La cecità dell’Unione Europea di fronte alla strategia militare degli Stati Unitiby supermarco |
di
Thierry Meyssan
Traduzione:
Luisa
Martini
Fonte:
Megachip-Globalist
(Italia)
I
dirigenti dell’Unione Europea si trovano improvvisamente a confrontarsi con
situazioni impreviste. Da una parte, attentati o tentativi di attentati commessi
o preparati da individui che non appartengono a gruppi politici identificati;
dall’altra, attraverso il Mediterraneo, un afflusso di migranti, molte migliaia
dei quali muoiono alle loro porte.
In
assenza di analisi strategica, questi due ordini di avvenimenti sono considerati
a priori senza relazione tra loro e sono trattati da amministrazioni differenti.
I primi afferiscono ai servizi segreti e alla polizia, i secondi alle dogane e
al Ministero della Difesa. Essi hanno tuttavia un’origine comune: l’instabilità
politica nel Levante e in Africa.
L’Unione
Europea si è privata dei mezzi per comprendere
Se
le accademie militari dell’Unione Europea avessero fatto il loro lavoro, già da
una quindicina d’anni avrebbero studiato la dottrina del “grande fratello”
statunitense. In effetti, da lunghissimi anni, il Pentagono pubblica ogni sorta
di documenti sulla “teoria del caos” improntata alla filosofia di Leo Strauss.
Ancora qualche mese fa, un funzionario che avrebbe dovuto essere in pensione da
più di 25 anni, Andrew Marshall, disponeva di un budget di 10 milioni di dollari
annui per condurre ricerche su questo argomento [1]. Ma nessuna
accademia militare della UE ha seriamente studiato questa dottrina e le sue
conseguenze. Sia perché si tratta di una forma di guerra barbara, sia perché è
stata concepita da un maître à penser delle élites ebraiche statunitensi [2].
Se
i politici dell’Unione Europea avessero viaggiato un minimo, non soltanto in
Iraq, in Siria, in Libia, nel Corno d’Africa, in Nigeria e nel Mali, ma anche in
Ucraina, avrebbero visto con i loro stessi occhi l’applicazione di questa
dottrina strategica. Ma si sono accontentati di venire a parlare in un edificio
nella zona verde di Bagdad, su una strada a Tripoli o sulla piazza Maidan di
Kiev. Essi ignorano ciò che vivono le popolazioni, e su richiesta del loro
“grande fratello” hanno spesso chiuso le loro ambasciate così che si sono
privati di occhi e orecchie sul posto. Meglio ancora, essi hanno sottoscritto -
sempre su richiesta del loro “grande fratello” - delle forme di embargo, in modo
che nemmeno alcun uomo d’affari andrà più sul posto a vedere che cosa
succede.
Il
caos non è un accidente, è l’obiettivo
Contrariamente
a quel che ha detto il presidente François Hollande, la migrazione dei libici
non è la conseguenza di una “mancanza di seguito” dell’operazione “Protettore
unificato”, bensì il risultato ricercato attraverso questa operazione nella
quale il suo Paese giocava un ruolo guida. Il caos non si è creato perché i
“rivoluzionari libici” non hanno saputo accordarsi tra loro dopo la “caduta” di
Muammar Gheddafi: esso era l’obiettivo strategico degli Stati Uniti. Ed è stato
raggiunto. Non c’è mai stata una “rivoluzione democratica” in Libia, ma una
secessione della Cirenaica. Non c’è mai stata applicazione del mandato dell’ONU
che mirava a “proteggere la popolazione”, ma c’è stato il massacro di 160.000
libici, tre quarti dei quali civili, sotto i bombardamenti dell’Alleanza (cifre
della Croce Rossa Internazionale).
Ricordo
di essere stato sollecitato a far da testimone, prima che integrassi il governo
della Jamahirya araba libica, in occasione di un incontro a Tripoli tra una
delegazione statunitense e dei rappresentanti libici. In occasione di quella
lunga conversazione, il capo della delegazione USA ha spiegato ai suoi
interlocutori che il Pentagono era pronto a salvarli da morte certa, ma esigeva
che gli fosse consegnata la Guida. Ha aggiunto che, quando Gheddafi fosse morto,
la società tribale non sarebbe arrivata ad approvare un nuovo capo prima di
almeno una generazione, e il Paese sarebbe allora sprofondato in un caos mai
visto prima. Ho riferito questo colloquio in numerose occasioni e non ho
cessato, dal linciaggio della Guida, nell’ottobre 2011, di predire ciò che
avviene oggi.
La
“teoria del caos”
Quando,
nel 2003, la stampa statunitense ha cominciato a evocare la “teoria del caos”,
la Casa Bianca ha risposto evocando un “caos costruttivo”, lasciando intendere
che si sarebbero distrutte delle strutture oppressive affinché la vita potesse
sgorgare senza ostacoli.
