MAL’ARIA 
IN PORTO. QUANTO INQUINANO I TRASPORTI MARITTIMI
Legambiente 
ha presentato oggi il Rapporto Mal’Aria 2015 che dedica un particolare 
approfondimento alle emissioni del trasporto marittimo, del quale si parla poco 
ma che è rilevante per la qualità dell’aria nelle città portuali.
Ecco 
il testo completo della scheda di approfondimento le emissioni dal trasporto 
marittimo contenuta nel Dossier “Mal’Aria 2015 L’inquinamento atmosferico e 
acustico nelle città italiane e in Europa”.
Parlando 
di inquinamento atmosferico per troppo tempo è stato trascurato dall’opinione 
pubblica il ruolo che il settore del trasporto marittimo ha in termini di 
emissioni in atmosfera. Eppure la navigazione è ritenuta, a livello della 
Comunità Europea, una delle cause maggiori di inquinamento atmosferico. Alcuni 
studi indicano come a partire dal 2020, la fonte principale di emissioni in 
atmosfera di alcuni tipi di inquinanti (quali gli SOx e gli NOx) sarà 
attribuibile al settore della navigazione, superando quindi le sorgenti 
dell’entroterra.
A 
livello europeo il settore navale “ha contribuito” nel 2010 all’emissione in 
atmosfera di 2,3 milioni di tonnellate di SO2, 3,3 milioni di tonnellate di NOx 
e 250.000 tonnellate di Pm10, numeri che si traducono, secondo uno studio 
dell’OMS, in circa 50.000 decessi all’anno e 58 miliardi di euro di costi 
sanitari, che vanno a incidere principalmente nelle aree costiere e portuali, 
dove le navi transitano ed ormeggiano.
Se 
da un lato le emissioni sulla terraferma sono normate da limiti sempre più 
stringenti che hanno portato ad una sostanziale riduzione dell’inquinamento 
nell’ultimo decennio, il contributo del settore navale all’inquinamento 
atmosferico è risultato in aumento nel corso degli anni; la mancanza di una 
normativa specifica aggiornata e la tipologia di flotta circolante nei mari 
vecchia e priva delle pur esistenti misure anti-inquinamento di base 
(utilizzante quindi motori e carburanti altamente inquinanti) sono alla base di 
questo tipo di problematica.
Un 
primo passo in avanti da un punto di vista normativo per porre rimedio a questo 
trend negativo relativo alle emissioni dei trasporti navali, è stato fatto 
attraverso l’entrata in vigore da poco più di due anni della direttiva 
2012/33/UE che modifica la vecchia direttiva 1999/32/CE relativa al tenore di 
zolfo dei combustibili per uso marittimo e le emissioni navali. Questa nuova 
direttiva, recepita in Italia col D. lgs. 112 del 27 agosto 2014, mira alla 
riduzione dell’inquinamento atmosferico derivante dal traffico navale andando a 
modificare principalmente il tenore di zolfo presente nei combustibili 
normalmente utilizzati.
La 
direttiva stessa riporta come “le emissioni prodotte dal trasporto marittimo 
dovute all’utilizzo di combustibili ad alto tenore di zolfo contribuiscono 
all’inquinamento atmosferico sotto forma di anidride solforosa e particolato, 
che nuocciono alla salute umana e all’ambiente e contribuiscono alla formazione 
di depositi acidi”. La direttiva si basa su norme elaborate dall’Organizzazione 
Marittima Internazionale (OMI), e prevede la riduzione progressiva del tenore 
massimo di zolfo nei combustibili per uso marittimo dall’attuale 3,5% allo 0,5% 
entro il 1° gennaio 2020, con il primo step intermedio di riduzione fissato allo 
scorso 31 dicembre 2014.
È 
stato calcolato come passando da un combustibile dal tenore di zolfo pari al 
3,5% (valore previsto prima dell’entrata in vigore della direttiva) ad uno con 
valore di zolfo pari allo 0,5% (valore obiettivo al 2020 stabilito dalla 
direttiva) corrisponda una riduzione delle emissioni di SO2 e CO2 del 130%. 
Inoltre, in alcuni ecosistemi molto fragili – come il Mar Baltico e il Mare del 
Nord, compreso il Canale della Manica – il tenore massimo di zolfo sarà ridotto 
allo 0,1% già nel 2015. La direttiva inoltre prevede ulteriori sistemi di 
riduzione delle emissioni da affiancare a quelli già citati o alternativi ad 
essi come ad esempio l’utilizzo di sistemi di depurazione dei gas di scarico, 
l’utilizzo di un mix di combustibile e gas naturale liquefatto (GNL) o l’uso di 
biocarburanti. La direttiva prevede anche strumenti di sostegno finanziario 
(programmi TEN-T e Marco Polo) ai progetti ecologici per il trasporto marittimo 
anche per scoraggiare un eventuale spostamento del traffico merci dal trasporto 
marittimo a quello su gomma.
Da 
sottolineare che gli Stati membri oltre ad essere vincolati a vigilare ed 
evitare l’accesso ad imbarcazioni che non utilizzino carburanti o sistemi in 
linea con gli obiettivi della direttiva, devono anche predisporre le strutture 
adeguate, nei propri porti e terminali, allo scopo di garantire la disponibilità 
di combustibile che sia conforme alla direttiva. L’attuazione di questo 
passaggio è di fondamentale importanza, in quanto è previsto che le navi che 
dimostrino che nei giorni di permanenza nel porto, non siano state in grado di 
reperire combustibile conforme, siano dispensate dalle sanzioni e possano 
continuare il loro viaggio fino al porto di destinazione, utilizzando il 
combustibile inquinante. Oltre alla direttiva sul tenore di zolfo nei 
combustibili, sul tema delle emissioni navali è stato recentemente fatto un 
ulteriore passo avanti: l’Organizzazione Marittima Internazionale ha infatti 
adottato nel luglio del 2011 l’EEDI (Energy Efficiency Design Index). Un 
documento d’intesa che mira a raggruppare i requisiti minimi di efficienza 
energetica che devono avere tutte le navi costruite dopo il 2013, soprattutto in 
termini emissioni di CO2 e consumi di carburante.
L’obiettivo 
finale di miglioramento dell’efficienza energetica delle imbarcazioni si 
raggiungerà tramite una serie di step graduali tra il 2013 ed il 2025 e si 
aggirerà su percentuali che vanno dal 10 al 30% di efficientamento. L’importanza 
dell’EEDI sta nel fatto di essere il primo provvedimento vincolante 
sull’efficienza energetica delle nuove navi ed avrà impatti significativi sulla 
riduzione delle emissioni da questo settore. In particolare si baserà su tre 
parametri: il consumo di carburante, che può essere calcolato in vari modi e 
fornisce una stima diretta dell’energia utilizzata dalla nave; la quantità di 
CO2 emessa che è direttamente proporzionale al consumo di carburante ed alla sua 
tipologia; l’efficienza energetica della nave, che non dipende solo dal consumo 
di carburante per il movimento ma anche dall’intensità di lavoro della nave, la 
quantità di carico etc. L’EEDI, come detto è ormai in vigore dal 2013 ma 
riguarda soltanto le navi costruite dal 2013 in poi, mentre purtroppo, non è 
stato esteso alle navi già in circolo, a causa di una serie di forti opposizioni 
in seno alla stessa Organizzazione Marittima Internazionale.
 
 
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