COSTI
RINNOVABILI IN BOLLETTA: LA PROPOSTA DI TOGNI FA DISCUTERE
di
G. C.
Rinnovabili
e costo alto delle bollette. Qualche giorno fa abbiamo parlato della proposta di
Simone Togni, presidente di ANEV - Associazione Nazionale Energia del Vento -
per eliminare i costi delle rinnovabili dalla bolletta energetica.
Mentre l’Italia grazie alla Strategia Energetica Nazionale (SEN) prova a dare
seguito agli obiettivi fissati dall’UE in merito alle energie rinnovabili per il
2020, impegnandosi non solo a raggiungere l’obiettivo del 30% di energia pulita,
ma a superarlo, raggiungendo il 38%, c’è chi si preoccupa di quali conseguenze i
costi degli incentivi alle rinnovabili potrebbero avere sulla bolletta
energetica. Simone Togni ha proposto, così, l’eliminazione del costo delle
rinnovabili sulla bolletta energetica e la sostituzione, quindi, degli
incentivi, attuale fonte di sostegno per le imprese di energia pulita, con
agevolazioni di altro tipo, quali leva fiscale e conto capitale.
Ma
cosa pensa il mondo dell’energia della proposta di eliminare i costi delle rinnovabili dalla bolletta energetica
e della conseguente necessità di trovare nuove forme di sostegno alle imprese?
Ecoseven.net lo ha chiesto ad alcuni esperti di energia verde.
La
proposta di Simone Togni di eliminare i costi delle rinnovabili dalla bolletta
energetica piace ad Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, il quale ha
commentato: “La prosposta di Togni è sicuramente utile e va nella direzione
giusta. È necessario inventarsi nuovi sistemi di incentivazione che promuovano
le rinnovabili e non blocchino lo sviluppo delle stesse. Quanto fatto dal
governo Monti con i decreti sulle fonti d’energia rinnovabili, infatti, ha
fermato l’avanzare delle energie verdi. È utile ragionare in modo nuovo”.
Ragionare
in modo nuovo e trovare altri mezzi di sostentamento alle energie pulite è anche
il parere di Andrea Barbabella, esperto di rinnovabili presso la Fondazione per
lo Sviluppo Sostenibile. Barbabella ha affermato infatti che “la revisione degli
incentivi è una cosa dovuta e necessaria. È ragionevole pensare a un meccanismo
che possa portare l’Italia a rinunciare gradualmente agli incentivi, ma è vero
che bisogna aprire un dialogo tra imprese e istituzioni per decidere quale sia
la strada giusta da intraprendere. Abbandonare gli incentivi, sostegno sulla
produzione, a favore del conto capitale ha i suoi pro e i suoi contro, che
dovrebbero essere analizzati attentamente. Certo è che la strada del conto
capitale è stata già tentata in passato, con scarsi risultati. La ricerca di un
nuovo modo di agevolazione per gli operatori delle rinnovabili deve portare alla
creazione di un meccanismo stabile, che non pregiudichi lo sviluppo delle
energie pulite”.
Ecoseven.net,
in merito alla proposta di Simone Togni sulle rinnovabili, ha voluto sentire
anche il parere di Gaetano Benedetto, dirigente storico del WWF Italia, una
delle associazioni ambientaliste più importanti del mondo. Gaetano Benedetto si
mostra propenso verso la ricerca di un meccanismo che possa “eliminare il
sostegno pubblico alle rinnovabili, dal momento che c’è stata un’evoluzione del
mercato rapida che ha causato una grande diminuzione dei costi delle tecnologie
delle energie pulite”, ma sostiene anche che sia “necessario distinguere il modo
di erogazione degli stessi incentivi”. Mentre, infatti, per le grandi imprese le
altre forme di agevolazione, alternative agli incentivi potrebbero essere utili,
per le “famiglie e le piccole e medie imprese, complice la crisi economica, gli
incentivi sono utili per uno sviluppo delle rinnovabili. Il meccanismo di
agevolazione deve essere analizzato e applicato in base alle imprese”.
Completamente
scettico verso la proposta di Simone Togni è Federico Rendina, giornalista del
Sole 24 Ore, specializzato in green economy, il quale ha affermato che “la
proposta di Togni si presta a due obiezioni. La prima riguarda la convinzione
che la ricerca di canali di finanziamento alternativi, come quelli delineati,
possa produrre comunque un alleggerimento dell’onere a carico del cittadino.
Qualunque sia la soluzione non è immaginabile, se prendiamo per buona una delle
leggi fondamentali dell’aritmetica, che a invarianza globale del valore
dell’incentivo il finanziamento dello stesso sia meno oneroso. Trasferire gli
oneri dalla componente A3 delle bollette a strumenti di sgravio fiscale
creerebbe infatti un pari disavanzo nel saldo tra entrate fiscali e spesa
corrente. Disavanzo che andrebbe comunque coperto, si immagina, con interventi
di aggravio fiscale di pari entità. Se poi tale disavanzo fosse coperto con un
generico ricorso alla fiscalità generale (questa la seconda obiezione) tale
trasferimento di oneri dalla bolletta elettrica rischierebbe immancabilmente di
accrescere il tasso di iniquità di tutto ciò, considerando l’entità
dell’evasione e dell’elusione fiscale che caratterizza il nostro Paese. Perché,
detto in maniera più rudimentale, se la bolletta la pagano tutti coloro che
consumano energia, le tasse non le pagano in maniera equa tutti coloro che
‘usano’ a vario titolo il nostro Paese”. Nonostante lo scetticismo, Rendina
comunque ammette che “il problema certamente esiste. L’onere in bolletta dei
finanziamenti alle energie verdi ha raggiunto proporzioni ingestibili. Gli
sforzi e le proposte come quelle di Togni sono apprezzabili. Forse bisognerebbe
pensare a un mix di interventi di parziale correzione che eviti però soluzioni
che finirebbero per creare altri scompensi ugualmente evidenti”.
Pensiero
simile a quello di Rendina è quello di Carlo Stagnaro, direttore Energia e
Ambiente dell’Istituto Bruno Leoni, esperto in rinnovabili e sviluppo della
green economy. In merito alla proposta di Simone Togni, di eliminare i costi
delle rinnovabili dalla bolletta energetica, Stagnaro ha evidenziato le proprie
perplessità, commentando che “in principio sgravare la bolletta dei costi
diretti di incentivazione delle fonti rinnovabili è un obiettivo condivisibile
perché farebbe convergere i prezzi italiani dell'energia elettrica con quelli
europei, riducendo il gap di competitività. Il problema della proposta di Simone
Togni - che comunque è positiva perché si inserisce nell'ambito di una
riflessione critica sul modo in cui abbiamo gestito il dossier negli ultimi anni
- è duplice. In primo luogo, se il peso dei sussidi si sposta dalla bolletta
alla fiscalità (o simili), rimanendo invariato, l'effetto netto è
sostanzialmente neutrale. Nel senso che può esserci una diversa distribuzione
dell'onere, ma mediamente ciascun cittadino italiano paga tanto quanto.
Secondariamente, gli incentivi italiani, oltre ad essere stati
sovradimensionati, sono anche stati costruiti in modo tale da inibire ogni forma
di competizione tra fonti rinnovabili: perché questo accada l'incentivo non deve
essere calibrato sulle singole tecnologie, ma deve essere proporzionale al
beneficio ambientale. Se non si fa questo cambiamento di paradigma qualunque
riforma rischia di avere una mera conseguenza gattopardesca”.
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