Libia, gli ex ostaggi stanno rientrando. "Salvi col sangue di mio marito"
Il premier nella e-news annunciava il rientro 'a ore' di
Gino Pollicardo e Filippo Calgagno. Ma lo stop si è prolungato fino
verso le 21,30. Alla fine l'annuncio del sindaco di Sabrata della
partenza per Tripoli dove prenderanno un aereo. La rabbia della vedova
Failla
Roma, 5 marzo 2016 - "Sono partiti", dopo ore di stancante attesa Gino Pollicardo e Filippo Calcagno,
i due tecnici italiani liberati in Libia, starebbero rientrando per
l'Italia. Lo scrive il sindaco della città libica di Sabrata. Gino
Pollicardo e Filippo Calcagno sono stati consegnati agli italiani, ha
confermato per telefono all'ANSA, Hussein al-Zawadi. "Non ho alcuna idea
della loro destinazione", ha aggiunto il sindaco rispondendo alla
domanda se il velivolo sia già decollato verso l'Italia. Sempre
al-Zawadi ha riferito che: "I corpi dei due ostaggi italiani uccisi si trovano a Sabrata a causa dell'autopsia. Per loro ci sono delle procedure in corso".
Fonti goverative italiane hanno chiarito che i due tecnici liberati sono in viaggio via terra verso Mellitah. Da lì è previsto un volo in elicottero verso Tripoli e poi il trasferimento in Italia. Lo si apprende da fonti governative.
La giornata era iniziata con l'ottimismo del messaggio del premier Matteo Renzi, sulla e-news agli iscritti del Pd: Filippo Calcagno e Gino Pollicardo "stanno rientrando in Italia in queste ore". Gino Pollicardo stamattina ha parlato nuovamente con la famiglia al telefono: "Non piangete più, sto bene e presto sarò a casa", ha detto alla moglie che lo aspetta a Monterosso, nello Spezzino. Anche Filippo Calcagno ha parlato con i familiari a Piazza Armerina rassicurandoli, "State tranquilli, torno presto".
TEMPI INCERTI - Il team italiano incaricato di riportarli a casa è arrivato a Sabrata, città ad ovest della capitale dove gli ormai ex ostaggi erano tenuti in custodia, ma per ore è regnata l'incertezza sui tempi della partenza, forse ritardata da ulteriori trattative con chi si contende l'autorità in quella turbolenta regione. Secondo un attivista di Sabratha, che cita fonti ufficiali locali, i due tecnici sono stati bloccati in Libia perché le autorità di Sabrata erano in attesa dell'arrivo di una delegazione ufficiale del governo di Tripoli che li prendesse in consegna.
LE FAMIGLIE A ROMA - I familiari di Filippo Calcagno sono arrivati a Roma. A quanto si è appreso, i familiari sono arrivati nel tardo pomeriggio all'aeroporto di Fiumicino con un volo da Catania. Non è ancora certa, invece la data del rientro di Calcagno a Piazza Armerina, visto che i due tecnici dovranno, subito dopo il loro arrivo a Roma, essere interrogati dalla magistratura. Anche la famiglia Pollicardo ha lasciato la sua abitazione di Monterosso, diretta a Roma: sono partiti la moglie Ema, i due figli Gino junior e Jasmine e due nipoti.
LA RABBIA DELLA VEDOVA FAILLA - "Lo Stato italiano ha fallito, la liberazione degli altri due tecnici della Bonatti è stata pagata con il sangue di mio marito e di Fausto Piano". Sfoga tutta la sua rabbia Rosalba Failla, moglie di Salvatore, uno dei due italiani rimasti uccisi in Libia a 24 ore dalla liberazione degli altri due connazionali.
