GIUSTIZIA & IMPUNITÀ
GIUSTIZIA & IMPUNITÀ
Giustizia, il diritto di esternare dei magistrati
In questi giorni il colloquio avuto dal dott. Morosini, componente del Csm (organo di rilievo costituzionale presieduto dal Presidente della Repubblica e poi dal vicepresidente avv. Legnini), con la giornalista che lo ha riportato ed il cui titolo, volutamente prescelto, ha estremizzato o forse stravolto il pensiero complessivo, ha innescato una questione che per molti covava sotto la cenere: ilrapporto tra politica e magistratura in Italia. Il dibattito infatti, se da un lato ha preso il là con le dichiarazioni di insediamento (e se vogliamo anche di posizionamento) del dott.Davigo quale presidente dell’Anm, si è allargato poi alledichiarazioni del dott. Spataro (e di tanti altri magistrati di rilievo, ivi inclusi altri componenti del Csm), del presidente Mattarella, del Guardasigilli on. Orlando, dello stesso vicepresidente avv.Legnini, della presa di posizione di Anm.
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Occorre mettere a fuoco un tema certamente delicato, attenendo anche al rapporto tra diversi poteri dello Stato ed alla demarcazione dei confini della politica e della magistratura ma senza pregiudicarne l’esercizio dei diritti fondamentali (quali anche il diritto allalibera manifestazione del pensiero). L’Italia è o no un paese ad altissimo livello di corruzione ed illegalità? Sì, come certificato ogni anno da tutti i report internazionali indipendenti e come riconosciuto internamente (paradossalmente quasi con orgoglio da molti politici nostrani). Tale metastasi (corruzione ed illegalità) quanto ci costa in termini di: democrazia, uguaglianza, coesione sociale, tutela effettiva dei diritti, crescita economica (il famoso Pil), reputazione (all’estero, dunque di affidabilità del sistema Italia e all’interno, dunque a vantaggio delle nostre menti migliori che desiderino crescere e far crescere questo paese)? Una enormità, difficilmente quantificabile se non in decine o forse centinaia di miliardi ogni anno.
A fronte di tale metastasi la politica ha dimostrato di sapersi rinnovare? Certamente no, perché, ad eccezione di una parte (nuova e movimentista), per il resto domina ancora la vecchia logica dell’occupazione di potere (possibilmente concentrandolo ancor di più), della spartizione del bottino (con appalti, affidamenti diretti e nomine nei posti giusti). Domina lo status quo, illudendo che tutto stia per cambiare. Uno spot buono per consumatori inebetiti, ai quali sbandierare falsi sorrisi e falsi slogan. La politica in Italia domina la scena in ogni campo, occupa ogni spazio con unalegislazione cialtrona (perché finalizzata a garantirsi il pieno dominio) e con una burocrazia tentacolare, non rispettosa degli altri poteri (tra cui anche quello giudiziario)? Assolutamente sì. E la prova regina è proprio offerta dalla riforma costituzionale (che il premier ha definito essere un plebiscito sulla sua persona), scritta da padri ricostituenti abusivi ed occasionali, tesa a stravolgere la Carta con circa 40 articoli modificati, con l’unico intento di accentrare il potere, riportando così l’Italia ai tempi del fascio con l’uomo forte al comando.
Se la politica si mostra invasiva ed infestante perché mai la magistratura dovrebbe tacere? Non mina certo la terzietà (ergo indipendenza ed autonomia) sostenere quanto questa riforma sia sbagliata (Morosini) oppure denunciare il cancro della corruzione, oggi aggressivo più che mai (Davigo). Ciò rientra nel diritto di manifestare il proprio pensiero e di partecipare alla vita pubblica. Non interferisce sui singoli processi in corso né su quelli che verranno. La magistratura col bavaglio mi ricorda regimi autoritari se non palesemente dittatoriali. Ben altro invece è riflettere sulcorrentismo palesemente politicizzato della magistraturache vede nel Csm la sua massima espressione, quando l’autogoverno della magistratura dovrebbe ispirarsi a ben altri principi. Ben altro è assistere ai voli carpiati e continui tra magistratura e politica quando poi questo determina condizionamenti evidenti nelle funzioni di magistrato (chiamato l’indomani a decidere chi, tra Stato e privato, abbia ragione o chi, tra Tizio politico e Caio, abbia ragione, tanto per fare alcuni esempi). Queste commistioni sonoinsane e andrebbero affrontate seriamente dai magistrati, non tergiversate.
Ben altro è credere che la magistratura sia perfetta e che le disfunzioni giurisdizionali siano imputabili solo ad altri (legislatura, avvocatura) (Davigo) senza fare autocritica. Ma queste ultime considerazioni nulla centrano col diritto dei magistrati di poter esternare su fatti rilevanti del nostro sistema (riforme, corruzione), quando ciò possa alterare la stessa democrazia. Sono temi posti supiani paralleli e non interferenti. Dunque chi tenta di porli sullo stesso piano intende solo mistificare o tendere imboscate. Al pari di qualche giornalista che non risponde al sacro dovere della verità e al dovere di informazione. Rispondendo invece a qualche mandante politico.
