STEVIA:
CONTRO LE MULTINAZIONALI UN PROGETTO PER COLTIVARLA IN ARGENTINA IN MODO
SOSTENIBILE ED ETICO
di
Alessandro Maffini
La Stevia si presenta come un piccolo arbusto, alto non più di
mezzo metro, con piccole foglie e fiori bianchi e delicati, all'apparenza
innocua, ma che nasconde un terribile potere: è un dolcificante quattrocento
volte più potente dello zucchero, naturale e senza calorie.
Possono
sembrare doti innocenti ma se si pensa a quante persone bevono caffé o the o
bibite zuccherate o mangiano dolciumi, ogni giorno, si capisce subito che è una
rivoluzione che naturalmente ha scatenato l'irritazione delle lobby dello
zucchero ed affini, le quali, con l'aspartame, gli edulcoranti ed altri
ritrovati chimici, contavano di rimanere al sicuro dentro il loro mercato a
porte quasi chiuse. Così in questi anni hanno provato di tutto, compreso la
ovvia accusa di cancerogenicità, che ha bloccato il suo utilizzo in Europa, ma
una volta conclusi gli studi, non si è potuto fare altro che accettare la legalizzazione e l'introduzione nei nostri
mercati.
Tutto
questo a differenza dell'aspartame, la cui pericolosità è dimostrata da sempre
più studi.
La
pianta, il cui nome per esteso è Stevia Rebaudiana Bertoni, è originaria del Sud
America, dove è utilizzata da secoli come alimento. Nella sua foglia vi sono
diversi componenti che le attribuiscono il carattere della dolcezza, quelli più
rilevanti dal punto di vista commerciale sono lo Stevioside (che corrisponde al
6-8% della foglia) e il Rebaudioside A (volgarmente REB A, 2-3% della foglia).
Se opportunamente estratti si presentano sotto forma di polvere bianca e leggera
che può essere utilizzata, conformemente da quanto prescritto dal Regolamento UE
1131/2011, come integratore alimentare sotto la sigla E960. Sono questi elementi
che, una volta estratti, dolcificano fino a 400 volte più dello zucchero, ed a
fianco di questo elevato potere uniscono l'assenza di calorie e glucosio,
fattore non di poco conto in ottica di cura e prevenzione del diabete mellito
(in Italia la percentuale di individui affetti da tale patologia è mediamente
del 3%, quasi 2 milioni di persone).
La
Stevia in più, al contrario di qualsiasi altro dolcificante, promuove la
secrezione di insulina portando una riduzione di glucosio nel sangue e non
finisce qui perché la pianta dalle foglie dolci, sfodera altre qualità: ha una
azione ipotensiva e “anti-obesità”, dal momento che oltre a non contenere
calorie aiuta a ridurre il “bisogno” di altri dolci e cibi grassi, digestiva ed
infine di protezione della cute e delle mucose, in particolare del tratto orale
(il che la rende efficace nella prevenzione della carie). Possiamo capire quindi
il perché di tanta ostinata avversità verso la Stevia da parte delle grandi
lobbies; le proprietà della pianta non solo fanno paura a chi utilizza gli
zuccheri come additivo per indurre assuefazione e dipendenza ma infastidisce
anche chi sul diabete, l'iperglicemia e l'obesità ha costruito interi imperi
farmaceutici.
Il
rischio dello sfruttamento da parte delle multinazionali
Esistono
però problemi di produzione: se infatti i produttori si stanno moltiplicando
internazionalmente, ve ne sono pochi che ancora lavorano compatibilmente con
principi etici. Le grosse multinazionali hanno già preso in mano il mercato
provvedendo già a "migliorare" chimicamente in laboratorio le foglie,
concentrandone i glicosidi più redditizi, mentre in Argentina, dove si coltiva
la Stevia come facevano le popolazioni originarie secoli addietro, vi sono solo
400 ettari coltivati a Stevia, di cui l'80% al nord (Misiones, Corrientes, Salta
ecc.) che producono annualmente dalle 400 alle 800 tonnellate di foglie. Il
settore sta dando lavoro a famiglie che ne erano prive: un ettaro infatti, a
secondo delle zone, è capace di produrre dalla tonnellata e mezza di foglie sino
a tre tonnellate, con raccolti 2-3 volte all'anno, ma è possibile fare di più,
allargare il mercato, creare ancora più lavoro e rimanere in linea con i
principi etici ben diversi da quelli delle multinazionali.
E
diciamo così perché la triste realtà è quella della coltivazione estensiva della
soia. Parlando dell'Argentina, la maggior parte dei proprietari terrieri cercano
l'introito facile ed immediato, il che si traduce con la soia, quasi sempre
OGM.
Il
problema è che l'ignoranza relativa al ciclo biologico e all'impoverimento del
terreno causata dalla soia è dilagante: quando invece è conosciuto tutto ciò, i
proprietari terrieri chiudono ambedue gli occhi e affittano i propri terreni
alle grosse multinazionali come Cargill, perché questi sfruttino il terreno, in
cambio di un modesto corrispettivo per il nolo del terreno.
Peccato
che dopo nemmeno un lustro il terreno dato in affitto e che ha fruttato qualche
migliaio di dollari non è più fertile e necessita anni di riposo per tornare ad
essere lontanamente produttiva come un tempo.
Il
problema quindi è dato dalla presenza preponderante della soia in Argentina, che
oltre alle coltivazioni alternative ha estromesso piantagioni tradizionali di
cui vi è grande domanda ma pochissima offerta: alfa alfa (erba medica)
soprattutto.
Tra
i progetti per allargare la produzione locale della Stevia, al fine di servire
le future elevate richieste del mercato, vi è quello della società italo
argentina Cenomani S.r.l. che sta
ricercando investitori disposti ad impegnarsi su questo tipo di business, green
e sostenibile, dal futuro incoraggiante.
Cenomani
S.r.l. è in contatto con chi possiede la terra ed ha le conoscenze e la
professionalità per coltivare e raccogliere le foglie e valuta partner europei
che vogliano investire sulla produzione tradizionale e sostenibile per poi
introdurla nel mercato europeo, sempre più attento a questi principi.
Il
futuro per la Stevia in Europa è roseo e le stime di crescita sono esponenziali,
basti sapere che in Giappone, nel momento in cui scriviamo, circa il 45% della
popolazione che sceglie un dolcificante, sceglie la Stevia, perché naturale e
perché non contiene calorie. Con buona pace delle multinazionali del "dolce" e
dei farmaci.
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