lunedì 2 febbraio 2015

MAL’ARIA IN PORTO. QUANTO INQUINANO I TRASPORTI MARITTIMI

MAL’ARIA IN PORTO. QUANTO INQUINANO I TRASPORTI MARITTIMI
Legambiente ha presentato oggi il Rapporto Mal’Aria 2015 che dedica un particolare approfondimento alle emissioni del trasporto marittimo, del quale si parla poco ma che è rilevante per la qualità dell’aria nelle città portuali.
Ecco il testo completo della scheda di approfondimento le emissioni dal trasporto marittimo contenuta nel Dossier “Mal’Aria 2015 L’inquinamento atmosferico e acustico nelle città italiane e in Europa”.
Parlando di inquinamento atmosferico per troppo tempo è stato trascurato dall’opinione pubblica il ruolo che il settore del trasporto marittimo ha in termini di emissioni in atmosfera. Eppure la navigazione è ritenuta, a livello della Comunità Europea, una delle cause maggiori di inquinamento atmosferico. Alcuni studi indicano come a partire dal 2020, la fonte principale di emissioni in atmosfera di alcuni tipi di inquinanti (quali gli SOx e gli NOx) sarà attribuibile al settore della navigazione, superando quindi le sorgenti dell’entroterra.
A livello europeo il settore navale “ha contribuito” nel 2010 all’emissione in atmosfera di 2,3 milioni di tonnellate di SO2, 3,3 milioni di tonnellate di NOx e 250.000 tonnellate di Pm10, numeri che si traducono, secondo uno studio dell’OMS, in circa 50.000 decessi all’anno e 58 miliardi di euro di costi sanitari, che vanno a incidere principalmente nelle aree costiere e portuali, dove le navi transitano ed ormeggiano.
Se da un lato le emissioni sulla terraferma sono normate da limiti sempre più stringenti che hanno portato ad una sostanziale riduzione dell’inquinamento nell’ultimo decennio, il contributo del settore navale all’inquinamento atmosferico è risultato in aumento nel corso degli anni; la mancanza di una normativa specifica aggiornata e la tipologia di flotta circolante nei mari vecchia e priva delle pur esistenti misure anti-inquinamento di base (utilizzante quindi motori e carburanti altamente inquinanti) sono alla base di questo tipo di problematica.
Un primo passo in avanti da un punto di vista normativo per porre rimedio a questo trend negativo relativo alle emissioni dei trasporti navali, è stato fatto attraverso l’entrata in vigore da poco più di due anni della direttiva 2012/33/UE che modifica la vecchia direttiva 1999/32/CE relativa al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo e le emissioni navali. Questa nuova direttiva, recepita in Italia col D. lgs. 112 del 27 agosto 2014, mira alla riduzione dell’inquinamento atmosferico derivante dal traffico navale andando a modificare principalmente il tenore di zolfo presente nei combustibili normalmente utilizzati.
La direttiva stessa riporta come “le emissioni prodotte dal trasporto marittimo dovute all’utilizzo di combustibili ad alto tenore di zolfo contribuiscono all’inquinamento atmosferico sotto forma di anidride solforosa e particolato, che nuocciono alla salute umana e all’ambiente e contribuiscono alla formazione di depositi acidi”. La direttiva si basa su norme elaborate dall’Organizzazione Marittima Internazionale (OMI), e prevede la riduzione progressiva del tenore massimo di zolfo nei combustibili per uso marittimo dall’attuale 3,5% allo 0,5% entro il 1° gennaio 2020, con il primo step intermedio di riduzione fissato allo scorso 31 dicembre 2014.
È stato calcolato come passando da un combustibile dal tenore di zolfo pari al 3,5% (valore previsto prima dell’entrata in vigore della direttiva) ad uno con valore di zolfo pari allo 0,5% (valore obiettivo al 2020 stabilito dalla direttiva) corrisponda una riduzione delle emissioni di SO2 e CO2 del 130%. Inoltre, in alcuni ecosistemi molto fragili – come il Mar Baltico e il Mare del Nord, compreso il Canale della Manica – il tenore massimo di zolfo sarà ridotto allo 0,1% già nel 2015. La direttiva inoltre prevede ulteriori sistemi di riduzione delle emissioni da affiancare a quelli già citati o alternativi ad essi come ad esempio l’utilizzo di sistemi di depurazione dei gas di scarico, l’utilizzo di un mix di combustibile e gas naturale liquefatto (GNL) o l’uso di biocarburanti. La direttiva prevede anche strumenti di sostegno finanziario (programmi TEN-T e Marco Polo) ai progetti ecologici per il trasporto marittimo anche per scoraggiare un eventuale spostamento del traffico merci dal trasporto marittimo a quello su gomma.
Da sottolineare che gli Stati membri oltre ad essere vincolati a vigilare ed evitare l’accesso ad imbarcazioni che non utilizzino carburanti o sistemi in linea con gli obiettivi della direttiva, devono anche predisporre le strutture adeguate, nei propri porti e terminali, allo scopo di garantire la disponibilità di combustibile che sia conforme alla direttiva. L’attuazione di questo passaggio è di fondamentale importanza, in quanto è previsto che le navi che dimostrino che nei giorni di permanenza nel porto, non siano state in grado di reperire combustibile conforme, siano dispensate dalle sanzioni e possano continuare il loro viaggio fino al porto di destinazione, utilizzando il combustibile inquinante. Oltre alla direttiva sul tenore di zolfo nei combustibili, sul tema delle emissioni navali è stato recentemente fatto un ulteriore passo avanti: l’Organizzazione Marittima Internazionale ha infatti adottato nel luglio del 2011 l’EEDI (Energy Efficiency Design Index). Un documento d’intesa che mira a raggruppare i requisiti minimi di efficienza energetica che devono avere tutte le navi costruite dopo il 2013, soprattutto in termini emissioni di CO2 e consumi di carburante.

L’obiettivo finale di miglioramento dell’efficienza energetica delle imbarcazioni si raggiungerà tramite una serie di step graduali tra il 2013 ed il 2025 e si aggirerà su percentuali che vanno dal 10 al 30% di efficientamento. L’importanza dell’EEDI sta nel fatto di essere il primo provvedimento vincolante sull’efficienza energetica delle nuove navi ed avrà impatti significativi sulla riduzione delle emissioni da questo settore. In particolare si baserà su tre parametri: il consumo di carburante, che può essere calcolato in vari modi e fornisce una stima diretta dell’energia utilizzata dalla nave; la quantità di CO2 emessa che è direttamente proporzionale al consumo di carburante ed alla sua tipologia; l’efficienza energetica della nave, che non dipende solo dal consumo di carburante per il movimento ma anche dall’intensità di lavoro della nave, la quantità di carico etc. L’EEDI, come detto è ormai in vigore dal 2013 ma riguarda soltanto le navi costruite dal 2013 in poi, mentre purtroppo, non è stato esteso alle navi già in circolo, a causa di una serie di forti opposizioni in seno alla stessa Organizzazione Marittima Internazionale.

Nessun commento:

Posta un commento