Ma
né Leo Strauss né il Pentagono, fino a quel momento, avevano mai utilizzato
questa espressione. Al contrario, secondo loro, il caos doveva essere tale che
niente potesse strutturarsi, tranne la volontà del Creatore dell’Ordine nuovo,
gli Stati Uniti [3].
Il
principio di questa dottrina strategica può essere così riassunto: il modo più
semplice per saccheggiare le risorse naturali di un Paese sul lungo periodo non
è occuparlo, ma distruggere lo Stato. Senza Stato, niente esercito. Senza
esercito nemico, nessun rischio di sconfitta. Da quel momento, l’obiettivo
strategico delle forze armate USA e dell’alleanza che esse guidano, la NATO,
consiste esclusivamente nel distruggere Stati. Ciò che accade alle popolazioni
coinvolte non è un problema di Washington.
Questo
progetto è inconcepibile per degli europei, i quali, dalla guerra civile
inglese, sono stati convinti dal Leviatano di Thomas Hobbes che è necessario
rinunciare a certe libertà, o addirittura accettare uno Stato tirannico,
piuttosto che venire sprofondati nel caos.
L’Unione
Europea nega la propria complicità con i crimini USA
Le
guerre in Afghanistan e in Iraq sono già costate la vita a 4 milioni di persone
[4]. Sono state
presentate al Consiglio di Sicurezza come risposte necessarie “per legittima
difesa”, ma oggi si ammette che erano state pianificate ben prima dell’11
settembre in un contesto molto più ampio di “rimodellamento del Medio Oriente
allargato”, e che le ragioni invocate per scatenarle non erano che invenzioni di
propaganda.
Si
usa riconoscere i genocidi commessi dal colonialismo europeo, ma sono rari
coloro che oggi ammettono questi 4 milioni di morti malgrado gli studi
scientifici che li attestano. Il fatto è che i nostri genitori erano “cattivi”,
ma noi siamo “buoni” e non possiamo essere complici di questi orrori.
È
cosa comune prendersi gioco di questo povero popolo tedesco che conservò fino
alla fine la fiducia nei suoi dirigenti nazisti e soltanto dopo la sconfitta
prese coscienza dei crimini commessi a suo nome. Ma noi agiamo esattamente allo
stesso modo. Conserviamo la nostra fiducia nel nostro “grande fratello” e non
vogliamo vedere i crimini nei quali ci coinvolge. Sicuramente, i nostri figli si
faranno beffe di noi...
Gli
errori di interpretazione dell’Unione Europea
Nessun
dirigente europeo occidentale, assolutamente nessuno, ha osato considerare
pubblicamente che i rifugiati provenienti da Iraq, Siria, Libia, corno d’Africa,
Nigeria, Mali, non fuggono da dittature, ma dal caos in cui noi abbiamo
volontariamente, ma incoscientemente, affondato i loro Paesi.
Nessun
dirigente europeo occidentale, assolutamente nessuno, ha osato considerare
pubblicamente che gli attentati “islamisti” che toccano l’Europa non sono
l’estensione delle guerre del Medio Oriente allargato, ma sono commissionati
dagli stessi che hanno commissionato il caos in quella regione. Noi preferiamo
continuare a pensare che gli “islamisti” ce l’abbiano con gli ebrei e con i
cristiani, mentre l’immensa maggioranza delle loro vittime non sono né ebree né
cristiane, ma musulmane. Imperturbabili, noi li accusiamo di promuovere la
“guerra di civiltà”, quando questo concetto è stato forgiato in seno al
Consiglio di sicurezza nazionale degli USA e resta estraneo alla loro cultura
[5].
Nessun
dirigente europeo occidentale, assolutamente nessuno, ha osato considerare
pubblicamente che la prossima tappa sarà l’«islamizzazione» delle reti di
diffusione delle droghe sul modello dei Contras del Nicaragua che vendevano
droga nella comunità nera della California con l’aiuto e sotto gli ordini della
CIA [6]. Noi abbiamo
deciso di ignorare che la famiglia Karzai ha ritirato la distribuzione
dell’eroina afgana alla mafia kosovara e l’ha trasmessa a Daesh [7].
Gli
Stati Uniti non hanno mai voluto che l’Ucraina si unisse alla UE
Le
accademie militari dell’Unione Europea non hanno studiato la “teoria del caos”
perché è stato loro vietato. Quei pochi insegnanti e ricercatori che si sono
avventurati su quel terreno sono stati pesantemente sanzionati, mentre la stampa
ha etichettato come “cospirazionisti” gli autori civili che se ne
interessavano.
I
politici dell’Unione Europea pensavano che gli avvenimenti di piazza Maidan
fossero spontanei e che i manifestanti si augurassero di abbandonare l’orbita
autoritaria russa e di entrare nel paradiso della UE. Sono rimasti stupiti dalla
pubblicazione della conversazione della sottosegretaria di Stato, Victoria
Nuland, che alludeva al proprio segreto controllo degli avvenimenti e affermava
che il suo obiettivo era di “fottere la UE” [!] [8]. Da quel
momento, non hanno più capito niente di quel che stava succedendo.
