Attentati Parigi, catena di fallimenti dell'intelligence francese
Ma il problema è anche di risorse e mandato
di
ALESSANDRO FARRUGGIA
Roma, 14 novembre 2015 - E’ successo ancora. L’intelligence francese ha nuovamente commesso un catastrofico errore evitando di intercettare una azione compiuta chiaramente da un gruppo terroristico organizzato e almeno in parte da elementi conosciuti all’intelligence. Le prime notizie che giungono da Parigi
confermano infatti che il primo dei terroristi a essere identificato
era cittadino francese e noto all’intelligence. Con ogni probabilità non
è il solo. Purtroppo, il fallimento è parte di una catena di fallimenti.
E’ successo già tre volte che il servizio segreto interno francese DCRI
e quello per l’estero, il DSGE, avessero informazioni a carico di
soggetti che hanno poi compito attacchi terroristici e non le abbiamo
utilizzate per fare prevenzione.
E’ successo nel marzo 2012 con Mohammed Merah, francese di origine algerina, sul quale il Dcri aveva un ricco dossier ma che non venne fermato prima che uccidesse 7 persone nel sud della Francia. Ed è capitato nel maggio 2014, quando nessuno fermò (o meglio nessuno sottopose a stretta sorveglianza per fermarlo prima che entrasse in azione) Mehdi Memmouche, un altro cittadino francese di origine algerina, che è sospettato di essere il responsabile dell’attacco al museo ebraico di Bruxelles. E, ancora, è capitato nel gennaio di quest’anno con gli attacchi iniziati con la strage al Charlie Hebdo che per tre giorni hanno seminato il terrore nell’Ile de France.
I servizi francesi – entrambi – avevano file sia per i fratelli Said e Cherif Kouachi e li avevano su Ahmed Coulibaly. Li conoscevano, li avevano persi, li avevano ritrovati. Ma non li sottoposero a costante sorveglianza producendo quello che il primo ministro francese Valls dovette definire "un chiaro fallimento di intelligence". Il che è vero. Ma non è purtroppo una pura questione di insipienza, perché in altre occasioni i servizi francesi hanno mostrato di avere competenze e determinazione. Il problema è anche e forse soprattutto di risorse e di mandato. Come osservò dopo gli attacchi di gennaio Jean Charles Brisard del French Center for Analisys of Terrorism, "semplicemente non ci sono risorse". Il che è probabilmente solo una parte della spiegazione - perché errori dei servizi francesi nella gestione dell’intero dossier estremismo, e in particolare nella sottovalutazione della questione foreign fighters, sono evidenti - ma è una parte che non può essere elusa. Se la politica francese non dà ai servizi di sicurezza un mandato chiaro e ampio e non fornisce risorse adeguate non può aspettarsi risultati adeguati. I sospetti continueranno ad essere identificati e poi scivoleranno via dalle maglie dell’intelligence per poi andare a fare il loro sporco lavoro.
Ma il problema è anche di risorse e mandato
di
ALESSANDRO FARRUGGIA
E’ successo nel marzo 2012 con Mohammed Merah, francese di origine algerina, sul quale il Dcri aveva un ricco dossier ma che non venne fermato prima che uccidesse 7 persone nel sud della Francia. Ed è capitato nel maggio 2014, quando nessuno fermò (o meglio nessuno sottopose a stretta sorveglianza per fermarlo prima che entrasse in azione) Mehdi Memmouche, un altro cittadino francese di origine algerina, che è sospettato di essere il responsabile dell’attacco al museo ebraico di Bruxelles. E, ancora, è capitato nel gennaio di quest’anno con gli attacchi iniziati con la strage al Charlie Hebdo che per tre giorni hanno seminato il terrore nell’Ile de France.
I servizi francesi – entrambi – avevano file sia per i fratelli Said e Cherif Kouachi e li avevano su Ahmed Coulibaly. Li conoscevano, li avevano persi, li avevano ritrovati. Ma non li sottoposero a costante sorveglianza producendo quello che il primo ministro francese Valls dovette definire "un chiaro fallimento di intelligence". Il che è vero. Ma non è purtroppo una pura questione di insipienza, perché in altre occasioni i servizi francesi hanno mostrato di avere competenze e determinazione. Il problema è anche e forse soprattutto di risorse e di mandato. Come osservò dopo gli attacchi di gennaio Jean Charles Brisard del French Center for Analisys of Terrorism, "semplicemente non ci sono risorse". Il che è probabilmente solo una parte della spiegazione - perché errori dei servizi francesi nella gestione dell’intero dossier estremismo, e in particolare nella sottovalutazione della questione foreign fighters, sono evidenti - ma è una parte che non può essere elusa. Se la politica francese non dà ai servizi di sicurezza un mandato chiaro e ampio e non fornisce risorse adeguate non può aspettarsi risultati adeguati. I sospetti continueranno ad essere identificati e poi scivoleranno via dalle maglie dell’intelligence per poi andare a fare il loro sporco lavoro.
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