Regioni mangiasoldi e inefficienti. Renzi riapre il dossier abolizione
Un miliardo solo per gli stipendi. L'alternativa: fusioni e accorpamenti
di
ANTONIO TROISE
Roma, 24 ottobre 2015 - NON È LA PRIMA volta che governo e Regioni si trovano ai ferri corti. Ma per la prima volta si comincia a mettere in discussione l’assetto istituzionale dello Stato.
E ora, dopo le province, potrebbe toccare proprio alle Regioni. Costano
un miliardo l’anno solo in stipendi e spese di rappresentanza, per
mantenere in vita la macchina politica. Senza contare il conto economico
di scandali e corruzione. Molte spendono male, soprattutto nella
sanità. Il dossier di Palazzo Chigi, per ora, è appena abbozzato. Ma le dimissioni annunciate e congelate del presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino,
e l’ennesimo scontro sulla sanità hanno fatto salire il termometro
della tensione. Dietro le quinte, qualcosa si sta muovendo. E il
nervosismo dei governatori potrebbe essere la spia più evidente.
SU UN DATO sono tutti d’accordo, a cominciare dal premier: il regionalismo ha funzionato poco e male, alimentando sovrapposizioni e sprechi. Per restare proprio alla sanità, le regioni più piccole sono quelle che spendono di più. Ed è qui si potrebbero creare risparmi ed economie di scala, magari accentrando e riunendo ospedali e Asl.Il primo obiettivo potrebbe essere quello di rivedere l’attuale mappa geografica, riducendo il numero delle Regioni da venti a 12. Il progetto – che riproduciamo qui sopra – è stato messo nero su bianco in un ordine del giorno del senatore Pd Raffaele Ranucci, approvato da Palazzo Madama un paio di settimane fa. Un documento accolto dal governo e che ha avuto l’effetto di un sasso gettato nello stagno.
Ovviamente, la strada è lunga e piena di ostacoli: bisognerebbe cambiare l’articolo 131 della Costituzione, tema non all’ordine del giorno. Anche per questo si sta studiando il modo di ‘neutralizzare’ almeno in parte la riforma del titolo V, che aveva dato alle Regioni maggiori competenze, spingendosi sulla strada dei poteri sostitutivi. A farne le spese potrebbero essere le amministrazioni più inefficienti, incapaci di spendere le risorse assegnate dall’Ue o dallo Stato centrale. Un ritorno, insomma, al vecchio centralismo. La norma che rafforza i poteri sostitutivi del governo già esiste: ora si sta cercando di renderla operativa, magari trasformando Palazzo Chigi in una sorta di ‘cabina di regia’ degli interventi di interesse nazionale o dei programmi finanziati con fondi Ue. Il cantiere è aperto. E questo potrebbe anche spiegare il malumore di molti governatori.
Un miliardo solo per gli stipendi. L'alternativa: fusioni e accorpamenti
di
ANTONIO TROISE
SU UN DATO sono tutti d’accordo, a cominciare dal premier: il regionalismo ha funzionato poco e male, alimentando sovrapposizioni e sprechi. Per restare proprio alla sanità, le regioni più piccole sono quelle che spendono di più. Ed è qui si potrebbero creare risparmi ed economie di scala, magari accentrando e riunendo ospedali e Asl.Il primo obiettivo potrebbe essere quello di rivedere l’attuale mappa geografica, riducendo il numero delle Regioni da venti a 12. Il progetto – che riproduciamo qui sopra – è stato messo nero su bianco in un ordine del giorno del senatore Pd Raffaele Ranucci, approvato da Palazzo Madama un paio di settimane fa. Un documento accolto dal governo e che ha avuto l’effetto di un sasso gettato nello stagno.
Ovviamente, la strada è lunga e piena di ostacoli: bisognerebbe cambiare l’articolo 131 della Costituzione, tema non all’ordine del giorno. Anche per questo si sta studiando il modo di ‘neutralizzare’ almeno in parte la riforma del titolo V, che aveva dato alle Regioni maggiori competenze, spingendosi sulla strada dei poteri sostitutivi. A farne le spese potrebbero essere le amministrazioni più inefficienti, incapaci di spendere le risorse assegnate dall’Ue o dallo Stato centrale. Un ritorno, insomma, al vecchio centralismo. La norma che rafforza i poteri sostitutivi del governo già esiste: ora si sta cercando di renderla operativa, magari trasformando Palazzo Chigi in una sorta di ‘cabina di regia’ degli interventi di interesse nazionale o dei programmi finanziati con fondi Ue. Il cantiere è aperto. E questo potrebbe anche spiegare il malumore di molti governatori.
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