sabato 14 novembre 2015

Il boia dell'Isis, Jihadi John, potrebbe essere stato ucciso. Accoltellato a Milano un israeliano.

 A Milano, accoltellato ebreo ortodosso. Allerta sicurezza

Giallo sulla sorte del boia dello Stato islamico, comparso nei video di molte esecuzioni. Secondo fonti Usa sarebbe stato colpito a morte. Cameron non conferma. A Milano Nathan Graff, israeliano, è in prognosi riservata ma fuori pericolo


Il boia dell'Isis, Jihadi John, potrebbe essere ucciso da un missile lanciato da un drone Usa in un raid nella città di Raqqa, in Sira, il cuore del califfato. Sulla sorte del terrorista però non c’è ancora certezza. Della sua morte ne sono convinte fonti dell’amministrazione Usa citate dal Washington Post e dalla Cnn, i primi a dare la notizia, e fonti militari di alto livello citate dalla Bbc che parlano di «elevato grado di certezza». Più cauto il premier britannico Cameron che ha speigato come il raid è stato condotto in maniera congiunta con l'intelligence britannica, come «un atto di auto-difesa» ma non ha confermato l'uccisione. Tesi sostenuta anche dall'emittente Sky News secondo cui testimoni oculari hanno riferito di aver visto portare il jihadista in ospedale: l'uomo sarebbe gravemente ferito ma ancora in vita. Gli abitanti del posto hanno però riferito sempre a Sky News che l'ospedale locale è stato chiuso al pubblico e secondo le stesse fonti questo accade solo quando un militante di alto livello è stato ucciso.
Chi è Jihadi John
Jihadi John in realtà si chiama Mohamed Emwazi, è nato in Kuwait nel 1988 ma si è trasferito con la famiglia a Londra all'età di 6 anni dove è cresciuto con un fratello e due sorelle e si è laureato in informatica.  È diventato uno degli uomini più ricercati al mondo dopo il video in cui decapitava il giornalista americano, James Foley, nell'agosto dello scorso anno. Poi ci fu quello del reporter Usa, Steven Sotloff, dell'operatore americano Abdul-Rahman Kassig, dei britannici David Haines e Alan Henning e del giornalista giapponese Kenji Goto.
«Tornerò in Inghilterra con il Califfo»
Nei video dove annunciava le macabre esecuzioni degli ostaggi stranieri è sempre comparso con il volto coperto da un passamontagna, completamente vestito di nero e con un coltello in mano. Tranne nell’ultimo video il 23 agosto scorso. Nelle immagini appariva per la prima volta a volto scoperto, per lanciare una minaccia precisa: «Sono Mohamed Emwazi. Tornerò presto in Gran Bretagna con il Califfo dove continuerò a tagliare teste e ad uccidere i miscredenti».
Milano, aggredito ebreo ortosso in strada
Si è avvicinato con il viso coperto da un passamontagna e ha colpito con l’obiettivo di uccidere: sferrando sette coltellate, alla schiena, alla gola, sulla guancia (la più profonda) e al braccio. In tutto il nord Italia è partita la caccia all’uomo che ieri sera, poco prima delle 20.30 davanti al ristorante kosher 'Carmel in viale San Gimignano, periferia sudovest di Milano ha aggredito Nathan Graff, israeliano di 40 anni. È il genero di Hetzkia Levi, uno dei rabbini della comunità ebraica di Milano ed era vestito con gli abiti tradizionali degli ebrei ortodossi. Alla moglie ha raccontato di aver sentito dei passi, poi il dolore lancinante delle pugnalate. Graff è ricoverato all’ospedale Niguarda in prognosi riservata è fuori pericolo. La paura ora è che anche in Italia ci possano essere degli episodi di emulazione dell’”intifada dei coltelli”, avviata dai palestinesi ad inizio ottobre.
La comunità ebraica: “Colpito perchè riconoscibile”
Per questo da stamattina c’è stato un vertice in prefettura a Milano in cui è stato deciso di rafforzare la sicurezza sugli obiettivi potenzialmente sensibili, a partire dalla scuola ebraica di Milano a pochi metri da dove è avvenuta l’aggressione. «Abbiamo deciso di lasciarla aperta, nonostante le pressioni che abbiamo ricevuto- spiega il vicepresidente della comunità ebraica cittadina Milo Hasbani- non abbiamo paura». «Dobbiamo continuare a fare la nostra vita normalmente- continua- anche se è un momento difficile. Sicuramente Nathan Graff era un obiettivo riconoscibile, portava i vestiti tradizionali degli ebrei ortodossi. Non sembra una questione personale ma dobbiamo augurarci che sia un episodio isolato».
Indaga l’antiterrorismo
L’indagine è ora nelle mani del procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli, che coordina il pool antiterrorismo. Gli inquirenti, prima di decidere per quale reato iscrivere il fascicolo e se contestare o meno l’aggravante di odio razziale, vogliono valutare attentamente le carte e gli accertamenti della Digos, oltre alle immagini delle telecamere di sorveglianza della zona. Al momento, spiegano gli inquirenti, non ci sono però elementi che possano far pensare a una matrice antisemita. L’uomo non  parlava arabo e non ha pronunciato frasi che possano fornire indizi sul movente. Le testimonianze sono confuse ma secondo fonti investigative l'aggressore potrebbe non aver agito da solo, insieme a lui ci sarebbero state altre due persone.

Operazione per ridurre le ferite
Le condizioni di Graff sono stabili e non è in pericolo di vita. «È in grado di parlare», fanno sapere dall'ospedale. La più grave delle ferite, quella alla guancia destra, lunga sette centimetri è stata suturata con un intervento chirurgico già in nottata. Stamattina è stato riportato in sala operatoria: i chirurghi maxillofacciali, oltre a suturare le ferite molto profonde hanno escluso eventuali danni ai nervi.
Le reazioni
La notizia dell'aggressione in breve tempo ha fatto il giro del mondo. Grande risalto è stato dato dai mass media di Israele per cui è fortissima òa preoccupazione di un effetto emulazione dell’intifada dei coltelli palestinese anche in Europa. Moltissime anche le le reazioni politiche, tra queste il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia che stamattina ha partecipato al vertice in prefettura: «Un fatto gravissimo che non può e non deve restare impunito. Voglio esprimere la mia profonda indignazione, la mia solidarietà a Nathan Graff e alla sua famiglia».

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