Non solo bancarotta fraudolenta, ma anche abuso d’ufficio efalso in bilancio. Nell’inchiesta sull’azienda dei rifiuti il sindaco di Livorno Filippo Nogarin (M5s) è iscritto nel registro degli indagati per tre ipotesi di reato, secondo quanto riporta il Tirreno che cita fonti investigative. La bancarotta resta l’unico reato di cui Nogarin è a conoscenza, come lui ribadisce in un post su facebook. Ma ci sono due vicende sulle quali la Procura vuole fare luce: in sintesi, la revoca del cda di Aamps (nominato da Nogarin alcuni mesi prima) con modalità ritenute non regolari el’approvazione del bilancio 2014 dell’azienda avvenuta nel novembre 2015 contro il parere del collegio dei sindaci revisori. Nogarin, contattato dal Tirreno, non ha voluto commentare e, anzi, ha rilanciato pubblicando il testo dell’avviso di garanzia che ha ritirato sabato scorso.
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Il primo passaggio è capire perché l’avviso di garanzia recapitato al sindaco – peraltro spedito a metà aprile – presenti solo i reati legati allabancarotta fraudolenta pre-fallimentare. In particolare sono tre articoli della legge fallimentare, il 216, il 223 e il 238. In questo senso il pm ha valutato di avvertire il sindaco solo per quel reato e non per gli altri due. La differenza tra la bancarotta e le altre due contestazioni è che la prima è legata a doppio filo alla procedura di concordato preventivo per l’Aamps, richiesta dal Comune di Livorno e avviata dal tribunale civile a marzo. Dunque per la bancarotta la Procura ha ritenuto di agire “d’urgenza”, mantenendo il “segreto” (nel senso di non aver voluto comunicare niente all’indagato) su falso in bilancio e abuso d’ufficio.
Le accuse a Nogarin ricalcano le stesse mosse nei confronti del suo assessore al Bilancio, Gianni Lemmetti, in prima fila con il sindaco nella decisione di portare la situazione finanziaria dell’Aamps all’attenzione dei giudici del tribunale civile. Anche nel caso di Lemmetti era stato il Tirreno a rivelare che sull’avviso di garanzia c’era solo la bancarotta fraudolenta, ma che l’assessore era sotto inchiesta anche per falso in bilancio e abuso d’ufficio.
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L’abuso d’ufficio è legato, invece, secondo il Tirreno, alla revoca – avvenuta all’inizio del gennaio scorso – del consiglio di amministrazione dell’Aamps che Nogarin aveva nominato il primo aprile 2015, cioè 9 mesi prima. Il sindaco aveva azzerato il cda perché non stava dando seguito alla decisione politica della giunta e del consiglio comunale che avevano approvato la strada del concordato preventivo. Erano contrari al concordato il presidente Aldo Iacomelli, un ingegnere chimico, indipendente, ma anche la vicepresidente Francesca Zanghi, attivista M5s, avvocato, la legale che tempo prima aveva diffidato altri meetup livornesi (considerati “illegittimi”) dall’uso del simbolo dei Cinquestelle. Secondo la Zanghi la scelta del concordato era “illogica e nefasta”. Il terzo consigliere di amministrazione eraMarco Di Gennaro che il sindaco aveva nominato negll’agosto 2014 come amministratore unico dell’Aamps, definendolo un “nuovo Steve Jobs“, esautorandolo poi 7 mesi dopo, a inizio 2015, e nominandolo “semplice” consigliere.
Fatto sta: Nogarin, per dare seguito al percorso di concordato, revoca l’intero cda: Iacomelli, Zanghi e Di Gennaro. Scrisse Nogarin all’epoca: “Le motivazioni addotte dagli amministratori di Aamps che hanno provocato il ritardo nell’assumere la delibera 152 (cioè il concordato, ndr) inducono a ritenere che gli stessi non possiedono l’esperienza e le capacità per affrontare lo stato di crisi attuale”. Ma per azzerare il cda, secondo l’ipotesi dei pm, il sindaco si sarebbe mosso con modalità non corrette. Avrebbe infatti bypassato alcuni passaggi, come la contestazione diretta al “revocato”. Una questione formale, quindi, che però costituirebbe una violazione di una delibera del consiglio comunale del 2009 che regola la revoca degli amministratori delle società partecipate. Peraltro, per inciso, in questo momento risultano indagati nell’inchiesta “Città pulita”, i tre componenti del nuovo cda (sempre per l’assunzione dei 33 precari) e anche lo stesso Di Gennaro.
Infine c’è il falso in bilancio. Qui c’è da dire che non c’è nulla di nuovo perché le false comunicazioni sociali sono già inserite in uno degli articoli della legge fallimentare che in questo primo momento la Procura ha contestato certamente a Nogarin. E’ infatti regolato dal codice civile (articolo 2621) e è tornato a essere reato – dopo la depenalizzazione voluta da Berlusconi – per effetto della riforma proposta dal governo Renzi e approvata nel 2015. Il falso in bilancio, in ipotesi, si materializzerebbe con l’approvazione del bilancio 2014 di Aamps, avvenuta nel novembre del 2015. Il collegio dei sindaci revisori aveva detto di non approvarlo, ma il sindaco andò dritto: “Altrimenti la società fallirebbe e 300 posti di lavoro sarebbero a rischio”.