Parlando con l'avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, la signora Failla chiede che almeno l'esame autoptico, fondamentale per accertare come siano andati realmente i fatti, venga svolto dall'autorità giudiziaria italiana, e non in Libia: "Se lo Stato non è stato capace di portarmelo vivo, almeno adesso non lo faccia toccare in Libia, non voglio che l'autopsia venga fatta laggiù, stanno trattando Salvatore come carne da macello. Nessuno, fra coloro che stanno esultando per la liberazione degli altri - aggiunge la donna - ha avuto il coraggio di telefonarmi. Voglio che il corpo rientri integro e che l'autopsia venga fatta in Italia".
La moglie del tecnico prosegue affermando che la salma "la stanno trattando come carne da macello. Nessuno, tra questi che stanno esultando per la liberazione ha avuto il coraggio di telefonarmi". La vedova, attraverso l'avvocato Caroleo Grimaldi, ribadisce: "Voglio che il corpo rientri integro e che l'autopsia venga fatta in Italia".
RENZI - Sulla situazione generale della guerra in Libia, Renzi invoca "prudenza e buon senso, a maggior ragione dopo ciò che è accaduto a Sabrata dove due nostri connazionali, in ostaggio di milizie irregolari ormai da mesi, hanno perso la vita in circostanze tragiche, ancora da chiarire completamente". E rincara: "Quando ci sono vicende del genere mi piace pensare che l'Italia risponda tutta insieme, senza volgari strumentalizzazioni di parte, ma con la consapevolezza di essere prima di tutto una comunità. Le singole divisioni partitiche vengono dopo". Insomma, "anche questa tragica vicenda, per la quale ci stringiamo insieme a tutti gli italiani alle famiglie delle vittime, dimostra una volta di più che la guerra è una parola drammaticamente seria per essere evocata con la facilità con cui viene utilizzata in queste ore da alcune forze politiche e da alcuni commentatori. Prudenza, equilibrio, buon senso: queste le nostre parole d'ordine, ben diverse da chi immagina di intervenire in modo superficiale e poco assennato" conclude.
IL BLITZ - L'operazione che ha condotto alla liberazione dei due italiani rapiti in Libia a luglio, Filippo Calcagno e Gino Pollicardo, è stata condotta "dietro richiesta ufficiale delle autorità italiane", ma senza "alcuna partecipazione al blitz da parte di forze speciali italiane". E' quanto ha detto il sindaco di Sabratha Hussein al Dawadi. In una dichiarazione stampa ripresa da diversi media arabi fra cui RassedNews", al Dawadi ha detto: "l'operazione per la liberazione degli ostaggi è stata condotta in coordinamento con la Camera delle Operazioni Congiunte di Sabratha e su richiesta ufficiale delle autorità italiane". Il sindaco ha quindi spiegato che "non c'è stata nessuna partecipazione di forze italiane nell'operazione". Contrariamente a quanto era stato affermato in precedenza, il sindaco ha smentito uno scontro a fuoco con i sequestratori durante l'operazione: "i sequestratori si sono dati alla fuga senza scontri", ha detto al Dawadi spiegando che "a causa delle frequenti irruzioni quelli dell'Isis (il riferimento è ai sequestratori) erano fuggiti da giorni lasciandoli (gli ostaggi) nella prigione" e così "l'unità che ha attaccato il luogo dove erano detenuti gli italiani non ha trovato nessun rapitore". "Abbiamo trovato una donna marocchina che non sembra abbia legami con l'organizzazione o forse sarà la moglie di uno di loro".
BAN KI-MOON - Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, si è detto "profondamente preoccupato per quanto avviene in Libia", il cui avvenire è "minacciato dal terrificante flagello dello Stato Islamico", che si sta "espandendo" nel Paese maghrebino e anche "al di la' dei suoi confini". Ban, alludendo all'ipotesi di un intervento militare straniero che sembra prendere sempre più forma, ha peraltro intimato a "tutti coloro che dispongono d'influenza" sugli affari libici, e dunque alle Grandi Potenze, di "servirsene per placare la situazione e fermare i combattimenti", aggiungendo che fare il contrario, e quindi "attizzare il fuoco del conflitto", sarebbe "estremamente irresponsabile da parte di qualsiasi attore esterno".
