Libia: italiani in fuga, ambasciata chiusa. Isis, video con minacce all'Italia
Imbarcati su una nave gli italiani e il personale
dell'ambasciata di Tripoli. Il ministro della Difesa Pinotti: "Truppe di
terra? Dipende da scenario". L'ex premier: "Favorevoli a intervento
armato". Grillini contrari. E un ennesimo video choc dell'Isis minaccia
l'Italia: "Siamo a Sud di Roma"
EMERGENZA IMMIGRAZIONE: OLTRE MILLE IN MARE SUI BARCONI
EMERGENZA IMMIGRAZIONE: OLTRE MILLE IN MARE SUI BARCONI
Isis, nuovo video choc con minacce all'Italia
ITALIANI RIMPATRIATI - L'ambasciata d'Italia a Tripoli ha sospeso oggi le sue attività in relazione al peggioramento delle condizioni di sicurezza. Il personale è stato rimpatriato via mare. I servizi essenziali saranno comunque assicurati. Lo comunica la Farnesina. Unica ambasciata europea ancora aperta dopo la grande fuga da Tripoli dello scorso agosto, anche quella italiana è stata alla fine costretta - dall'aggravarsi delle violenze sul terreno e dall'avanzata dei tagliagole dell'Isis che sventolano le loro bandiere nere fin dentro la capitale libica - a chiudere «temporaneamente» i battenti e ad avviare il rimpatrio in nave, via Malta, degli ormai pochi italiani rimasti. Gli italiani sono tutti a bordo del catamarano San Gwann, partito da Tripoli verso le 12.15 e arrivato a Malta alle 19 per fare rifornimento.
Divieto di accesso ai giornalisti nel porto di Augusta, dove arriva il catamarano con a bordo gli italiani evacuati dalla Libia. È stato disposto, è stato spiegato ai cronisti, per motivi di sicurezza.
SORVEGLIANZA AEREA - L'operazione di rimpatrio degli italiani dalla Libia è avvenuta sotto la duplice sorveglianza dei 30 carabinieri in servizio all'ambasciata e di un velivolo a pilotaggio remoto Predator dell'Aeronautica, che controlla lo spazio aereo dove avviene l'imbarco. L'aereo senza pilota (nella foto), secondo quanto è possibile apprendere dallo stretto riserbo con cui si sta svolgendo l'operazione di rimpatrio, è decollato dalla base del 32/o Stormo dell'Aeronautica di Amendola, in Puglia, dove ha sede il Gruppo Velivoli Teleguidati. Si tratta di aerei dotati di una grande autonomia di volo e che hanno sostanzialmente compiti di sorveglianza e ricognizione: sono già stati impiegati, con risultati positivi, in quasi tutti i teatri operativi esteri in cui l'Italia schiera propri militari. A controllare che l'operazione di rimpatrio si svolga senza problemi c'è anche una nave della Marina militare, mentre le attività a terra sono state monitorate dai carabinieri (una trentina di unità) in servizio presso l'ambasciata italiana.
'WARNING' DALLA FARNESINA - È dal primo febbraio scorso che, con un 'warning' particolare pubblicato sul sito www.viaggiaresicuri, la Farnesina ha "ribadito il pressante invito ai connazionali a non recarsi in Libia e a quelli tuttora presenti a lasciare temporaneamente il Paese", a fronte del "progressivo deterioramento della situazione di sicurezza". Nell'avviso - tuttora valido - pubblicato a seguito dell'attacco terrorista del 27 gennaio scorso all'Hotel Corinthia con numerose vittime, tra cui sei cittadini stranieri, la Farnesina evidenzia, tra l'altro, come "in tutta la Cirenaica la situazione di sicurezza è progressivamente deteriorata ed è pertanto assolutamente sconsigliata la presenza di connazionali dovunque e con particolare riguardo alla Città di Derna". A rischio, si sottolinea, anche le situazioni a Bengasi e nell'area urbana di Tripoli, dove "si sono verificati scontri armati ed episodi ostili che testimoniano un sensibile innalzamento della tensione e confermano la permanenza di un significativo livello di rischio anche all'interno dei centri urbani, che può potenzialmente interessare tutto il personale espatriato. Tali circostanze inoltre - si legge ancora nel warning - evidenziano la complessiva fragilità del quadro di sicurezza in Libia, minato da fattori di diversa matrice, all'interno del quale possono trovare spazio anche azioni di natura terroristica. Permangono in tutto il Paese elementi di tensione suscettibili di trovare repentine manifestazioni in forma non pacifica, che fanno leva sulla perdurante impossibilità per le forze dell'ordine governative di garantire un effettivo controllo del territorio".
