DALLA
GREEN ALLA BLUE ECONOMY
di
Pietro Mezzi
Legambiente,
importante associazione ambientalista nazionale, lo dice chiaramente: "Gli
investimenti idrici sono il secondo pilastro della green economy, al fianco di
quelli energetici". Insomma, per l'associazione del cigno verde non basta aver
vinto i referendum del giugno 2011. "Ora - afferma Damiano Di Simine, presidente
dell'associazione ecologista lombarda - dobbiamo affrontare i problemi, seri e
urgenti, della gestione idrica del nostro Paese. L'inquinamento di falde e acque
superficiali, insieme ai ricorrenti fenomeni di carenza, rappresentano
un’assoluta emergenza. Le direttive comunitarie ci costringono giustamente a
bruciare le tappe nel realizzare le necessarie opere di collettamento e
depurazione. E il deficit infrastrutturale si misura su cifre del valore di
diversi miliardi di euro: 60. Stiamo parlando della più grande opera
infrastrutturale italiana, da realizzare in tempi rapidi e con centinaia,
migliaia di cantieri da aprire, per costruire depuratori e collettori, mettere
mano a reti fognarie da cui colano liquami, separare le acque nere dalle acque
bianche, gestire le piene. Opere pubbliche ma anche azioni private da
incentivare: per attrezzare le case, le fabbriche, le città affinché gli usi
dell'acqua siano più efficienti, riducendo sprechi e impropri conferimenti in
fogna, gestendo le acque di pioggia, rimuovendo inutili superfici impermeabili,
riciclando le acque grigie".
Fin
qui gli ambientalisti. A sostenere le loro tesi ci sono le posizioni ufficiali
di Federutility. La federazione che raggruppa 451 imprese italiane di servizi
pubblici locali dei settori acqua ed energia, nel riconoscere che negli ultimi
anni il servizio idrico nazionale è migliorato, sostiene che esiste ancora un
problema legato alle perdite delle reti idriche. "Per superare tale deficit -
afferma Adolfo Spaziani, direttore generale della Federazione - occorrono forti
investimenti e regole certe per il settore. In Italia servirebbero 4 miliardi di
investimenti l'anno. Ma tale azione è rallentata per mancanza di norme chiare e
stabili". Federutility stima in 4,5 i miliardi di progetti già cantierabili, che
potrebbero generare 60.000 nuovi posti di lavoro. Ma le risorse economiche
necessarie non si possono attivare a causa della scarsa affidabilità del
settore. “Il settore idrico in questi anni - prosegue Spaziani - è stato
considerato affidabile dagli investitori solo grazie al rating delle aziende più
grandi quotate in Borsa, ma ora non è più così. Siccità e fragilità
idrogeologica del nostro territorio richiedono risposte urgenti. Le istituzioni
sono chiamate a comporre finalmente un quadro regolatorio che garantisca i
meccanismi di credito e finanziamento indispensabili al comparto”.
"A
tutt'oggi - sostiene Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente -
gli investimenti programmati per i prossimi 30 anni ammontano a circa 64
miliardi di euro, 2,1 miliardi l'anno. La maggior parte di questi investimenti
riguarda i servizi di depurazione, di fognatura (il 65% del totale) e il settore
acquedottistico, soprattutto al Sud. Ma per fare questo occorre un profondo
rinnovamento capace di coinvolgere le pubbliche amministrazioni, le società
idriche, il settore delle costruzioni e i singoli cittadini".
Un
rinnovamento che l'Istituto di ricerche Ambiente Italia stima in 27 miliardi di
euro nei prossimi dieci anni, che potrebbero creare 45.000 nuovi posti di
lavoro.
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