Sanità, perché diamo sempre la colpa ai medici?
Luciano Casolari
Medico psicoanalista
Un episodio interessante nella sua stravaganza è capitato a un’amica dottoressa del pronto soccorso durante il turno di notte. Alle due di notte un paziente, che aveva atteso sette ore prima di essere visitato, le ha detto: “Dottoressa ho deciso di denunciarla! Non ce l’ho con lei ma con Renzi, Berlusconi e Grillo. Sono loro che mi fanno incavolare. Il meccanismo politico che tengono in piedi. Visto che però non posso denunciare il sistema allora denuncio lei che in questo momento lo rappresenta”. Dopo un’ora di colloquio la dottoressa e il paziente sono diventati quasi amici, per cui penso che non si sia arrivati alla denuncia.
Questo episodio rappresenta un sentimento diffuso: tante cose non vanno come si vorrebbe, esistono ingiustizie e storture. La rabbia monta dentro le persone e si cerca un capro espiatorio. Chi in quel momento rappresenta le istituzioni assolve al ruolo di parafulmine. Soprattutto coloro che si occupano di attività o servizi per noi importanti divengono bersagli naturali di questa rabbia “sociale”. Il poliziotto che rappresenta istituzioni che non ci proteggono, l’insegnante che incarna un sistema educativo complesso con alcune falle e il medico che dovrebbe garantire la salute. La rabbia ci induce a sparare nel mucchio per trovare un capro espiatorio.
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Recenti notizie di cronaca nei confronti dei medici danno l’idea del cercare un colpevole a tutti i costi:
1. 23 medici accusati per il decesso di un paziente. Non un singolo accusato di qualcosa ma gran parte delle persone che sono state presenti durante l’iter della malattia;
2. Uomo morto, accusati tutti i medici che l’avevano visitato;
3. Aumento dei decessi nel 2015 rispetto agli anni precedenti: invece di pensare che la generazione del baby boom del dopoguerra arriva inevitabilmente all’età avanzata o al calo delle vaccinazioni si incolpano i medici e il servizio sanitario.
2. Uomo morto, accusati tutti i medici che l’avevano visitato;
3. Aumento dei decessi nel 2015 rispetto agli anni precedenti: invece di pensare che la generazione del baby boom del dopoguerra arriva inevitabilmente all’età avanzata o al calo delle vaccinazioni si incolpano i medici e il servizio sanitario.
Queste notizie, al di là dello specifico di ogni situazione, mostrano la tendenza a ricercare una responsabilità diffusa e non specifica per cui è la classe medica sotto accusa e non come sarebbe doveroso il singolo atto di un singolo medico. Di fronte a questa responsabilità diffusa è difficile anche per il medico difendersi.
La banale constatazione che, indipendentemente dalla bontà delle cure, si deve pur morire, a volte giovani, non soddisfa la rabbia inconscia.
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