LATINA
LA PROVINCIA PIÙ INSICURA. PESSIMA COLLOCAZIONE NEL RAPPORTO SULLA QUALITÀ DELLA
VITA DEL SOLE 24 ORE
TUTTI
I MOVENTI: RAPINE, TRUFFE, ESTORSIONI, ECCO PERCHÉ SIAMO ULTIMI
di
Graziella Di Mambro
Per
tutti gli ultimi dieci anni abbiamo «lottato» per diventare ultimi e alla fine
ci siamo riusciti. La peggiore provincia per ordine pubblico e sicurezza: lo si
era capito, in fondo. Ogni maledetta notte un attentato, spari contro le
vetrine, roghi dolosi, macchine a fuoco, proiettili sparsi; e cocaina
sequestrata a pacchi, coltellate tra spacciatori, prostitute massacrate di botte
nella guerra tra protettori... Tutto questo per fermarsi ai reati «ordinari», ai
quali possiamo vantare di poter aggiungere omicidi sempre nella guerra per il
controllo della droga, sequestri di beni ai clan per oltre 150 milioni di euro
nell’ultimo anno, arresti per associazione a delinquere di stampo mafioso...
E
via così per mesi e mesi. Alla fine è arrivata la verità-batosta. Ultimi tra le
107 province del Paese e forse quando Latina sarà unita a Frosinone potrà
spalmare il suo livello di insicurezza con i vicini di casa (quarantacinquesimi,
cioè a metà della classifica pubblicata ieri dal Sole 24 Ore). Ma finché non
succederà bisogna continuare a fare i conti in casa propria e capire se e dove
sono stati commessi degli errori. Il dato sui reati cosiddetti minori è in
qualche modo legato alla riduzione evidente delle forze dell’ordine presenti sul
territorio, o perlomeno al loro mancato potenziamento (l’ultimo aumento di
poliziotti in tutto il Paese ne ha portato uno solo in più in provincia di
Latina); gli altri più gravi e di tipo mafioso possono considerarsi il risultato
di anni e anni di bieco negazionismo in stile «la mafia qui non esiste».
Emblematica resterà per sempre la delibera del Comune di San Felice Circeo con
cui si «intimava» a chiunque di accostare il nome «Circeo» con quello di mafia.
Sono purtroppo seguite numerose operazioni antimafia «dalle parti del Circeo». E
l’ultimo omicidio di camorra nell’ambito della faida di Scampia è avvenuto sul
lungomare Circe a Terracina a luglio scorso. Per stare alle cifre nude e crude
ci sono oltre 164 scippi, rapine, borseggi all’anno ogni centomila abitanti, 442
furti in casa ogni centomila abitanti, più di 183 furti d’auto, più di 14
estorsioni (quelle denunciate ovviamente), più di 295 truffe. Si tratta di
numeri riferiti al 2011 che prendono in considerazione le azioni compiute dalla
microcriminalità. Ma la percezione della sicurezza può dirsi legata ad una serie
di altre azioni della criminalità organizzata la cui presenza è ormai avvertita
dalla popolazione residente come parte integrante dell’assetto socioeconomico e
non più solo come «infiltrazione» episodica. Il dossier di quest’anno condanna
anche le amministrazioni locali più «giovani» ad assumersi parte della
responsabilità sul peggioramento complessivo della qualità della vita. Perché se
è vero che questa provincia e alle prese con una gravissima crisi economica come
moltissime altre aree del Paese è altresì innegabile che, al contrario di altre
città e comprensori, non è riuscita a individuare percorsi alternativi.
Soprattutto non si è riusciti ad utilizzare i fondi europei pur disponibili per
potenziare reti, infrastrutture, servizi che nella valutazione fanno la
differenza in positivo.
A
TINTE FOSCHE
di
Giulio Vasaturo (criminologo dell’Università di Roma “La Sapienza”)
È
impietoso il quadro con cui l’autorevole inchiesta sulla qualità della vita del
Sole 24 Ore descrive lo stato della sicurezza e della legalità in provincia di
Latina. Il dettagliato reportage pubblicato ieri dal quotidiano economico,
colloca il territorio pontino all’ultimo posto nella graduatoria nazionale che
registra i dati sulla criminalità, restituendoci il profilo di una realtà a
tinte fosche, con un peggioramento significativo di tutti gli indicatori
relativi ai reati predatori.
L’ammontare
degli scippi, dei borseggi e delle rapine avvenute nelle nostre città,
unitamente ai furti d’auto ed in appartamento, alle estorsioni ed alle frodi,
spinge la provincia di Latina in fondo ad una classifica da cui sarà ben
difficile risalire in tempi rapidi, senza l’adozione di misure credibili ed
efficaci volte a tutelare degnamente i cittadini, i loro beni, le loro famiglie,
le loro imprese. Il problema non è solo di ordine pubblico. È anzitutto un
problema culturale, sociale e politico che va affrontato, come raramente si è
fatto dalle nostre parti, con interventi mirati, senza ulteriori sprechi di
risorse pubbliche, coinvolgendo direttamente le persone, le comunità, le reti di
vicinato e le associazioni di categoria, secondo un piano strategico di lungo
periodo che non può essere in alcun modo improvvisato dalle amministrazioni
locali. Nei numeri degradanti di queste statistiche va colto, infatti, il
riflesso di una crisi economica e progettuale che, a Latina più che altrove, si
riversa concretamente nella dimensione di vita dei singoli e della collettività,
lasciando poco spazio a suggestioni emotive, pratiche estemporanee, risposte
evasive. Alle forze dell’ordine, impegnate in prima linea con scarsissimi mezzi
sul fronte prioritario del contrasto alle organizzazioni criminali, non si può
chiedere di ovviare anche alle lacune di chi, istituzionalmente, dovrebbe
supportare i tradizionali dispositivi di controllo con soluzioni integrate,
sistemi diffusi di videosorveglianza, un sostegno fattivo ai soggetti più
esposti al reato di usura. L’esperienza maturata in ambito internazionale
fornisce, del resto, chiare indicazioni sulla rotta da intraprendere.
Innovazione tecnologica e sinergia fra figure pubbliche e private consentono già
di pensare ad un nuovo modello di governance della sicurezza nella provincia di
Latina, in grado di garantire un solido apparato di protezione dei cittadini,
attraverso il monitoraggio continuativo degli ambienti urbani, la
responsabilizzazione dei comportamenti individuali, la condivisione delle
informazioni rilevanti per la prevenzione degli atti criminosi. Ed a tutto ciò
va accostato l’improcrastinabile riordino, anche in ambito locale, degli
organici della giustizia. Perché non si può nemmeno ipotizzare la riaffermazione
della legalità, senza presupporre la piena funzionalità di una macchina
giudiziaria che deve essere messa in condizione di assecondare prontamente
l’istanza punitiva o risarcitoria che proviene dalle vittime di reato. Ma anche
su questo le difficoltà da superare sono enormi. La provincia pontina è fanalino
di coda pure per quanto concerne la velocità dei tempi processuali. Peggio di
noi, in questo caso, solo Foggia. Ed è inutile dire che i recenti provvedimenti
in materia di «geografia giudiziaria», con la soppressione delle sezioni
distaccate di Terracina e Gaeta, non sollecitano alcun ottimismo. Ma è proprio
da qui che occorre ripartire, se si vuole commentare, di qui ad un anno, una
fotografia diversa del nostro territorio. In fondo è vero quel che ha scritto
Italo Calvino: «le città come i sogni sono costruite di desideri e di
paure».
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