliono attrarre investimenti dall'estero".
BARBAGALLO CAUSTICO - Il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, è molto critico: "Hanno detto che avrebbero tolto tutti i contratti di precarietà, mentre in realtà ne hanno aggiunto dei nuovi, come ad esempio la possibilità di estendere l'uso dei voucher. Dovevano estendere le tutele e nemmeno questo hanno fatto. Anche con gli sgravi contributivi per i contratti a tempo indeterminato si dovevano prevedere dei paletti in maniera tale che a fronte di tre anni di contributi poi venivano assicurati altri tre anni di occupazione. E invece anche qui niente. E se un imprenditore vuole fare il furbo come ci si tutela?" E preannuncia tempi duri anche per la plaudente Confindustria, che "non sa cosa l'aspetta": perché adesso "tutte quelle regole sulle tutele che non abbiamo ottenuto dal governo cercheremo di metterle dentro ai contratti".
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