IL
CEMENTO SELVAGGIO SOFFOCA L’ITALIA: I DATI ISPRA
di
Silvana Santo
Ogni
secondo che passa, in Italia vengono cementificati mediamente 7 nuovi metri quadri di suolo, a un
ritmo che dura ormai da 50 anni a questa parte. È uno dei dati più allarmanti
tra quelli contenuti nell’Annuario dei dati ambientali dell’Istituto Superiore
per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), che ogni anno fotografa la
situazione ambientale del nostro Paese.
Dal
secondo dopoguerra a oggi, il consumo di suolo ha raggiunto livelli sempre più preoccupanti:
8 metri quadri al secondo allo stato attuale, 7 metri quadri se si considera la
media dell’ultimo mezzo secolo. In pratica, spiega l’ISPRA, ogni 5 mesi viene
cementificata una superficie pari a quella del comune di Napoli e ogni anno una
superficie pari alla somma di quelle dei comuni di Milano e Firenze.
Un
problema, quello della cementificazione selvaggia, che si porta dietro numerose
altre conseguenze sul piano ambientale, dal dissesto idrogeologico alla perdita di patrimonio forestale.
Tanto che al momento sono circa 6 milioni gli italiani che vivono in aree
soggette a pericolo di alluvioni, un rischio enfatizzato tra l’altro
dall’aumento di eventi meteorologici estremi legati al cambiamento
climatico.
Anche
i polmoni verdi del Paese sono sempre più minacciati dal crescente consumo di
suolo, ma negli ultimi 25 anni questo fenomeno è stato in una certa misura
bilanciato dalla perdita progressiva di terreni agricoli. Se nel 1985, infatti,
il coefficiente di boscosità nazionale era del 28,8%, nel 2010 era risalito al
36% nel 2010, proprio a causa dell’espansione delle foreste sulle aree abbandonate dall’agricoltura.
Se
la cementificazione preoccupa sempre di più, la qualità dell’aria non è da meno.
In generale, l’ISPRA non rileva particolari variazioni sul fronte dell’inquinamento atmosferico, ma lancia ancora una volta l’allarme
polveri sottili: il valore limite giornaliero del Pm10 risulta infatti superato
nel 48% delle stazioni di monitoraggio.
Grave,
inoltre, la situazione dell’ozono, che negli strati più bassi dell’atmosfera è inquinante
e nocivo per la salute umana: il 92% delle stazioni mostrano un mancato rispetto
dell’obiettivo a lungo termine per questo inquinante, mentre una centralina su 5
registra livelli troppo alti di biossido di azoto.
Aggiunge
l’ISPRA: “Un altro inquinante preoccupante per le accertate proprietà
cancerogene è il benzo(a)pirene, i cui livelli superano il valore obiettivo nel
20% dei casi”.
Cala,
invece, probabilmente per effetto della crisi, la produzione nazionale di
rifiuti: poco meno di 30 milioni di tonnellate nel 2012, pari al 4,5% in meno
rispetto all’anno precedente. Per quanto riguarda il dato pro capite, siamo
passati dai 528 kg per abitante del 2011 al 504 dell’anno successivo. La raccolta differenziata ha raggiunto, sempre nel 2012, una
percentuale del 39,9%.
Italia
divisa a metà, invece, sul fronte delle bonifiche dei siti contaminati, che procedono con maggiore celerità nelle
regioni del centro-nord. In totale, sul territorio nazionale sono presenti
ancora 1.749 aree da bonificare, a fronte delle 4.837 di partenza.
Per
quanto riguarda infine lo stato di conservazione della biodiversità, risulta ad
alto rischio di estinzione più del 40% delle specie di pesci che vivono in
Italia, oltre a circa il 28% di uccelli e il 15% delle specie di mammiferi. Nonostante questo, ricorda l’ISPRA, l’Italia resta
il Paese europeo con il più alto numero di specie animali (oltre 58.000); le
piante sono circa 6.700, il 15,6% delle quali endemiche, cioè presenti solo sul
territorio della penisola.
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