L’Avvocatura alla Consulta: lo sblocco dei contratti Pa costa almeno 35 miliardi
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Argomenti: Confsal Unsa | Monti | Vincenzo Rago |ANSA | Comitato Esecutivo | Massimo Battaglia |Corte Costituzionale | Giustizia
L’onere della contrattazione nel pubblico impiego per il 2010-2015 «non potrebbe essere inferiore a 35 miliardi», con «effetto strutturale di circa 13 miliardi» annui dal 2016. Il calcolo arriva dall’Avvocatura dello Stato, che lo ha messo nero su bianco nella memoria alla Consulta sulla questione di legittimità del blocco della contrattazione resa nota dall’Ansa.
La questione sarà esaminata il 23 giugno e desta non poche preoccupazioni: il timore è che possa ripetersi quanto avvenuto con la bocciatura per incostituzionalità del blocco delle indicizzazioni delle pensioni deciso dal governo Monti, che ha costretto l’esecutivo a correre ai ripari con un decreto ad hoc e una spesa imprevista.
«Oneri che non possono essere ignorati»
Il documento firmato dall’avvocato dello Stato, Vincenzo Rago, nella parte conclusiva si sofferma «sull’impatto economico delle disposizioni censurate, in relazione all’art. 81 e 97» della Costituzione. L’Avvocatura generale dello Stato precisa che «i rilevanti effetti finanziari derivanti dall’intervento normativo che si esamina sono evidenti. E infatti - prosegue - l’onere conseguente alla contrattazione di livello nazionale, per il periodo 2010-2015, relativo a tutto il personale pubblico, non potrebbe essere inferiore a 35 miliardi di euro, con un effetto strutturale di circa 13 miliardi di euro, a decorrere dal 2016». Oneri che non possono essere ignorati: «Di tali effetti - afferma l’Avvocatura - non si può non tenere conto a seguito della riforma costituzionale» che «ha riscritto l’art. 81 Cost, a partire dalla disposizione del nuovo comma 1, secondo la quale «Lo Stato assicura l’equilibrio fra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico».
Il documento firmato dall’avvocato dello Stato, Vincenzo Rago, nella parte conclusiva si sofferma «sull’impatto economico delle disposizioni censurate, in relazione all’art. 81 e 97» della Costituzione. L’Avvocatura generale dello Stato precisa che «i rilevanti effetti finanziari derivanti dall’intervento normativo che si esamina sono evidenti. E infatti - prosegue - l’onere conseguente alla contrattazione di livello nazionale, per il periodo 2010-2015, relativo a tutto il personale pubblico, non potrebbe essere inferiore a 35 miliardi di euro, con un effetto strutturale di circa 13 miliardi di euro, a decorrere dal 2016». Oneri che non possono essere ignorati: «Di tali effetti - afferma l’Avvocatura - non si può non tenere conto a seguito della riforma costituzionale» che «ha riscritto l’art. 81 Cost, a partire dalla disposizione del nuovo comma 1, secondo la quale «Lo Stato assicura l’equilibrio fra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico».
Per l’Avvocatura «prerogative sindacali salvaguardate»
Nella parte iniziale della memoria si legge inoltre che «in ogni caso le prerogative sindacali risultano salvaguardate e si sono estrinsecate, tra l’altro, nella partecipazione all’attività negoziale per la stipulazione dei contratti integrativi (Ccni), sia pure entro i limiti finanziari normativamente previsti» e «di contratti quadro». Poi, aggiunge, è rimasta in piedi la possibilità «di dar luogo alle procedure relative ai contratti collettivi nazionali, sia pure per la sola parte normativa». Insomma, secondo l’Avvocatura ciò dimostra come «un’intensa attività contrattuale sia stata svolta, anche in pendenza del nuovo complesso normativo, e abbia riguardato sia la contrattazione integrativa che quella nazionale».
Nella parte iniziale della memoria si legge inoltre che «in ogni caso le prerogative sindacali risultano salvaguardate e si sono estrinsecate, tra l’altro, nella partecipazione all’attività negoziale per la stipulazione dei contratti integrativi (Ccni), sia pure entro i limiti finanziari normativamente previsti» e «di contratti quadro». Poi, aggiunge, è rimasta in piedi la possibilità «di dar luogo alle procedure relative ai contratti collettivi nazionali, sia pure per la sola parte normativa». Insomma, secondo l’Avvocatura ciò dimostra come «un’intensa attività contrattuale sia stata svolta, anche in pendenza del nuovo complesso normativo, e abbia riguardato sia la contrattazione integrativa che quella nazionale».
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