Attacchi Parigi. Matteo Renzi non bombarda: "Serve strategia". E insieme a Obama è scettico sui raid unilaterali francesi
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Alla minaccia dell’Isis “non si risponde con un atto d’istinto. Occorre essere molto determinati e molto duri. Ma occorre saper dire alla gente che la questione non si risolve con uno schiocco delle dita. Servono mesi e anni. Occorre una strategia e un approccio complessivo: dall’Afghanistan alla Nigeria, dalla Libia alla Somalia”. Dal G20 in Turchia, dopo il bilaterale mattutino con Vladimir Putin e dopo aver partecipato al vertice del cosiddetto ‘Quint’ con Usa, Francia, Germania e Gran Bretagna, Matteo Renzi chiarisce la linea del governo sull’emergenza terrorismo: massima cautela, nessuna iniziativa avventata. Una linea per ora vincente. Perché gli interessi divergenti dei partner internazionali anti-Isis per ora bloccano qualunque nuova iniziativa militare in risposta agli attentati di venerdì sera a Parigi. E anzi isolano la Francia, che resta l’unica a parlare di “guerra” (come fa Francois Hollande oggi al Parlamento francese), sola a chiedere all’Europa di chiudere “le frontiere”, più o meno sola nei raid in Siria, come quelli ‘unilaterali’ in Libia quattro anni fa, non a caso criticati oggi al vertice delle cinque potenze europee del ‘Quint’ ad Antalya.
Insomma, il premier italiano sa di poter usare tutta la cautela del caso senza restare indietro. Per ora. Dal G20, forum soprattutto economico che però ad Antalya si è dovuto occupare anche di terrorismo negli incontri a margine, emerge più che altro un ‘pantano internazionale’ di immobilismo e forse impotenza contro il Daesh. Obama torna a incontrare Vladimir Putin. E il premier italiano ci legge un “risultato” dello sforzo italiano di includere la Russia nei tavoli negoziali mondiali sulla minaccia rappresentata dal Califfato. Ma le distanze tra Washington e Mosca restano, né potevano esaurirsi nel giro di un bilaterale di venti minuti. Come restano le distanze tra Mosca e Ankara sul ruolo di Assad in Siria, anche se oggi pare sia stato raggiunto un compromesso: Assad non si ricandiderà alle prossime elezioni previste dopo un periodo di transizione.
Ad ogni modo, Obama conclude che “inviare truppe di terra in Siria sarebbe un errore” e si mostra piuttosto irritato con chi gli chiede se non sia il caso di cambiare le modalità di intervento americano. “Supponiamo di inviare 50mila soldati in Siria - reagisce il presidente Usa - Cosa succederebbe se ci fosse un attacco terroristico dallo Yemen o dalla Libia? Continueremo con la strategia che abbiamo adottato finora". E da parte sua Mosca conclude che Russia e Occidente "hanno capito la necessità di cooperare nella lotta al terrorismo internazionale" ma "un accordo è impossibile" perché l'Occidente è diviso nei suoi approcci alla lotta a questo fenomeno". Sono parole del portavoce del Cremlino Dmitri Peskov.
E’ anche per via di questa cornice internazionale, inceppata nei veti incrociati, che Roma può sposare la linea prudente anticipata oggi dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni su Repubblica. Piuttosto che quella interventista del ministro della Difesa Roberta Pinotti, intervistata dal Messaggero. “Dobbiamo combattere i terroristi sul piano militare ma senza entrare in una dinamica di conflitto”, sono le parole del titolare della Farnesina, “non dobbiamo sentirci in guerra anche noi” per reazione alla “guerra” scatenata dall’Isis. Pinotti invece espone il ragionamento classico di un ministro della Difesa: “Al momento non è previsto” che l’Italia inizi a bombardare il Califfato, con i tornado che già sono in azione di perlustrazione nell’ambito della coalizione anti-Daesh (una sessantina di paesi) nata l’anno scorso. Ma, continua Pinotti, “se l’alleanza di cui facciamo parte decide che quello è l’elemento più utile”, i bombardamenti anche italiani non sono “un tabù, non è detto che in futuro non lo riterremo necessario”.
A sera, nell'informativa alla Camera, Gentiloni conferma la linea. Contro l'Isis, argomenta il ministro "facciamo molto. Ma credo che dobbiamo dirci che dobbiamo fare di più". Ma il titolare della Farnesina non si sbilancia: "Non è il momento di discuterne nei dettagli, lo faremo nell'attività parlamentare".
Per ora Renzi frena le bombe. Sapendo che l’Italia non è l’unica a non prendere un’iniziativa di tipo militare, oltre a quella già messa in campo per la coalizione anti-Daesh (di addestramento e sostegno ai peshmerga curdi, sostanzialmente). Anzi, ad Antalya sono le iniziative unilaterali prese dalla Francia che vengono criticate. Se ne è parlato nella riunione del ‘Quint’: Renzi, Obama, Merkel, Cameron e il ministro degli Esteri Laurent Fabius, in rappresentanza di Hollande impegnato nella gestione post-attentati a Parigi. “E' importante che nell'incontro con Obama" e con gli altri leader europei, il 'Quint', "sia stata evidenziata la situazione della Libia – dice Renzi - perché è il simbolo di come le cose non devono andare. Sono stati fatti dei raid, forse per soddisfare l’opinione pubblica e alcuni paesi europei, ma senza avere una strategia. E lì in Libia ancora oggi non c’è una soluzione”.
Ma non è l’unico elemento di distanza con Parigi. L’altro è la politica europea sull’immigrazione. Renzi non rinuncia al piano di accoglienza chiesto dall’Italia, studiato a fatica dalla Commissione europea e ora messo a dura prova dall’emergenza terrorismo. “Non sono preoccupato”, dice. “E’ molto facile l’equazione ‘rifugiati uguale terrorismo’ che qualcuno sta facendo”, continua il premier attaccando Matteo Salvini. “Non possiamo dire con certezza che nessuno degli attentatori di Parigi non fosse un rifugiato, ma di certo la maggior parte dei rifugiati scappa dal terrorismo, dalla dittatura, dalla guerra, dalla fame”. Anche perché molto spesso gli attentatori sono “persone cresciute in Europa. Dunque discutiamo di tutto ma non banalizziamo e restiamo uniti come paese su queste questioni”. Alla Camera Gentiloni chiarisce: "Lavoreremo per snidare terroristi ovunque cerchino di infiltrarsi, ma senza fare confusione tra le migliaia di persone in fuga dalle guerre. Combatteremo per difendere i nostri valori non dichiarando guerra all'Islam, ma ai rinnegati".
Da Antalya Renzi porta a casa un altro bilaterale proficuo con Putin. In delegazione con il premier italiano, anche l’ad di Eni Claudio Descalzi. Dopo la cancellazione del progetto di gasdotto ‘South stream’, per via della crisi ucraina, adesso il nuovo interesse economico anche italiano sta nel ‘Turkish stream’, linea alternativa che passa dalla Turchia e che proprio al G20 sarebbe stata sbloccata nei bilaterali Russia-Turchia. Della serie l’economia riesce a superare gli ostacoli della politica.
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