venerdì 21 giugno 2013

COME VIENE MISURATA LA TARIFFA PUNTUALE: DAL "CODICE A BARRE" AL "TRANSPONDER"

COME VIENE MISURATA LA TARIFFA PUNTUALE: DAL "CODICE A BARRE" AL "TRANSPONDER"
di Giuseppe Miccoli
Durante il convegno di Capannori, alcuni comuni (Trento, Ponte nelle Alpi, Capannori) e alcuni consorzi (consorzio trevigiano Priula) hanno dichiarato di essere riusciti negli ultimi anni a raggiungere non solo alte percentuali di raccolta differenziata ma anche a ottenere un abbattimento dei costi di gestione, che si è tradotto per le tasche dei cittadini in un risparmio grazie alla riduzione della tariffa sui rifiuti.
Ma come ci sono riusciti? Grazie all’introduzione della tariffazione puntuale, cioè alla possibilità per ciascun utente di pagare in base a quanto rifiuto ognuno produce. Buone pratiche che anche in altri comuni (ad esempio Mola di Bari o Triggiano, per citare comuni del sud Italia) e consorzi (ad esempio Iren Emilia), sono prossime all’attuazione, grazie ad un progettazione accorta che aveva predisposto questo sistema già in fase di bando gara. La tariffazione puntuale è dunque, una necessità che “va a braccetto” con il servizio di raccolta porta a porta e che difficilmente, invece, si lega ai servizi basati sulla raccolta stradale e sul conferimento e smaltimento in discarica. La Tares introdotta dal governo Monti però è vicina più a questo secondo sistema, ma lascia tuttavia una via d’uscita a tutti quei comuni che hanno introdotto nel tempo una raccolta differenziata porta a porta: la possibilità cioè di introdurre la tariffazione puntuale.
L’Italia ormai è l’unico Paese europeo a pagare ancora il servizio di raccolta dei propri rifiuti in base ai metri quadri della proprietà di un immobile, cioè a quanti metri quadri una famiglia o un’impresa possiede. In questo modo ogni cittadino è incentivato a produrre più rifiuti possibile proprio per ottimizzare la propria tassa. Al contrario in Europa invece la tariffa viene modulata in base al servizio, in base cioè a quanti mezzi, attrezzature, e raccolte di rifiuti vengono impiegate nel corso di un periodo di tempo dal servizio comunale di nettezza urbana. In questo modo il cittadino è incentivato a produrre meno rifiuti possibile perché paga in base al servizio ricevuto. È come per il telefono il cui costo della telefonata varia anche in funzione degli scatti prodotti.
Ma come funziona? La tariffazione puntuale viene “misurata” grazie all’uso di una tecnologia che è già di uso comune, e perciò senza più vincoli di brevetto: il transponder RFID UHF (Radio Frequency IDentification Ultra High Frequency), un microchip che ha la capacità di far identificare e di far memorizzare agli operatori i dati relativi ai rifiuti esposti nei vari bidoncini o nei sacchetti. Una tecnologia che nasce per sostituire una precedente che è tuttora in uso nel settore manifatturiero: quella del “codice a barre”. In una intervista rilasciata a Eco dalle Città nel 2011 e successivamente nel 2012, Attilio Tornavacca amministratore della ESPER (Ente per lo Studio Ecosostenibile dei Rifiuti), aveva spiegato i vantaggi della tecnologia e aveva ripercorso la storia della “transponder RFID UHF” nel settore della gestione dei rifiuti, in particolare legato all’uso che se ne era fatto sui sacchetti di plastica: «l’uso di etichette con codice a barre sui sacchetti – aveva spiegato – è comparsa nel settore della gestione dei rifiuti già da molti anni. A introdurla per primi sono stati i comuni dei Navigli in provincia di Milano, e parliamo ormai del 1997, cioè 15 anni fa. Poi è stata ripresa da tanti comuni, tra cui anche comuni del centro-sud. Nel 2003 infatti il comune di Mercato San Severino ha introdotto i sacchetti con codici a barre, però nell’ottica di misurare non l’indifferenziato ma i conferimenti differenziati. Il codice a barre, tuttavia, ha posto sin dall’inizio dei problemi riguardanti la possibilità di lettura. Del resto non è come sui prodotti del supermercato, sui quali i codici a barre godono di una superficie liscia, rigida e quindi facilmente leggibile».
La tecnologia dei transponder è stata poi integrata anche sui bidoncini. Il dottor Tornavacca ha infatti spiegato che «l’uso dei transponder sui contenitori rigidi (parliamo quindi di transponder non "a perdere" ma montati sui contenitori e poi utilizzati per anni), non è certamente una novità. Nel settore della raccolta dei rifiuti i primi transponder sono comparsi più di 10 anni fa. All’epoca costavano 5-6 euro al pezzo, mentre oggi un transponder rigido arriva a costare anche 50 centesimi, cioè 10 volte meno».

E non è escluso che oggi costino anche di meno proprio perché i numeri sono «crescenti di questi dispositivi e l’uso è sempre più trasversale di queste tecnologie, non solo nel campo della gestione dei rifiuti, che anzi è arrivato dopo, ma inizialmente nel campo della grande distribuzione, per sostituire il codice a barre. La novità a Capannori è in realtà l’uso di transponder così miniaturizzati e così ridotti, sia in peso che in costi, da poter essere utilizzati anche solo per una volta».

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