lunedì 2 febbraio 2015

MAL’ARIA 2015: POLVERI E OZONO FUORI CONTROLLO NELLE CITTÀ ITALIANE

MAL’ARIA 2015: POLVERI E OZONO FUORI CONTROLLO NELLE CITTÀ ITALIANE
Presentando il suo rapporto Mal’aria 2015 Legambiente sottolinea: «In Italia anche il 2015 si è aperto con diverse città italiane alle prese con alti livelli di Pm10 nell’aria. In particolare sono oltre 32 i capoluoghi che hanno registrato, dall’inizio dell’anno ad oggi, più di un superamento della soglia massima giornaliera consentita ogni tre giorni e 14 in cui si è registrato un superamento un giorno su due. Tra queste troviamo tutti i principali centri urbani dell’area padana e alcune grandi città del Centro-Sud, come Roma (12 giorni di superamento) e Napoli (11). A guidare la classifica del 2015 ci sono Frosinone e Parma con 20 giorni di superamento del limite»
Un dato in linea con quelli del 2014 sull’inquinamento atmosferico da polveri sottili, ozono troposferico ed ossidi di azoto. Secondo il monitoraggio fatto dalla campagna di Legambiente “Pm10 ti tengo d’occhio”, «Nel 2014 sono risultati ben 33 su 88 capoluoghi (il 37% di quelli monitorati) in cui almeno una centralina di monitoraggio urbana ha superato il limite di 35 giorni oltre la soglia massima ammissibile per il Pm10. Al primo posto Frosinone con 110 giorni di superamento, seguito da Alessandria (85) e al terzo posto a pari merito Torino, Vicenza e Benevento (77). Per gli altri inquinanti il bilancio è relativo al 2013, ultimo anno per cui è stato possibile reperire i dati a livello nazionale. Sono 11 su 63 (il 21%) le città in cui sono stati superati i limiti previsti per il Pm2,5 (26 mg/mc come media annuale); situazione critica anche per il biossido di azoto dove il 18% (15 capoluoghi) sono risultati fuori dal limite medio annuo e decisamente più critica la situazione relativa all’ozono troposferico (O3) in cui il 59% delle città monitorate (50 su 86) ha superato i 25 giorni previsti dalla legge».
L’Italia si conferma come una delle situazioni più critiche nell’UE, soprattutto per il Pm10, il Pm2,5 e l’ozono. Il “Rapporto sulla Qualità dell’aria 2014” dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) dice che il nostro è il Paese con il più alto numero di morti premature dovute all’inquinamento da ozono: con circa 3.400 vittime all’anno (2011) precede la Germania, la Francia e la Spagna. Per quanto riguarda le morti premature da Pm2,5, nel 2011 l’Italia era al secondo posto con circa 64.000 vittime, dietro alla Germania. Nell’UE più del 90% della popolazione urbana è esposta a valori di Pm2,5 e di O3 superiori a quelli previsti dalla normativa vigente. Secondo le ultime stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’UE, in Europa l’inquinamento atmosferico ha causato più di 400.000 morti premature, con costi per i sistemi sanitari tra i 330 ed i 940 miliardi di euro. L’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro ha deciso di inserire l’esposizione all’inquinamento e ad elevati livelli di particolato atmosferico, come cancerogeno di gruppo 1.
Mal’Aria 2015 evidenzia che «Nonostante un miglioramento complessivo nei livelli di inquinamento registrato negli ultimi anni, l’esposizione dei cittadini italiani ad alti livelli di smog rimane ancora alta». “Qualità dell’Ambiente urbano, X Rapporto – Edizione 2014” dell’ISPRA analizzata anche «l’esposizione della popolazione di città e aree metropolitane agli inquinanti atmosferici”, in cui emerge con chiarezza come milioni di persone sono esposte a concentrazioni medie annuali di Pm10, Pm2,5, NO2 ed O3 superiori, e di molto, ai valori di riferimento forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità; l’analisi si basa sui dati di concentrazione rilevati nel 2013 nelle aree urbane e metropolitane rispetto al numero di cittadini presenti in quelle stesse aree e mostra come per il Pm10 la quasi totalità delle città abbia registrato concentrazioni superiori a quelle indicate dall’OMS, indistintamente da nord a sud, e di conseguenza la quasi totalità della popolazione sia stata esposta a valori che potrebbero portare nel tempo all’insorgenza di problematiche di tipo sanitario». Per il Pm2,5 a soffrire di più sono le città dell’area padana. Per quanto riguarda l’esposizione al NO2, in poco meno della metà delle città di cui sono disponibili i dati si registrano concentrazioni al di sopra dei valori previsti dall’OMS, con dati più critici nelle città del Nord.
Gli ambientalisti fanno notare che «Gli elevati livelli di inquinamento atmosferico in Italia sono alla base di una procedura d’infrazione a causa della “Cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente – Superamento dei valori limite di Pm10 in Italia”. Le violazioni riguardano 19 zone ed agglomerati suddivisi in 10 regioni italiane distribuite da nord a sud (Veneto, Lombardia, Toscana, Marche, Lazio, Puglia, Sicilia, Molise, Campania ed Umbria le Regioni interessate) e porteranno, se l’Italia non riuscirà a porre rimedio, ad una condanna con conseguenti sanzioni, come già avvenuto nel 2012. L’Italia infatti era stata già stata condannata tre anni fa relativamente ai superamenti di Pm10 per il periodo 2006-2007 in 55 diverse zone ed agglomerati italiani. Il dato più scoraggiante e preoccupante in merito alla nuova procedura di infrazione è che 13 delle 55 aree già condannate hanno continuato a superare costantemente i limiti per il Pm10 anche nel periodo 2008-2012 e si ritrovano per questo di nuovo sotto indagine, insieme ad altre 6 nuove zone».
Secondo ISPRA, nel 2012 sono stati emessi in atmosfera oltre 2 milioni di tonnellate di monossido di carbonio (CO), 900.000 tonnellate di composti organici non metanici (NMVOC) e ossidi di azoto (NOx), 181.000 tonnellate SOx e 152.000 Pm10. I maggiori emettitori di questi macroinquinanti sono l’industria (SOx), i trasporti marittimi (NMVOC) e stradali (NOx e benzene) e riscaldamento e produzione di calore (CO e polveri sottili). È prevalentemente di origine industriale l’emissione dei microinquinanti come metalli pesanti, diossine, PCB e IPA.

