Matteo Renzi non si arrende sui fondi per la Turchia: vengano presi dal bilancio Ue, Juncker ne chiarisca l'uso
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“Noi pensiamo che tutti i migranti siano uguali. Pensare di considerare in modo diverso le spese per salvare i bimbi eritrei mi sembra assurdo, solo una perversione burocratica. Ma noi, nonostante i professionisti della polemica provino a rilanciare ancora da Bruxelles come se ci fossero vite di serie A e di serie B non cadiamo in provocazioni". Matteo Renzi firma così un altro affondo contro l’Ue.
Niente da fare: l’Italia non è ancora pronta a ‘sborsare’ i 300 milioni di euro per la gestione dei flussi migratori in Turchia, punto di attrito tra Matteo Renzi e Angela Merkel nel bilaterale di venerdì scorso. La risposta arrivata oggi dalla Commissione europea, puntuale e velenosa a ricordare che già a dicembre si è deciso di escludere i contributi degli Stati per Erdogan dal patto di stabilità, non soddisfa il governo italiano. Né nel merito, né nel metodo. Tra Palazzo Chigi e Tesoro l’ennesima risposta della Commissione, arrivata tramite lanci di agenzie di stampa, semina malumore e nervosismo. Renzi prepara la partenza per la tre giorni in Africa lasciando tutto aperto lo scontro con l’Ue.
Fonti del Tesoro spiegano all’Huffington Post che Roma ha sollevato altri punti con l’organo presieduto da Jean Claude Juncker. Non ha chiesto di scorporare i 300 milioni di euro dal patto di stabilità, cosa peraltro decisa a dicembre, come ricorda la Commissione oggi e come ha detto lo stesso Renzi nella conferenza stampa di fine anno. Invece Roma ha chiesto due tipi di garanzie: primo, definire a priori la destinazione e l’utilizzo di questi fondi; secondo, valutare la possibilità di attingere in misura maggiore al bilancio comunitario. Su questo ancora non è arrivata una risposta della Commissione, che vorrebbe prendere dal bilancio Ue solo uno dei 3 miliardi promessi a Erdogan.
E poi c’è il metodo che al governo di Roma non piace. A Palazzo Chigi c’è malumore diffuso perché ancora una volta la Commissione Europea fa esternazioni attraverso le agenzie di stampa. Come quando il portavoce di Juncker, Martin Selmayr, ha esternato in anonimato con i cronisti italiani, lamentando la “mancanza di un interlocutore a Roma”. Un colpo basso per il governo, finito tra i maggiori motivi di tensione tra Renzi e Juncker. Le istituzioni italiane ed europee si parlano direttamente, non per mezzo stampa, precisano fonti di governo. Con la Commissione Ue è “in corso un dialogo aperto e costruttivo”, puntualizzano dal Tesoro, considerando “irrilevante” ciò che viene dettato alle agenzie di stampa.
Dunque, tutto come prima. La temperatura tra Roma e Bruxelles resta altissima, in vista del fondamentale vertice di Renzi con Juncker a Roma a febbraio. Il bilaterale con Merkel si è infatti concluso con la scelta, assecondata da una sempre severa Cancelliera, di lasciare esprimere la Commissione europea, sia sulla flessibilità chiesta dall’Italia in legge di stabilità che sui fondi alla Turchia. E da Bruxelles hanno lasciato passare solo il weekend. Oggi puntualmente hanno risposto sui punti lasciati in sospeso nel vertice italo-tedesco. Un tempismo che semina nervosismo a Roma. Sui fondi per Erdogan, la Commissione chiarisce di aver deciso già "a dicembre" che i contributi nazionali al fondo di 3 miliardi di euro per la Turchia "non vengono tenuti in conto nel calcolo del deficit ai fini del Patto di stabilità e crescita", ricorda la portavoce dell'esecutivo europeo, Margaritis Schinas. E invece sulla possibilità di riconoscere flessibilità supplementare sui conti pubblici ai paesi maggiormente impegnati sull'emergenza profughi, la Commissione europea si esprimerà “in primavera, caso per caso ex post sulla spesa”, ha specificato la la portavoce della Commissione per gli Affari Economici, Annika Breidthardt.
Per Roma, non basta. La commissione deve rispondere sulla richiesta che i 3 miliardi siano presi dal bilancio europeo e sulle garanzie dell’uso dei fondi per Erdogan, campione di violazione dei diritti umani in Turchia. Quest’ultima è una questione che potrebbe ingrossarsi, in vista della plenaria di domani pomeriggio a Strasburgo sul tema dei migranti. E forse la fulminea risposta della Commissione all’Italia è dettata anche dall’esigenza di evitare che nell’Europarlamento si addensino dubbi sul pacchetto per la Turchia, particolarmente voluto e sponsorizzato dalla Germania. In effetti, più passa il tempo, più a Strasburgo si accumulano critiche sull’accordo tra l’Ue ed Erdogan sui migranti. Venerdì scorso il capogruppo dei Liberali, Guy Verhofstadt, ha convocato un’apposita conferenza stampa per dire che i termini dell’intesa vanno rivisti. Invece che a Erdogan, i 3 miliardi andrebbero dati per “un terzo all’Unhcr per cambiare le infrastrutture nei campi profughi in Turchia” e per "due terzi all’assistenza direttamente i rifugiati nei campi", è la proposta di Verhofstadt.
Voci trasversali all’Europarlamento si interrogano sulla fretta della Germania, che ha praticamente spinto il Consiglio europeo ad adottare le misure di aiuto verso la Turchia. C’è chi ipotizza addirittura uno scambio tra l’impegno di Erdogan a tenersi i profughi, che altrimenti inonderebbero la Germania, e la disponibilità europea a chiudere un occhio sulle attività militari del governo di Ankara in Siria e le sue relazioni con l’Isis. Proprio oggi in un’intervista al giornale turco Hürriyet, il direttore di Human Rights Watch, Kenneth Roth, lamenta la mancanza di informazioni su ciò che avviene al confine sud est della Turchia. “E' assolutamente possibile bloccare il traffico di armi lasciando aperto il varco per i migranti”, insiste Roth. E sono condannati all’ergastolo i giornalisti turchi Can Dundar e Erdem Gul, autori di uno scoop su un traffico di armi turche per la Siria. Tempo fa i due hanno anche inviato una lettera con richiesta di aiuto a Matteo Renzi e gli altri leader Ue.
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