L’INQUINAMENTO DELL’ARIA: UCCIDE PIÙ 5,5 MILIONI DI PERSONE ALL’ANNO IN TUTTO IL MONDO
Una nuova ricerca presentata da un team di ricercatori canadesi, statunitensi, cinesi e indiani al 2016 annual meeting dell’American Association for the Advancement of Science (AAAS) dimostra che ogni anno nel mondo muoiono più di 5,5 milioni di persone a causa dell’inquinamento dell’aria esterno o all’interno delle case e che più della metà dei decessi si verifica in due delle economie a più rapida crescita del mondo: Cina e India. La ricerca fa parte dello studio globale Global Burden of Disease, una collaborazione internazionale guidata dall’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell’Università di Washington, che tra il 1990 e il 2013 ha analizzato sistematicamente in 188 Paesi la salute e i suoi fattori di rischio, tra cui i livelli di inquinamento atmosferico. A capo della ricerca sull’inquinamento atmosferico ci sono gli scienziati dell’Università della British Columbia e dell’Health Effects Institute. Secondo il Global Burden of Disease Study, l’inquinamento atmosferico provoca più morti di malnutrizione, obesità, abuso di alcol e droghe e del sesso non sicuro.
I ricercatori spiegano che killer sono molti: centrali elettriche, produzione industriale, emissioni dei veicoli e riscaldamento a carbone e a legna rilasciano piccole particelle nell’aria che sono pericolosi per la salute umana e dicono che «Nonostante gli sforzi per limitare le emissioni future, il numero di decessi prematuri legati all’inquinamento atmosferico salirà nei prossimi due decenni, a meno che non vengano fissati obiettivi più aggressivi». Le malattie cardiovascolari rappresentano la maggior parte delle morti da inquinamento atmosferico, con impatti ulteriori per quanto riguarda il cancro ai polmoni, le malattie polmonari croniche ostruttive e le infezioni respiratorie. I ricercatori evidenziano che un rigoroso controllo del particolato è essenziale anche a causa degli imponenti cambiamenti demografici in corso: se livelli di inquinamento atmosferico resteranno costanti, il numero di morti aumenterà, perché la popolazione invecchia e le persone anziane sono più suscettibili alle malattie causate dalla cattiva qualità dell’aria.
Il leader del team di ricerca, il canadese Michael Brauer, Michael Brauer, della School of population and public health dell’Università della British Columbia, sottolinea che «Globalmente l’inquinamento atmosferico è il quarto fattore di rischio più elevato come causa di morte e di gran lunga il principale fattore di rischio ambientale per le malattie. Ridurre l’inquinamento dell’aria è un modo incredibilmente efficace per migliorare la salute di una popolazione».
Al meeting AAAS i ricercatori provenienti hanno presentato le stime dei livelli di inquinamento atmosferico in Cina e India e ne hanno calcolato l’impatto sulla salute e dal loro studio viene fuori che «I due Paesi rappresentano il 55% delle morti causate da inquinamento atmosferico in tutto il mondo. Nel 2013 circa 1,6 milioni di persone sono morte di inquinamento atmosferico in Cina e in India ci sono stati 1,4 milioni di morti».
In Cina il maggior responsabile di queste morti è la combustione del carbone. Qiao Ma, della Scuola per l’ambiente dell’Università di Tsinghua di Pechino, ha scoperto che, da solo, l’estremo inquinamento da carbone dell’aria nel 2013 ha provocato almeno 366.000 morti in Cina. Ma ha anche calcolato il numero previsto di morti premature in Cina in futuro: anche se la Repubblica Popolare riuscisse a rispettare i suoi attuali obiettivi per limitare la combustione del carbone e le emissioni attraverso una combinazione di politiche energetiche e dei controlli dell’inquinamento, nel 2030 l’inquinamento atmosferico provocherà comunque da 990.000 a 1,3 milioni di morti premature, a meno che la Cina non approvi obiettivi ancora più ambiziosi. Ma ha sottolineato che «Il nostro studio evidenzia anche la necessità urgente di strategie più aggressive per ridurre le emissioni da carbone e da altri settori. Concludiamo che le riduzioni in questi settori, come in ambito domestico e nella combustione industriale del carbone, può portare a una forte riduzione del peso della malattia. Quindi, questi settori dovrebbero avere la priorità nelle politiche energetiche e della qualità dell’aria».
Le linee guida sulla qualità dell’aria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dicono che il particolato giornaliero non deve superare i 25 microgrammi per metro cubo. Nell’inverno 2015-2016 a Pechino e New Delhi si registrano livelli giornalieri pari o superiore a 300 microgrammi per mc, il 1.200% superiore alle linee guida dell’OMS.
In India, una delle principali cause della scarsa qualità dell’aria è la pratica di bruciare legno, letame e altre biomasse per cucinare e riscaldarsi. Milioni di famiglie, soprattutto quelle più povere, sono regolarmente esposte ad elevati livelli di particolato nelle loro case. Chandra Venkataraman, un ingegnere chimico dell’Indian Institute of Technology Bombay, ha detto che «L’India ha bisogno di un triplice approccio alla mitigazione per affrontare la combustione industriale del carbone, la combustione all’aria aperta per l’agricoltura e le fonti dell’inquinamento atmosferico nelle abitazioni». Anche per l’India le previsioni sono terribili, a meno che il Paese si impegni a realizzare quel che Venkataraman definisce «Uno scenario molto stringente e ambizioso per la riduzione delle emissioni. La sfida di fornire soluzioni economiche e pulite per l’energia residenziale, della dimensione di diverse centinaia di milioni di famiglie in tutto il mondo, ha bisogno di una impegnativa partnership globale».
L’inquinamento fa vittime anche nei Paesi sviluppati, sebbene negli ultimi 50 anni, il Nord America, l’Europa occidentale e il Giappone abbiano fatto enormi passi avanti per combattere l’inquinamento utilizzando carburanti più puliti, veicoli più efficienti, limitando la combustione del carbone e mettendo limiti alle emissioni di centrali elettriche e fabbriche. Ma anche se l’aumento dei livelli globali di inquinamento dell’aria dipendono in gran parte dalla situazione nell’Asia del sud, nel Sud-Est asiatico e in Cina e più dell’85% della popolazione mondiale vive in aree in cui vengono superati i limiti delle linee guida dell’OMS.
Dan Greenbaum, presidente dell’Health Effects Institute, una ONG di Boston che si occupa di individuare le differenti forme di inquinamento, conclude: «Essendo stato incaricato di progettare e attuare strategie per migliorare la qualità dell’aria negli Stati Uniti, so quanto sia difficile. I Paesi in via di sviluppo hanno un compito enorme di fronte a loro. Questa ricerca aiuta a guidarli lungo questa strada, identificando le azioni che possono meglio rafforzare la salute pubblica».
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