Stati Uniti e noi, perché sta vincendo la violenza
Furio Colombo
Giornalista e scrittore
Tutto comincia a Ferguson, dove muore un ragazzo nero disarmato, prosegue con l’uccisione di un dodicenne che mostrava una pistola giocattolo, continua con l’immagine di un giovane nero in fuga, ucciso alle spalle e filmato proprio mentre il poliziotto bianco fa fuoco. Prosegue con altri eventi sanguinosi, molto simili l’uno all’altro e molto ravvicinati: lo sparatore sempre bianco e non in pericolo, il nero sempre giovane e disarmato, che alla fine è sempre la vittima.
Il culmine viene raggiunto a Baltimora, città a maggioranza nera con un sindaco nero dove un giovane muore per lesioni alla spina dorsale, dopo essere stato arrestato senza resistenze o colluttazioni. Seguono subito dimostrazioni di condanna e di rabbia. Poi la rivolta violenta dei quartieri neri e l’attacco ai poliziotti che si è trasformato in guerriglia con l’arrivo della Guardia Nazionale e di mezzi di guerra. Forse però la questione razziale non dovrebbe occupare tutta la scena. Qualcosa, in molti Paesi tradizionalmente ordinati e democratici, sta cambiando nel rapporto fra popolazioni e istituzioni, e dunque prima di tutto popolazione e polizia.