GENTILONI IN PARLAMENTO - "La chiusura temporanea della nostra ambasciata è avvenuta in modo tempestivo e ordinato e di questo ringrazio i responsabili della Farnesina e delle altre amministrazioni che hanno collaborato all'operazione. La chiusura si è resa necessaria a causa del deteriorarsi della situazione in Libia", così il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. "L'Italia rimane al lavoro con la comunità internazionale per combattere il terrorismo e ricostruire uno stato unitario e inclusivo in Libia, sulla base del negoziato avviato dall'inviato speciale dell'Onu (Bernardino) Leon, al quale continuerà a partecipare il nostro inviato speciale ambasciatore Buccino". "Il peggioramento della situazione -conclude il ministro - richiede ora un impegno straordinario e una maggiore assunzione di responsabilità, secondo linee che il governo discuterà in Parlamento a partire dal prossimo giovedì 19 febbraio. L'Italia promuove questo impegno politico straordinario ed è pronta a fare la sua parte in Libia nel quadro delle decisioni delle Nazioni Unite".
PINOTTI: PRONTI A GUIDARE COALIZIONE - "L'Italia è pronta a guidare in Libia una coalizione di Paesi dell'area, europei e dell'Africa del Nord, per fermare l'avanzata del Califfato che è arrivato a 350 chilometri dalle nostre coste". Lo ha detto la ministra della Difesa Roberta Pinotti, in un'intervista al Messaggero. "Se in Afghanistan - spiega - abbiamo mandato fino a cinquemila uomini, in un Paese come la Libia che ci riguarda molto più da vicino e in cui il rischio di deterioramento è molto più preoccupante per l'Italia, la nostra missione può essere significativa e impegnativa, anche numericamente". Quindi aggiunge: "Ne discutiamo da mesi, ma ora l'intervento è diventato urgente". Ovviamente, seondo la Pinotti, la decisione "dipenderà dallo scenario". Le stesse autorità libiche - ha aggiunto - potrebbero "richiedere un'operazione simile a quella in Iraq: truppe che combattono l'Isis, altre che presidiano il territorio. Disponiamo di tre forze armate più la quarta, i carabinieri, che operano come un tutt'uno. Mezzi, composizione e regole d'ingaggio li decideremo con gli alleati in base allo spirito e al mandato della missione Onu".
BERLUSCONI: "SI' A INTERVENTO' - "Accogliamo con favore l'intento del Governo di non abdicare alle responsabilità che ci derivano dal ruolo che il nostro paese deve avere nel Mediterraneo e nella difesa del nostro continente, della sua civiltà e dei suoi valori di libertà, oggi minacciati. Un intervento di forze militari internazionali, sebbene ultima risorsa, deve essere oggi una opzione da prendere in seria considerazione per ristabilire ordine e pace". Lo afferma in una nota, Silvio Berlusconi intervenendo sulla crisi in Libia. "La drammatica evoluzione della situazione in Libia è la dimostrazione di quanto furono sbagliate le scelte occidentali relative al Nord Africa negli anni passati. Scelte che non abbiamo mai mancato di criticare e denunciare, ben prefigurando quali nefasti scenari futuri avrebbero prodotto. Oggi - ha aggiunto - purtroppo la realtà ci dà ragione. L'Italia non può tollerare la minaccia derivante dall'esistenza di un califfato dichiaratamente ostile alle proprie porte, sulle coste di uno Stato, la Libia appunto, ormai totalmente fuori controllo e distante poche centinaia di chilometri dalle nostre coste".
M5S: "GUAI AD INTERVENIRE" - "Gheddafi l'aveva detto poco prima di morire: 'Senza di me verrà al Qaeda. Ci sarà una jihad, di fronte a voi, nel Mediterraneo'. I soloni dell'epoca dicevano che esagerava e che non c'era nulla da temere. Beh, ora vediamo che aveva ragione e che i soloni del 2011, ovvero gli stessi ex Pdl e Pd di oggi, sono completamente inaffidabili. Non c'è alcun motivo per dare ascolto anche questa volta a chi ha sbagliato clamorosamente". Lo affermano Alessandro Di Battista e Carlo Sibilia, membri del direttorio M5S, contattati telefonicamente. I grillini sono categoricamente contrari all'opzione militare: "Il Movimento si oppone a qualsiasi intervento militare in Libia. La storia ci insegna che la guerra in passato ha sempre contribuito ad alimentare il terrorismo e l'attuale scenario mediorientale, con l'insorgere di nuove e pericolose organizzazioni terroristiche come lo Stato Islamico, ne è la più chiara e nitida dimostrazione".