Ma in città la fonte principale di inquinamento atmosferico resta il trasporto su strada ed anche i passi avanti fatti sull’efficienza dei motori, visto l’elevato numero di veicoli in circolazione e l’incremento dei diesel, non hanno ottenuto risultati evidenti nel miglioramento della qualità dell’aria. Segue il riscaldamento domestico, ancora soprattutto a legna o combustibili fossili particolarmente inquinanti come l’olio combustibile o il gasolio. Il rapporto evidenzia che «La fonte del trasporto su strada (traffico, emissioni in atmosfera, usura di pneumatici, freni, etc.) è tra le principali fonti di inquinamento urbano, non solo atmosferico ma anche acustico». Il recente rapporto “Noise in Europe 2014”, dell’EEA, quasi il 20% della popolazione dell’UE, oltre 125 milioni di persone, «è sottoposta a livelli di inquinamento acustico considerati inaccettabili, per lo più derivanti dal traffico» e l’Italia è in grave ritardo anche su questo fronte, come dimostra l’apertura di una procedura di infrazione avviata nell’aprile del 2013 ed in fase di messa in mora, per l’incompletezza dei dati forniti sulla mappatura del territorio, dei piani di azione per la riduzione dell’inquinamento da rumore e l’inadeguatezza della comunicazione ai cittadini. I dati di Mal’aria 2015 dimostrano che «I livelli di inquinamento e di esposizione dei cittadini agli inquinanti atmosferici e al rumore siano ancora elevati e la sfida per garantire una buona qualità dell’aria che respiriamo è ancora lunga». Secondo il Cigno Verde bisogna intervenire su diversi settori: ridurre le emissioni industriali con la rapida approvazione delle Autorizzazione Integrate Ambientali per gli impianti nuovi ed esistenti e l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili. Per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili più inquinanti, bisogna puntare sulle fonti energetiche rinnovabili ed investire nella riqualificazione energetica degli edifici per ridurne i consumi e migliorarne l’efficienza e l’isolamento termico, garantendo così una riduzione nelle emissioni dagli impianti di riscaldamento domestici, che oggi rappresentato un importante contributo al peggioramento della qualità dell’aria. Sostituire i vecchi impianti con dispositivi efficienti e sistemi, come il teleriscaldamento, che abbattono le emissioni di inquinanti in atmosfera. Ma il nodo principale rimane il trasporto urbano ed extra urbano. Per il trasporto merci, più del 90% avviene ancora su gomma, mentre un maggiore trasporto su ferro garantirebbe una migliore efficienza e minori emissioni inquinanti. Investire sul trasporto ferroviario è prioritario anche per le migliaia di persone che ogni giorno si spostano verso i grandi centri urbani, obbligati a prendere l’auto privata a causa di un servizio inefficiente. Occorre ripensare radicalmente il modo di muoversi in città. L’Italia è ai primi posti per numero di auto pro capite, in alcune città si superano le 70 auto ogni 100 abitanti, ed ha un trasporto pubblico locale inefficiente. Legambiente sollecita «un’inversione di tendenza che restituisca invece ai cittadini la libertà di muoversi con i mezzi pubblici, i tram, le metropolitane e soprattutto città a misura di biciclette e di pedoni garantirebbe una migliore qualità dell’aria e della vita delle persone». L’’impegno del Cigno Verde sarà rivolto all’Europa, per l’approvazione del pacchetto europeo sulla qualità dell’aria presentato a fine 2013, «che rischiava di essere cancellato dalle priorità del Parlamento, ma che, grazie anche all’azione congiunta di tante associazioni, comitati e cittadini, è tornato al centro della discussione. Uno strumento che, seppur migliorabile in alcuni aspetti, come specificano le proposte riportate nel presente dossier, porterebbe a livello europeo alla riduzione di 58.000 morti premature ed a benefici economici stimabili in 40-140 miliardi di euro per anno».

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