CACCIA:
IN ITALIA 113 VITTIME IN SOLI 46 GIORNI
di
Laura Pavesi
113
vittime, di cui 25 morti e 88 feriti, in 46 giorni: questo non è un bollettino
di guerra, ma il numero delle vittime della caccia in Italia. Cifre
impressionanti, se pensiamo che non si tratta di un dato annuale, ma riferito
solo all’ultima stagione venatoria 2012-2013 iniziata nel settembre scorso. I
dati sono stati resi noti, in questi giorni, dall’”Associazione Vittime
della Caccia”.
L’arco
temporale analizzato nel Dossier AVC va dal 1° settembre al 25 dicembre 2012, ma
i giorni di caccia effettivi all’interno di questo periodo non sono 116, bensì
46, se si considera il fatto che i giorni previsti dai calendari venatori sono 5
a settimana e, di questi, in genere, solo 3 sono fruibili a scelta del
cacciatore.
Da
settembre a Natale, quindi, in soli 46 giorni effettivi di stagione venatoria,
le vittime in Italia sono già state 113 (25 i morti e 88 i feriti) e sono così
suddivise:
-
87 vittime tra gli stessi cacciatori - di cui 18 morti e 69 feriti;
-
26 vittime tra la gente comune - di cui 7 morti e 19 feriti, ma tra questi
ultimi si contano addirittura 9 i minori vittime di caccia: 5 morti e 4
feriti.
Su
25 morti a causa di armi da caccia durante la stagione venatoria 2012-2013, ben
5 (cioè il 20%) sono minorenni. In Italia l’esercizio della caccia è vietato ai
minori di 18 anni, ma - di fatto - non esiste alcuna norma a tutela dei bambini
che vengono condotti a caccia da genitori o parenti. Ecco perché non mancano,
ogni anno, casi di bambini feriti o uccisi dalle stesse armi utilizzate dai
cacciatori, sia mentre i minori accompagnano gli adulti nelle battute, sia a
causa dell’omessa custodia di armi da caccia.
Va
precisato che i dati resi noti dall’AVC escludono tutti i casi di vittime dovute
a cadute, infarti o incidenti di altra natura che non siano le armi da caccia.
Sono, inoltre, esclusi dal conteggio tutti casi di suicidio con armi da caccia -
salvo se trattasi di minori d’età. Al contrario delle statistiche diffuse da
molte associazioni venatorie, che risultano sensibilmente inferiori, i dati AVC
annoverano tra le vittime anche la gente comune, cioè anche chi non possiede un
regolare porto d’armi uso caccia.
Oltre
alle vittime della caccia, vengono registrati ed analizzati anche tutti i casi
"di ordinaria follia" nei quali, per pure coincidenze fortuite, i soggetti
coinvolti non sono andati ad infoltire la lista delle vittime di caccia, e i
casi di abusi perpetrati ai danni dei cittadini italiani, spesso minacciati, in
casa propria, dalle armi e dall'arroganza dei cacciatori.
In
un comunicato stampa diffuso il 26 dicembre 2012, infatti, si
legge: “Unendo i dati dei casi delle vittime con i dati dei casi più fortunati,
ne risulta un quadro di reale allarme sociale, sia per la frequenza degli
accadimenti, sia per l'aggressività degli abusi, a cui la politica e la società
civile non può non rispondere con norme sempre più restrittive e tese a ridurre
drasticamente l'interesse e la gestione venatoria del territorio, per garantire
il bene comune, il bene privato e i diritti inalienabili dei cittadini”.
Ma
non è tutto. L’AVC denuncia anche gli incidenti che avvengono in zone vietate
alla caccia e in aree protette. La vigilia di Natale, ad esempio, a Rocca di
Papa (Roma) un cacciatore è rimasto vittima del “fuoco amico” all’interno del
Parco Regionale dei Castelli Romani. "Grave episodio, l’ennesimo, accaduto in
zone assolutamente vietate alla caccia”: è questo il commento di Daniela
Casprini, presidente dell'Associazione Vittime della Caccia.
“In
tutta l'area deve essere vietata la caccia in modo esplicito e circoscritto ed è
per questo che del problema investiremo, ancora una volta, la Prefettura e i
sindaci di Artena e Rocca Di Papa, affinché intervengano a tutela delle persone
che vivono e frequentano il Parco Regionale dei Castelli Romani e le zone
circostanti”. “Da quattro anni”, precisa Daniela Casprini, “denunciamo questi
abusi in nome e per conto degli abitanti della zona per riportare la legalità,
ovvero l'applicazione di norme scontate, sia per legge che per buon senso.
Quanti altri fatti di sangue dobbiamo contare, prima di vedere accolte queste
sacrosante richieste?".
E
prosegue: “Sempre più cittadini invocano, quanto meno, una drastica riduzione
della caccia e un’intensa vigilanza, sia sul territorio, sia sugli esercenti di
questa attività armata, troppo spesso fuori da ogni controllo ed auto-controllo.
Auspicabile, infatti una seria riforma della legge sulla caccia tesa non più a
stabilire dove 'non si può' cacciare, ma dove e se questo è compatibile con il
contesto antropico, faunistico-ambientale e sulla base di criteri di pubblica
sicurezza applicati sul territorio”.
Secondo
l’Associazione Vittime
della Caccia, in Italia urge una seria riflessione sul tema e servono
provvedimenti e norme atti, in modo particolare, a:
-
vietare la partecipazione dei minori alle battute di caccia, anche solo come
accompagnatori (a questo proposito, l’AVC ha lanciato lo scorso anno un appello a tutte le mamme italiane);
-
rivedere la disponibilità di territorio fruibile ai cacciatori, per il rispetto
del quieto vivere e delle attività all'aperto di tutti i cittadini italiani che
vivono o frequentano, a vario titolo, i territori agro-silvo-pastorali;
-
intensificare i controlli e la vigilanza sull'attività venatoria;
-
aumentare le distanze di sicurezza e vietare l'accesso ai fondi privati, quando
non espressamente consentito dal proprietario;
-
sottoporre i cacciatori ad esami psicoattitudinali e di idoneità fisica ogni
anno, anziché ogni 6 anni;
-
avviare la ricerca di metodi incruenti per il contenimento demografico delle
specie considerate in sovrannumero, con il supporto e la guida dell'ISPRA e del
mondo scientifico;
-
infine – cosa considerata molto importante per il suo valore educativo e
simbolico - sospendere per un periodo di tempo non recuperabile la stagione
venatoria, ogni volta che si verificano episodi mortali.
“Da
aggiungere”, ad avviso dell'Associazione Vittime della caccia”, conclude Daniela
Casprini, “l'alcol test da effettuarsi sui cacciatori fermati durante i
controlli di vigilanza o quando maneggiano, comunque, un'arma. Tali misure, sono
fortemente volute e sentite dalla maggioranza dei cittadini, che non intendono
più subire la violenza della caccia in ogni sua forma e che, invece, chiedono a
gran voce l'abolizione di questa pratica crudele, ormai obsoleta,
pericolosissima e invisa dai più”.
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