Ecco chi sono i padroni di Bankitalia. Spunta la lettera del governatore Visco al presidente della Camera Boldrini
Depositata negli uffici della Camera dei deputati, la lettera ha riscosso scarsa attenzione ma nel 2014 fu bagarre parlamentare
di
La lettera ufficiale porta la data del 7 gennaio 2016. Reca la firma del governatore Ignazio Visco ed è indirizzata direttamente alla presidente della Camera Laura Boldrini. Si tratta di una decina di righe in tutto: per inviare “l'informativa che si riferisce alle operazioni riguardanti le quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia poste in essere nel 2015”. E adempiere così al dettato della legge varata tra le polemiche nel gennaio di due anni fa per ridefinire, tra le altre cose, anche il nuovo valore del capitale sociale dell'istituto di emissione (7,5 miliardi).
A quelle poche righe, Visco allega anche una tabella. Per segnalare come “a seguito delle transazioni effettuate, alla compagine dei partecipanti al capitale della Banca si sono aggiunti 13 nuovi soggetti”. Naturalmente, tutti “appartenenti alle categorie previste dalla legge”. Si tratta, spiega la missiva, “di cinque enti di previdenza e assistenza, tre fondazioni di matrice bancaria, quattro banche e una compagnia assicurativa”. Infine, un'avvertenza e non di poco conto: “Nel capitale della Banca”, aggiunge infatti il governatore, “figurano ancora 5 enti con quote superiori al limite del 3% stabilito dalla legge; essi hanno tempo fino al 31 dicembre 2016 per dismettere la parte eccedentaria e ridurre la partecipazione entro la soglia consentita”. Fine della informativa.
Depositata negli uffici della Camera dei deputati, la lettera di Visco ha riscosso scarsa attenzione. Eppure quando gli assetti dell'istituto di emissione vennero ritoccati due anni fa, il Parlamento visse alcune delle giornate più calde della legislatura in corso. Era il 29 gennaio 2014 quando grazie alla vituperata “tagliola” o “ghigliottina” Montecitorio convertì in legge il decreto che rivalutava le quote azionarie di Bankitalia e stoppava la seconda rata dell’odiatissima Imu, l'imposta sulla casa.
Fu soprattuto il Movimento 5 Stelle a mettersi di traverso e a gridare al golpe parlamentare. La ragione? Secondo i parlamentari grillini e gli altri più sospettosi del resto dell'opposizione il provvedimento di fatto era un sostanzioso regalo agli azionisti privati dell'istituto, una graziosa elargizione operata attraverso la rivalutazione del capitale e la possibilità di comprare e vendere sulla base del prezzo di mercato i pacchetti azionari di proprietà. Una novità che secondo alcuni poteva addirittura far cadere Bankitalia in mano straniera: “Si rischia un altro colpo alla nostra sovranità economica”, scrisse per esempio sul suo blog Beppe Grillo, “i M5S continuano a fare di tutto per evitare questo scandalo”. In più, la nuova legge fissava il tetto massimo del 3 per cento nella partecipazione al capitale. Con l'ovvio corollario che chi superava la fatidica quota doveva obbligatoriamente rassegnarsi a vendere le parti eccedenti. Che è quello che sta capitando con le novità già registrate negli ultimi mesi e le altre in arrivo entro l'anno.
A quelle poche righe, Visco allega anche una tabella. Per segnalare come “a seguito delle transazioni effettuate, alla compagine dei partecipanti al capitale della Banca si sono aggiunti 13 nuovi soggetti”. Naturalmente, tutti “appartenenti alle categorie previste dalla legge”. Si tratta, spiega la missiva, “di cinque enti di previdenza e assistenza, tre fondazioni di matrice bancaria, quattro banche e una compagnia assicurativa”. Infine, un'avvertenza e non di poco conto: “Nel capitale della Banca”, aggiunge infatti il governatore, “figurano ancora 5 enti con quote superiori al limite del 3% stabilito dalla legge; essi hanno tempo fino al 31 dicembre 2016 per dismettere la parte eccedentaria e ridurre la partecipazione entro la soglia consentita”. Fine della informativa.
Depositata negli uffici della Camera dei deputati, la lettera di Visco ha riscosso scarsa attenzione. Eppure quando gli assetti dell'istituto di emissione vennero ritoccati due anni fa, il Parlamento visse alcune delle giornate più calde della legislatura in corso. Era il 29 gennaio 2014 quando grazie alla vituperata “tagliola” o “ghigliottina” Montecitorio convertì in legge il decreto che rivalutava le quote azionarie di Bankitalia e stoppava la seconda rata dell’odiatissima Imu, l'imposta sulla casa.
Fu soprattuto il Movimento 5 Stelle a mettersi di traverso e a gridare al golpe parlamentare. La ragione? Secondo i parlamentari grillini e gli altri più sospettosi del resto dell'opposizione il provvedimento di fatto era un sostanzioso regalo agli azionisti privati dell'istituto, una graziosa elargizione operata attraverso la rivalutazione del capitale e la possibilità di comprare e vendere sulla base del prezzo di mercato i pacchetti azionari di proprietà. Una novità che secondo alcuni poteva addirittura far cadere Bankitalia in mano straniera: “Si rischia un altro colpo alla nostra sovranità economica”, scrisse per esempio sul suo blog Beppe Grillo, “i M5S continuano a fare di tutto per evitare questo scandalo”. In più, la nuova legge fissava il tetto massimo del 3 per cento nella partecipazione al capitale. Con l'ovvio corollario che chi superava la fatidica quota doveva obbligatoriamente rassegnarsi a vendere le parti eccedenti. Che è quello che sta capitando con le novità già registrate negli ultimi mesi e le altre in arrivo entro l'anno.
Ma chi sono i nuovi azionisti di Bankitalia segnalati dal governatore Visco nella lettera alla Boldrini? Nella lista ci sono per cominciare l'Ente nazionale di previdenza e assistenza dei medici e degli odontoiatri (Empam), la Cassa nazionale di previdenza degli ingegneri e architetti (Inarcassa), la Cassa forense, l'Inail, l'Ente di previdenza degli addetti in agricoltura (Enpaia), la Cassa dei ragionieri e periti commerciali. E poi, le fondazioni Cassa di risparmio di Carpi, Reggio Emilia e di Perugia, l'Eurovita assicurazioni e alcune altre banche: Banca del Piemonte, Banca Sistema, Banca di credito cooperativo di Roma e Banca Sella.
Quanto ai “5 enti” ancora non in regola con la quota di capitale e che dovranno entro l'anno scendere sotto la quota del fatidico 3%, basta scorrere la lista degli azionisti di Bankitalia per appurare di chi si tratta: giganti come Intesa San Paolo e Unicredit, più altri istituti come Cassa di risparmio di Bologna e Banca Carige spa e assicurazioni come Generali d'Italia.
Quanto ai “5 enti” ancora non in regola con la quota di capitale e che dovranno entro l'anno scendere sotto la quota del fatidico 3%, basta scorrere la lista degli azionisti di Bankitalia per appurare di chi si tratta: giganti come Intesa San Paolo e Unicredit, più altri istituti come Cassa di risparmio di Bologna e Banca Carige spa e assicurazioni come Generali d'Italia.
Nessun commento:
Posta un commento