"In gioco c'e' il futuro della Libia - ha concluso Ban - i cui riverberi echeggiano a grande distanza". Riuscire nell'impresa di stabilizzare il Paese, ha concluso, significherebbe portare benefici all'intera regione del Sahel nonche', in definitiva, "a tutto il nostro mondo in generale".
Il premier nella e-news annunciava il rientro 'a ore' di
Gino Pollicardo e Filippo Calgagno. Ma lo stop si è prolungato fino
verso le 21,30. Alla fine l'annuncio del sindaco di Sabrata della
partenza per Tripoli dove prenderanno un aereo. La rabbia della vedova
Failla
Fonti goverative italiane hanno chiarito che i due tecnici liberati sono in viaggio via terra verso Mellitah. Da lì è previsto un volo in elicottero verso Tripoli e poi il trasferimento in Italia. Lo si apprende da fonti governative.
La giornata era iniziata con l'ottimismo del messaggio del premier Matteo Renzi, sulla e-news agli iscritti del Pd: Filippo Calcagno e Gino Pollicardo "stanno rientrando in Italia in queste ore". Gino Pollicardo stamattina ha parlato nuovamente con la famiglia al telefono: "Non piangete più, sto bene e presto sarò a casa", ha detto alla moglie che lo aspetta a Monterosso, nello Spezzino. Anche Filippo Calcagno ha parlato con i familiari a Piazza Armerina rassicurandoli, "State tranquilli, torno presto".
TEMPI INCERTI - Il team italiano incaricato di riportarli a casa è arrivato a Sabrata, città ad ovest della capitale dove gli ormai ex ostaggi erano tenuti in custodia, ma per ore è regnata l'incertezza sui tempi della partenza, forse ritardata da ulteriori trattative con chi si contende l'autorità in quella turbolenta regione. Secondo un attivista di Sabratha, che cita fonti ufficiali locali, i due tecnici sono stati bloccati in Libia perché le autorità di Sabrata erano in attesa dell'arrivo di una delegazione ufficiale del governo di Tripoli che li prendesse in consegna.
LE FAMIGLIE A ROMA - I familiari di Filippo Calcagno sono arrivati a Roma. A quanto si è appreso, i familiari sono arrivati nel tardo pomeriggio all'aeroporto di Fiumicino con un volo da Catania. Non è ancora certa, invece la data del rientro di Calcagno a Piazza Armerina, visto che i due tecnici dovranno, subito dopo il loro arrivo a Roma, essere interrogati dalla magistratura. Anche la famiglia Pollicardo ha lasciato la sua abitazione di Monterosso, diretta a Roma: sono partiti la moglie Ema, i due figli Gino junior e Jasmine e due nipoti.
LA RABBIA DELLA VEDOVA FAILLA - "Lo Stato italiano ha fallito, la liberazione degli altri due tecnici della Bonatti è stata pagata con il sangue di mio marito e di Fausto Piano". Sfoga tutta la sua rabbia Rosalba Failla, moglie di Salvatore, uno dei due italiani rimasti uccisi in Libia a 24 ore dalla liberazione degli altri due connazionali.
Parlando con l'avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, la signora Failla chiede che almeno l'esame autoptico, fondamentale per accertare come siano andati realmente i fatti, venga svolto dall'autorità giudiziaria italiana, e non in Libia: "Se lo Stato non è stato capace di portarmelo vivo, almeno adesso non lo faccia toccare in Libia, non voglio che l'autopsia venga fatta laggiù, stanno trattando Salvatore come carne da macello. Nessuno, fra coloro che stanno esultando per la liberazione degli altri - aggiunge la donna - ha avuto il coraggio di telefonarmi. Voglio che il corpo rientri integro e che l'autopsia venga fatta in Italia".