In questi giorni il colloquio avuto dal dott. Morosini, componente del Csm (organo di rilievo costituzionale presieduto dal Presidente della Repubblica e poi dal vicepresidente avv. Legnini), con la giornalista che lo ha riportato ed il cui titolo, volutamente prescelto, ha estremizzato o forse stravolto il pensiero complessivo, ha innescato una questione che per molti covava sotto la cenere: ilrapporto tra politica e magistratura in Italia. Il dibattito infatti, se da un lato ha preso il là con le dichiarazioni di insediamento (e se vogliamo anche di posizionamento) del dott.Davigo quale presidente dell’Anm, si è allargato poi alledichiarazioni del dott. Spataro (e di tanti altri magistrati di rilievo, ivi inclusi altri componenti del Csm), del presidente Mattarella, del Guardasigilli on. Orlando, dello stesso vicepresidente avv.Legnini, della presa di posizione di Anm.
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Occorre mettere a fuoco un tema certamente delicato, attenendo anche al rapporto tra diversi poteri dello Stato ed alla demarcazione dei confini della politica e della magistratura ma senza pregiudicarne l’esercizio dei diritti fondamentali (quali anche il diritto allalibera manifestazione del pensiero). L’Italia è o no un paese ad altissimo livello di corruzione ed illegalità? Sì, come certificato ogni anno da tutti i report internazionali indipendenti e come riconosciuto internamente (paradossalmente quasi con orgoglio da molti politici nostrani). Tale metastasi (corruzione ed illegalità) quanto ci costa in termini di: democrazia, uguaglianza, coesione sociale, tutela effettiva dei diritti, crescita economica (il famoso Pil), reputazione (all’estero, dunque di affidabilità del sistema Italia e all’interno, dunque a vantaggio delle nostre menti migliori che desiderino crescere e far crescere questo paese)? Una enormità, difficilmente quantificabile se non in decine o forse centinaia di miliardi ogni anno.
A fronte di tale metastasi la politica ha dimostrato di sapersi rinnovare? Certamente no, perché, ad eccezione di una parte (nuova e movimentista), per il resto domina ancora la vecchia logica dell’occupazione di potere (possibilmente concentrandolo ancor di più), della spartizione del bottino (con appalti, affidamenti diretti e nomine nei posti giusti). Domina lo status quo, illudendo che tutto stia per cambiare. Uno spot buono per consumatori inebetiti, ai quali sbandierare falsi sorrisi e falsi slogan. La politica in Italia domina la scena in ogni campo, occupa ogni spazio con unalegislazione cialtrona (perché finalizzata a garantirsi il pieno dominio) e con una burocrazia tentacolare, non rispettosa degli altri poteri (tra cui anche quello giudiziario)? Assolutamente sì. E la prova regina è proprio offerta dalla riforma costituzionale (che il premier ha definito essere un plebiscito sulla sua persona), scritta da padri ricostituenti abusivi ed occasionali, tesa a stravolgere la Carta con circa 40 articoli modificati, con l’unico intento di accentrare il potere, riportando così l’Italia ai tempi del fascio con l’uomo forte al comando.
Se la politica si mostra invasiva ed infestante perché mai la magistratura dovrebbe tacere? Non mina certo la terzietà (ergo indipendenza ed autonomia) sostenere quanto questa riforma sia sbagliata (Morosini) oppure denunciare il cancro della corruzione, oggi aggressivo più che mai (Davigo). Ciò rientra nel diritto di manifestare il proprio pensiero e di partecipare alla vita pubblica. Non interferisce sui singoli processi in corso né su quelli che verranno. La magistratura col bavaglio mi ricorda regimi autoritari se non palesemente dittatoriali. Ben altro invece è riflettere sulcorrentismo palesemente politicizzato della magistraturache vede nel Csm la sua massima espressione, quando l’autogoverno della magistratura dovrebbe ispirarsi a ben altri principi. Ben altro è assistere ai voli carpiati e continui tra magistratura e politica quando poi questo determina condizionamenti evidenti nelle funzioni di magistrato (chiamato l’indomani a decidere chi, tra Stato e privato, abbia ragione o chi, tra Tizio politico e Caio, abbia ragione, tanto per fare alcuni esempi). Queste commistioni sonoinsane e andrebbero affrontate seriamente dai magistrati, non tergiversate.
Ben altro è credere che la magistratura sia perfetta e che le disfunzioni giurisdizionali siano imputabili solo ad altri (legislatura, avvocatura) (Davigo) senza fare autocritica. Ma queste ultime considerazioni nulla centrano col diritto dei magistrati di poter esternare su fatti rilevanti del nostro sistema (riforme, corruzione), quando ciò possa alterare la stessa democrazia. Sono temi posti supiani paralleli e non interferenti. Dunque chi tenta di porli sullo stesso piano intende solo mistificare o tendere imboscate. Al pari di qualche giornalista che non risponde al sacro dovere della verità e al dovere di informazione. Rispondendo invece a qualche mandante politico.
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