mercoledì 26 dicembre 2012


STEVIA: CONTRO LE MULTINAZIONALI UN PROGETTO PER COLTIVARLA IN ARGENTINA IN MODO SOSTENIBILE ED ETICO
di Alessandro Maffini
La Stevia si presenta come un piccolo arbusto, alto non più di mezzo metro, con piccole foglie e fiori bianchi e delicati, all'apparenza innocua, ma che nasconde un terribile potere: è un dolcificante quattrocento volte più potente dello zucchero, naturale e senza calorie.
Possono sembrare doti innocenti ma se si pensa a quante persone bevono caffé o the o bibite zuccherate o mangiano dolciumi, ogni giorno, si capisce subito che è una rivoluzione che naturalmente ha scatenato l'irritazione delle lobby dello zucchero ed affini, le quali, con l'aspartame, gli edulcoranti ed altri ritrovati chimici, contavano di rimanere al sicuro dentro il loro mercato a porte quasi chiuse. Così in questi anni hanno provato di tutto, compreso la ovvia accusa di cancerogenicità, che ha bloccato il suo utilizzo in Europa, ma una volta conclusi gli studi, non si è potuto fare altro che accettare la legalizzazione e l'introduzione nei nostri mercati.
Tutto questo a differenza dell'aspartame, la cui pericolosità è dimostrata da sempre più studi.
La pianta, il cui nome per esteso è Stevia Rebaudiana Bertoni, è originaria del Sud America, dove è utilizzata da secoli come alimento. Nella sua foglia vi sono diversi componenti che le attribuiscono il carattere della dolcezza, quelli più rilevanti dal punto di vista commerciale sono lo Stevioside (che corrisponde al 6-8% della foglia) e il Rebaudioside A (volgarmente REB A, 2-3% della foglia). Se opportunamente estratti si presentano sotto forma di polvere bianca e leggera che può essere utilizzata, conformemente da quanto prescritto dal Regolamento UE 1131/2011, come integratore alimentare sotto la sigla E960. Sono questi elementi che, una volta estratti, dolcificano fino a 400 volte più dello zucchero, ed a fianco di questo elevato potere uniscono l'assenza di calorie e glucosio, fattore non di poco conto in ottica di cura e prevenzione del diabete mellito (in Italia la percentuale di individui affetti da tale patologia è mediamente del 3%, quasi 2 milioni di persone).
La Stevia in più, al contrario di qualsiasi altro dolcificante, promuove la secrezione di insulina portando una riduzione di glucosio nel sangue e non finisce qui perché la pianta dalle foglie dolci, sfodera altre qualità: ha una azione ipotensiva e “anti-obesità”, dal momento che oltre a non contenere calorie aiuta a ridurre il “bisogno” di altri dolci e cibi grassi, digestiva ed infine di protezione della cute e delle mucose, in particolare del tratto orale (il che la rende efficace nella prevenzione della carie). Possiamo capire quindi il perché di tanta ostinata avversità verso la Stevia da parte delle grandi lobbies; le proprietà della pianta non solo fanno paura a chi utilizza gli zuccheri come additivo per indurre assuefazione e dipendenza ma infastidisce anche chi sul diabete, l'iperglicemia e l'obesità ha costruito interi imperi farmaceutici.
Il rischio dello sfruttamento da parte delle multinazionali
Esistono però problemi di produzione: se infatti i produttori si stanno moltiplicando internazionalmente, ve ne sono pochi che ancora lavorano compatibilmente con principi etici. Le grosse multinazionali hanno già preso in mano il mercato provvedendo già a "migliorare" chimicamente in laboratorio le foglie, concentrandone i glicosidi più redditizi, mentre in Argentina, dove si coltiva la Stevia come facevano le popolazioni originarie secoli addietro, vi sono solo 400 ettari coltivati a Stevia, di cui l'80% al nord (Misiones, Corrientes, Salta ecc.) che producono annualmente dalle 400 alle 800 tonnellate di foglie. Il settore sta dando lavoro a famiglie che ne erano prive: un ettaro infatti, a secondo delle zone, è capace di produrre dalla tonnellata e mezza di foglie sino a tre tonnellate, con raccolti 2-3 volte all'anno, ma è possibile fare di più, allargare il mercato, creare ancora più lavoro e rimanere in linea con i principi etici ben diversi da quelli delle multinazionali.
E diciamo così perché la triste realtà è quella della coltivazione estensiva della soia. Parlando dell'Argentina, la maggior parte dei proprietari terrieri cercano l'introito facile ed immediato, il che si traduce con la soia, quasi sempre OGM.
Il problema è che l'ignoranza relativa al ciclo biologico e all'impoverimento del terreno causata dalla soia è dilagante: quando invece è conosciuto tutto ciò, i proprietari terrieri chiudono ambedue gli occhi e affittano i propri terreni alle grosse multinazionali come Cargill, perché questi sfruttino il terreno, in cambio di un modesto corrispettivo per il nolo del terreno.
Peccato che dopo nemmeno un lustro il terreno dato in affitto e che ha fruttato qualche migliaio di dollari non è più fertile e necessita anni di riposo per tornare ad essere lontanamente produttiva come un tempo.
Il problema quindi è dato dalla presenza preponderante della soia in Argentina, che oltre alle coltivazioni alternative ha estromesso piantagioni tradizionali di cui vi è grande domanda ma pochissima offerta: alfa alfa (erba medica) soprattutto.
Tra i progetti per allargare la produzione locale della Stevia, al fine di servire le future elevate richieste del mercato, vi è quello della società italo argentina Cenomani S.r.l. che sta ricercando investitori disposti ad impegnarsi su questo tipo di business, green e sostenibile, dal futuro incoraggiante.
Cenomani S.r.l. è in contatto con chi possiede la terra ed ha le conoscenze e la professionalità per coltivare e raccogliere le foglie e valuta partner europei che vogliano investire sulla produzione tradizionale e sostenibile per poi introdurla nel mercato europeo, sempre più attento a questi principi.
Il futuro per la Stevia in Europa è roseo e le stime di crescita sono esponenziali, basti sapere che in Giappone, nel momento in cui scriviamo, circa il 45% della popolazione che sceglie un dolcificante, sceglie la Stevia, perché naturale e perché non contiene calorie. Con buona pace delle multinazionali del "dolce" e dei farmaci.

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