Se
avessero lasciato libera la ricerca nei loro Paesi, avrebbero capito che
intervenendo in Ucraina e organizzandovi il “cambio di regime”, gli Stati Uniti
si assicuravano che l’Unione Europea restasse al loro servizio. La grande
angoscia di Washington, dal discorso di Vladimir Putin alla Conferenza sulla
sicurezza di Monaco del 2007, è che la Germania si renda conto di dove stia il
proprio interesse: non con Washington, ma con Mosca [9]. Distruggendo
progressivamente lo Stato ucraino, gli USA tagliano la principale via di
comunicazione tra l’Unione Europea e la Russia. Potreste girare e rigirare in
tutti i modi la successione degli avvenimenti, ma non potreste trovare un altro
senso. Washington non si augura che l’Ucraina si unisca alla UE, come attestano
i propositi della signora Nuland. Il suo unico scopo è di trasformare questo
territorio in una zona pericolosa da attraversare.
La
pianificazione militare USA
Eccoci
dunque di fronte a due problemi che si sviluppano molto rapidamente: gli
attentati ’islamisti’ non sono che all’inizio. Le migrazioni sono triplicate nel
Mediterraneo nell’arco di un solo anno.
Se
la mia analisi è esatta, nel corso del prossimo decennio vedremo raddoppiare gli
attentati “islamisti” legati al Medio Oriente allargato e all’Africa e gli
attentati “nazisti” legati all’Ucraina. Si scoprirà allora che Al Qaeda e i
nazisti ucraini sono collegati fin dal loro congresso comune a Ternopol
(Ucraina) nel 2007 [L’8 maggio 2007 (anniversario della caduta del regime
nazista tedesco), a Ternopol (ovest dell’Ucraina), dei gruppuscoli nazisti e
islamisti creano un sedicente Fronte anti-imperialista al fine di lottare contro
la Russia. Organizzazioni da Lituania, Polonia, Ucraina e Russia vi partecipano,
tra cui i separatisti islamisti di Crimea, Adighezia, Daghestan, Inguscezia,
Cabardino-Balcaria, Karačaj-Circassia, Ossezia, Cecenia. Non potendo partecipare
a causa delle sanzioni, Dokka Umaroy invia un contributo. Il Fronte è presieduto
da Dmytro Yarosh, divenuto oggi consigliere del Ministero della Difesa ucraino].
In realtà, i nonni degli uni e degli altri si conoscono dalla seconda guerra
mondiale. I nazisti avevano allora reclutato dei musulmani sovietici per lottare
contro Mosca (era il programma di Gerhard von Mende all’Ostministerium). Alla
fine della guerra, gli uni e gli altri erano stati recuperati dalla CIA (il
programma di Frank Wisner con l’AmComLib) per condurre delle operazioni di
sabotaggio in URSS.
Le
migrazioni nel Mediterraneo, che per il momento sono soltanto un problema
umanitario (200.000 persone nel 2014), continueranno a crescere fino a divenire
un grave problema economico. Le recenti decisioni della UE di andare ad
affondare i barconi dei trafficanti in Libia non serviranno a bloccare le
migrazioni, ma a giustificare nuove operazioni militari per mantenere il caos in
Libia (e non per risolverlo).
Tutto
ciò provocherà disordini importanti nell’Unione Europea che pare oggi un’oasi di
pace. Per la classe dirigente di Washington non si tratta di distruggere questo
mercato che continua a restarle indispensabile, ma di assicurarsi che non si
ponga mai in competizione con essa, e di limitare il suo sviluppo.
Nel
1991, il presidente Bush padre incaricò un discepolo di Leo Strauss, Paul
Wolfowitz (allora sconosciuto al grande pubblico), di elaborare una strategia
per l’era post sovietica. La “Dottrina Wolfowitz” spiegava che la supremazia
degli USA sul resto del mondo esige, per essere garantita, di imbrigliare
l’Unione Europea [10]. Nel 2008,
all’epoca della crisi finanziaria negli Stati Uniti, la presidente del Consiglio
economico della Casa Bianca, la storica Christina Rohmer, spiegò che l’unico
mezzo per riportare a galla le banche era di fermare i paradisi fiscali dei
Paesi terzi, e poi provocare dei disordini in Europa in modo che i capitali
rifluissero verso gli Stati Uniti. In definitiva, Washington si propone oggi di
far alleare il NAFTA e l’Unione Europea, il dollaro e l’euro, e di abbassare gli
Stati membri dell’Unione al livello del Messico [11].
Sfortunatamente
per loro, né i popoli dell’Unione Europea, né i loro dirigenti hanno coscienza
di quel che il presidente Barack Obama prepara loro.
Nessun commento:
Posta un commento