La prima settimana della Mostra di Venezia 2012 è stata segnata dal cinema documentario: dopo l'interessante «Enzo Avitabile Music Life» di Jonathan Demme e l'ottimo «Bad 25» di Spike Lee, anche il nostro paese ha proposto alcuni titoli con uno sguardo diretto sulla realtà.
Se Carlo Mazzacurati ha voluto raccontare i «Medici con l'Africa», Daniele Vicari ha toccato una delle pagine più sconvolgenti della nostra storia recente.
Era l'8 agosto del 1991, quando la nave da carico Vlora attraccò al porto di Bari con ventimila albanesi a bordo: migliaia di questi erano saliti sul gigantesco mercantile, giunto a Durazzo il giorno precedente con un carico di zucchero proveniente da Cuba, privi di acqua e cibo, spinti soltanto dal desiderio di avere una vita migliore.
Arrivati in prossimità delle coste pugliesi molti si getteranno in mare per raggiungere il prima possibile la "nazione dei loro sogni", ma, una volta arrivati a terra, troveranno un'accoglienza molto diversa da quella che avevano immaginato.
Dopo il successo dell'ottimo «Diaz», opera di finzione sull'evento più drammatico del G8 di Genova, Daniele Vicari torna al genere documentaristico per raccontare, con grande maturità narrativa, tutte le fasi dello sbarco: dalla partenza in Albania al duro discorso pronunciato da Francesco Cossiga alcuni giorni dopo.
L'allora Presidente della Repubblica attaccò pubblicamente Enrico Dalfino, sindaco di Bari, e la sua amministrazione per le modalità con cui fu gestita la situazione: in particolare perché le decine di migliaia d'immigrati furono rinchiusi per diversi giorni all'interno dello stadio San Nicola, dove le pessime condizioni igieniche, oltre alla difficoltà di distribuire cibo e acqua per tutti, provocarono il caos tra i presenti.
Esattamente come in «Diaz», quello che colpisce maggiormente nel lavoro del regista è la sua capacità di rendere al meglio la coralità degli eventi mostrati: attraverso l'enorme mole di materiale di repertorio a disposizione, Vicari riesce a trasmettere i diversi sentimenti provati dagli albanesi nel corso della loro avventura. Dall'eccitazione iniziale, passando per la progressiva perdita di ogni speranza, fino alla rassegnazione finale, dipinta sui volti di tutto coloro che furono rispediti in Albania.
Al racconto della vicenda si alternano mirabilmente le interviste a diverse persone che si trovavano sulla nave: tra questi da segnalare la presenza di Kledi Kadiu, il noto ballerino scoperto da Maria De Filippi, a quei tempi un diciassettenne che, come tanti altri, immaginava l'Italia come quel paradiso di fratellanza e divertimento, ammirato ogni giorno in televisione.