CRESCENTE PAURA - "Le bandiere nere dell'Isis sono già a Tripoli, si vedono sventolare dalle macchine che si aggirano nella capitale libica. Prima erano poche, nascoste, adesso si stanno moltiplicando. La situazione è gravissima" informano fonti del Governo. È l'allarme lanciato da fonti libiche vicine al Governo e al Parlamento di Tobruk, riconosciuti dalla comunità internazionale. A Tripoli le milizie filo-islamiche di Fajr Libya hanno preso il sopravvento imponendo un governo 'parallelo', guidato da Omar al Hassi, vicino ai Fratelli musulmani. Ma ora l'Isis ha aperto anche questo fronte.
NUOVO ORRORE VIDEO - Lo Stato islamico ha diffuso un video che - secondo Al-Jazeera - mostrerebbe la decapitazione di 21 egiziani cristiani che erano stati rapiti in Libia. Il video è comparso sull'account Twitter di un sito internet che sostiene il gruppo dello Stato islamico. Nel video i militanti vestiti di nero fanno camminare i prigionieri, vestiti con tute arancioni, su una spiaggia. I prigionieri vengono costretti a inginocchiarsi, per poi essere decapitati. Il filmato dura cinque minuti. In una didascalia si legge: "Il popolo della croce, seguaci dell'ostile chiesa egiziana". In realtà la vera identità delle vittime è dubbia: secondo fonti ufficiali libiche i 21 copti rapiti sono ancora vivi o almeno senza conferme di una loro uccisione.
Quanto alle minacce all'Italia, il gruppo che si identifica come "L'Isis della provincia di Tripoli" dichiara: "Ci avete visti in Siria, ora siamo qui, a sud di Roma". Il portavoce dei boia dei copti indossa una tuta mimetica e un passamontagna beige.
Il miliziano speaker del video sembra parlare inglese con accento nordamericano, nota la Ap in una corrispondenza dal Cairo. Si distingue dagli altri perché è vestito in maniera diversa e, rivolgendosi alla telecamera, è colui che pronuncia un inedito omaggio alla memoria di Osama Bin Laden: "Avete buttato il corpo di Osama bin Laden in mare, mischieremo il suo sangue con il vostro".
Il presidente Abdel-Fattah al-Sisi ha avvertito che l'Egitto "si riserva il diritto di reagire" nel modo e nei tempi che riterrà più opportuni alla decapitazione di 21 egiziani copti, riferisce l'edizione online di Al-Ahram. Al-Sisi ha convocato una riunione d'urgenza con i ministri dell'Interno e della Difesa e con i vertici militari. "Queste azioni vili - ha detto Sisi in un discorso teletrasmesso alla nazione - non fiaccheranno la nostra determinazione: l'Egitto e il mondo intero restano impegnati in una battaglia irriducibile contro gli estremisti".
La Chiesa copta egiziana è in lutto: "La Chiesa - si legge in una nota - è fiduciosa che la sua grande nazione non resterà passiva fino a quando questi criminali non saranno consegnati alla giustizia. Siamo convinti che lo Stato proteggerà i suoi cittadini. Porgiamo le nostre condoglianze alla nazione, preghiamo perché Dio protegga l'Egitto, la sua unità e che la pace prevalga".
LONDRA DENUNCIA - Un terrorista dell'Isis, membro del gruppo guidato dal famigerato boia di ostaggi stranieri Jihadi John, ha lavorato come commesso da Harrods. Lo scrivono i media britannici. Celso Rodrigues Da Costa, 32 anni, con il fratello Edgar e Nero Saraiva - da tempo identificato come il braccio destro di Jihadi John - facevano parte di una cellula terroristica che si era formata in un quartiere nella zona est di Londra dove si erano trasferiti una decina di anni fa dal Portogallo. Prima di partire per la Siria e unirsi all'Isis, i tre si erano addestrati in Africa con membri di Al Qaida. Da Harrods Da Costa ha lavorato almeno fino al 2009 e secondo alcune fonti potrebbe aver lavorato anche da Selfridges, un altro celebre grande magazzino della capitale inglese.
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