Franco Fiorito e i guai del Pdl Lazio
Franco Fiorito (LaPresse)Lo scandalo della regione Lazio non accenna a placarsi. Franco Fiorito appare a sorpresa come ospite da Bruno Vespa a Porta a Porta per raccontare la sua versione dei fatti: "Io non ho rubato nulla;
tutti pensano che io abbia preso soldi e che li abbia tenuti in qualche
cassaforte. Invece, come ho dimostrato anche alla magistratura, le mie
spese sono state tutte rendicontate". Sarà questione di punti di
vista, ma secondo l'ex capogruppo del Pdl nella regione Lazio i soldi
incriminati sarebbero "legittimi", ovvero previsti dallo Stato. Vien da
pensare che il gagliardo "er Batman" abbia le idee confuse in fatto di
denaro pubblico speso in modo legittimo e illegittimo. Prima la sua
giustificazione spocchiosa rispetto ad una spesa di 81 euro al Gs di
Anagni col bancomat del partito: "Non entro in un supermercato da oltre vent'anni, sarà stata la mia segretaria a comprarmi un panino, vuol dire che verrò crocifisso per un panino con la porchetta", poi la dichiarazione di innocenza: "Alla fine la vittima sono io; c'è stata una congiura nei miei confronti".
Prima la candida ammissione circa gli stipendi milionari: "Ma noi prendiamo uno stipendio superiore al presidente della Repubblica, magari sarà vergognoso che noi utilizziamo somme del genere. Ma dire che ho rubato è una falsità assoluta", poi
quella di aver usato i soldi del Pdl in più occasioni (si parla di 109
bonifici sul suo conto personale), tra cui l'immancabile vacanza in
Costa Smeralda con l'ex fidanzata Sissi (un contratto per sei mesi da
due mila euro al mese in regione come segretaria): "Non funzionava la carta di credito, non volevo fare una figuraccia". Buffo,
se si considerano i suoi innumerevoli conti bancari (ben nove) e il suo
compenso netto come consigliere, Presidente della commissione Bilancio e
Presidente del gruppo in regione di circa 31 mila euro mensili (più i
21 mila come capogruppo).Al netto di tutto, forse, la tesi della congiura è un po' azzardata. Perché se da un lato è stata messa agli atti dalla Procura una lettera datata 18 luglio consegnata in Giunta in cui Fiorito richiamava all'ordine i consiglieri spendaccioni, dall'altra è lui stesso ad ammettere di essere al corrente da tempo circa le spese pazze dei suoi colleghi, di cui aveva imparato col tempo a conoscere "le debolezze" e le "giustificazioni palesemente ingiustificate e ingiustificabili". Infine, la sua dichiarazione definitiva che sottolinea la confusione dell'ex capogruppo e che suona come un mantra surreale: "Quei soldi non erano denaro pubblico. Erano denaro della politica. Dei partiti, che restano pur sempre associazioni private. Per quanto, mi rendo conto, la cosa non possa piacere". E Renata Polverini sapeva? Forse, ma anche qui aleggia il caos più totale.
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