lunedì 18 febbraio 2013

Sanremo: vince Mengoni, due premi per Elio e Le Storie Tese


Sanremo: vince Mengoni, due premi per Elio e Le Storie Tese

di Cristiano Sanna (nostro inviato)
E' L'essenziale di Marco Mengoni la canzone regina dell'edizione numero 63 di Sanremo. Era il super favorito, il televoto lo amava, i pronostici sono stati rispettati. Ecco i fiori che non vedrete sul palco di Sanremo. Lo scrivono sulle loro bancarelle piene di vasi colorati e petali al sole, i commercianti di via Manzoni e piazza Colombo. Pochissimi fiori sul palco del Festival. E' la spia di quanto l'evento tv sia lontano dalla realtà e di quanto poco il Festival impatti positivamente sull'economia del posto. L'Italia della crisi si salva con i lustrini televisivi e una gran dose di "unza unza" un po' ska e un po' swing veloce, vero tormentone di questa edizione. Nel Sanremo preda dei talent show (sì, anche quest'anno, nonostante le apparenze) vincono ancora gli amici di Maria e i nipotini di X-Factor. Premio della critica Mia Martini a Elio e Le Storie Tese, così come il premio per il miglior arrangiamento assegnato dall'orchestra.
L'emozione di Marco - "Dedico la mia vittoria a tutto il mio gruppo di lavoro che ha lavorato sodo per creare un nuovo progetto seguendomi fino a qui. Dedico questa vittoria anche a Luigi Tenco e ringrazio la sua famiglia" sono le prime emozionatissime parole di Marco Mengoni, stravolto dalla felicità. "Credo di essere un po' cresciuto in questi anni grazie alle collaborazioni che ho avuto. E' ancora un mondo un po' strano per me questo della musica, ma grazie a tutti".
Wagner, Verdi e l'orchestra allo stremo - Si comincia con Wagner e Verdi e si prosegue con la lettera degli orchestrali di Sanremo affidata alla lettura alla Littizetto. Alla canna del gas pure loro come troppi altri professori d'orchestra in Italia. Contratto di solidarietà e l'ennesima orchestra lasciata in agonia. Il paradosso si ripete e sul filo del paradosso gioca anche il monologo di Luciana Littizzetto. Elogio della bruttezza in un mondo che chiede a tutti di essere belli: la bellezza aiuta, spalanca porte, ma non è tutto dice Lucianina. "Lo dimostrano Ennio Flaiano, Ave Ninchi, Nicola Arigliano, il pittore Ligabue e perfino Noé, che non era bellissimo ma ha salvato un sacco di bestie". Una serata che scorre senza grandi guizzi. Non il numero di Bisio, con la prima parte riciclata pari pari da un suo vecchio spettacolo teatrale, Quella vacca di Nonna Papera. Nemmeno con il ritorno sul palco Sanremese di Andrea Bocelli, il tenore pop italiano più amato dagli americani, che insieme al figlio Amos al piano ha proposto le sue versioni di Love Me Tender Quizas Quizas Quizas. Bella e algida Bianca Balti, ex attivista no global ora top model miliardaria giunta sul palco dell'Ariston a piedi nudi. Divertenti i siparietti della Littizzetto con il monumentale rugbista Martin Castrogiovanni. "Parla con l'accento di Belen ed è pettinato come lei" punge Luciana, lui risponde divertito: "La farfalla non ce l'ho". La Littizzetto chiude fra le risate: "La metto io".
Elii grassissimi e lo scivolone di Bianca - In chiusura di serata ecco Birdy, la ragazzina inglese di sedici anni divenuta un fenomeno pop milionario anche grazie all'uso accorto di Internet (discografici e produttori italiani, studiate). Ma ad entusiasmare l'Ariston, tra i tanti big tutti concentrati nella gara, sono gli Elio e Le Storie Tese resi grassissimi dal trucco e parrucco, quasi un omaggio agli sketch dei Monty Python, e sempre impeccabili nell'esecuzione. E un Max Gazzé con lente a contatto Marilyn Manson style che nel finale del suo brano ruba la bacchetta al direttore d'orchestra e dirige la platea nel coro all'unisono. Come pure il duello in passerella che vede, a sorpresa, perdere la Balti che scivola in modo inatteso, mentre la Littizzetto fa il giro del palco sulle note della famosa marcia circense. Poi arrivano i premi, arriva Marco adorato dalle ragazzine e dal grande pubblico. Sanremo rispetta le sue tradizioni, nemmeno la furbesca bravura musicale di Elio e soci riesce a scalfirla. Forse è giusto così.

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