La moglie del tecnico prosegue affermando che la salma "la stanno trattando come carne da macello. Nessuno, tra questi che stanno esultando per la liberazione ha avuto il coraggio di telefonarmi". La vedova, attraverso l'avvocato Caroleo Grimaldi, ribadisce: "Voglio che il corpo rientri integro e che l'autopsia venga fatta in Italia".
RENZI - Sulla situazione generale della guerra in Libia, Renzi invoca "prudenza e buon senso, a maggior ragione dopo ciò che è accaduto a Sabrata dove due nostri connazionali, in ostaggio di milizie irregolari ormai da mesi, hanno perso la vita in circostanze tragiche, ancora da chiarire completamente". E rincara: "Quando ci sono vicende del genere mi piace pensare che l'Italia risponda tutta insieme, senza volgari strumentalizzazioni di parte, ma con la consapevolezza di essere prima di tutto una comunità. Le singole divisioni partitiche vengono dopo". Insomma, "anche questa tragica vicenda, per la quale ci stringiamo insieme a tutti gli italiani alle famiglie delle vittime, dimostra una volta di più che la guerra è una parola drammaticamente seria per essere evocata con la facilità con cui viene utilizzata in queste ore da alcune forze politiche e da alcuni commentatori. Prudenza, equilibrio, buon senso: queste le nostre parole d'ordine, ben diverse da chi immagina di intervenire in modo superficiale e poco assennato" conclude.
IL BLITZ - L'operazione che ha condotto alla liberazione dei due italiani rapiti in Libia a luglio, Filippo Calcagno e Gino Pollicardo, è stata condotta "dietro richiesta ufficiale delle autorità italiane", ma senza "alcuna partecipazione al blitz da parte di forze speciali italiane". E' quanto ha detto il sindaco di Sabratha Hussein al Dawadi. In una dichiarazione stampa ripresa da diversi media arabi fra cui RassedNews", al Dawadi ha detto: "l'operazione per la liberazione degli ostaggi è stata condotta in coordinamento con la Camera delle Operazioni Congiunte di Sabratha e su richiesta ufficiale delle autorità italiane". Il sindaco ha quindi spiegato che "non c'è stata nessuna partecipazione di forze italiane nell'operazione". Contrariamente a quanto era stato affermato in precedenza, il sindaco ha smentito uno scontro a fuoco con i sequestratori durante l'operazione: "i sequestratori si sono dati alla fuga senza scontri", ha detto al Dawadi spiegando che "a causa delle frequenti irruzioni quelli dell'Isis (il riferimento è ai sequestratori) erano fuggiti da giorni lasciandoli (gli ostaggi) nella prigione" e così "l'unità che ha attaccato il luogo dove erano detenuti gli italiani non ha trovato nessun rapitore". "Abbiamo trovato una donna marocchina che non sembra abbia legami con l'organizzazione o forse sarà la moglie di uno di loro".
BAN KI-MOON - Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, si è detto "profondamente preoccupato per quanto avviene in Libia", il cui avvenire è "minacciato dal terrificante flagello dello Stato Islamico", che si sta "espandendo" nel Paese maghrebino e anche "al di la' dei suoi confini". Ban, alludendo all'ipotesi di un intervento militare straniero che sembra prendere sempre più forma, ha peraltro intimato a "tutti coloro che dispongono d'influenza" sugli affari libici, e dunque alle Grandi Potenze, di "servirsene per placare la situazione e fermare i combattimenti", aggiungendo che fare il contrario, e quindi "attizzare il fuoco del conflitto", sarebbe "estremamente irresponsabile da parte di qualsiasi attore esterno".
"In gioco c'e' il futuro della Libia - ha concluso Ban - i cui riverberi echeggiano a grande distanza". Riuscire nell'impresa di stabilizzare il Paese, ha concluso, significherebbe portare benefici all'intera regione del Sahel nonche', in definitiva, "a tutto il nostro mondo in generale".
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