Paula Cooper si è suicidata. Divenne il simbolo della lotta contro la pena di morte
Aveva 45 anni. Era stata condannata a 60 anni - poi commutati
in 30 per buona condotta - per l'omicidio, a 14 anni, della sua
insegnante di religione. Per evitarle la pena capitale scese in sua
difesa anche Papa Giovanni Paolo II
di GIAMPAOLO PIOLI
di GIAMPAOLO PIOLI
Gli agenti l'hanno trovata davanti alla porta di casa dove viveva nei sobborghi di Indianapolis, ma alla fine sarà l'autopsia a stabilire l'effettiva causa della morte.
Paula era stata condannata alla pena capitale nel 1985, per aver pugnalato – insieme a tre compagne di scuola – un’insegnante di catechismo, la 78enne Ruth Pelke. Era stato un omicidio cattivo e sanguinario. Ma la giovane capì presto l’orrore del suo gesto. Le altre tre si erano però alleate e in cambio di una condanna alla prigione anziché al boia, dettero tutta la colpa a lei. Fu grazie agli sforzi di due giovani avvocati, Bill Touchette e Monica Foster, che Paula venne salvata dall’esecuzione. Ma ci fu anche – e fu decisivo per convincere il governatore a cambiare la condanna a morte in 60 anni di detenzione - un grande impegno dell’opinione pubblica italiana e del Papa, Giovanni Paolo II. I giornali del nostro gruppo guidati dalla Nazione raccolsero firme e organizzarono dibattiti invitando l'avvocato Touchette in Italia per dare forza alla campagna contro il boia. Il Messaggero, con Anna Guaita, fece altrettanto per sensibilizzare l'opinione pubblica italiana.
Paula finì così in prigione, condannata a 60 anni, che si sono ridotti a 30 per buona condotta. I primi periodi in carcere furono difficili. La ragazzina non riusciva ad adattarsi e a obbedire nemmeno dietro le sbarre, ma poi fu proprio lei a chiedere il trasferimento in una prigione di “alta severità”. E qui, obbligata a rispettare un regime preciso, senza concessioni o disubbidienze, trovò la sua strada. Ottenne il diploma e fece un piccolo master in psicologia, ma soprattutto imparò a cucinare. Nel 2007 quando tornammo a trovarla con una borsa di libri disse che voleva diventare una cuoca professionista non appena fosse finita la libertà provvisoria. Ci confidò però subito che era una vita totalmente libera e fuori dal carcere la cosa che le faceva più paura. Dopo quasi due anni in una "casa di mezzo" il peso l'ha schiacciata e ha gettato la spugna nonostante avesse ritrovato un rapporto con la madre e la sorella. Anche Bill Pelke, il nipote di Ruth, l'insegnante uccisa da Paula e dalle compagne a Gary in Indiana fu subito convinto che la nonna non avrebbe mai voluto vedere “delle bambine giustiziate” e si dedicò alla sua causa. In carcere Paula scrisse anche al Papa e quella lettera consegnata dal pontefice a George Bush durante il suo viaggio in Usa ebbe un peso enorme anche sull'indifferente parlamento dell'Indiana. Bill e Paula rimasero vicini convinti entrambi che la pena di morte era sbagliata e il nipote della Pelke fondò anche un’associazione, il “Forgiveness Project” dove Paula avrebbe fatto da testimonial. Anche questo però non è bastato a farle superare i demoni della depressione e l'ex bambina killer ha preferito chiudersi la porta della vita alle spalle proprio adesso che si era riaperta per una seconda chance.
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