Calciopoli, le motivazioni della Cassazione: "Moggi, strapotere ingiustificato"
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La Suprema Corte ha reso noto le motivazioni del processo che
si è chiuso con la prescrizione per i principali imputati, tra cui l'ex
dg bianconero. Accertate la frode sportiva e l'associazione a
delinquere "ampiamente strutturata e capillarmente diffusa". Accertate
anche le pressioni di Lotito
ACCERTATA LA FRODE SPORTIVA E L'ASSOCIAZIONE A DELINQUERE - Inquietante il profilo tracciato dai giudici della Suprema Corte che parlano di "irruenta forza di penetrazione anche in ambito federale" dell'ex dg, definito come "l'ideatore di un sistema illecito di condizionamento delle gare del campionato 2004-2005 (e non solo di esse)". Perla Corte, Moggi ha commesso sia il reato di associazione per delinquere, sia la frode sportiva "in favore della società di appartenenza (la Juventus)", e ha anche ottenuto "vantaggi personali in termini di accrescimento del potere (già di per sè davvero ragguardevole senza alcuna apparente giustificazione)". Dai giudizi che l'ex dg bianconero esprimeva in tv e sui media "potevano dipendere le sorti di questo o quel giocatore, di questo o quel direttore di gara con tutte le conseguenze che ne potevano derivare per le società calcistiche di volta in volta interessate", rileva la Cassazione nel suo verdetto.
"ASSOCIAZIONE AMPIAMENTE STRUTTURATA E DIFFUSA" - L'associazione per delinquere diretta da Moggi - si legge ancora nelle motivazioni - "era ampiamente strutturata e capillarmente diffusa nel territorio con la piena consapevolezza per i singoli partecipi, anche in posizione di vertice (come Moggi, il Pairetto, ex designatore arbitrale, o il Mazzini, ex vicepresidente Figc), di agire in vista del condizionamento degli arbitri attraverso la formazione delle griglie considerate quale primo segmento di una condotta fraudolenta".
LE INCURSIONI NEGLI SPOGLIATOI - Sull'ex dg juventino la Suprema Corte aggiunge che aveva una "poliedrica capacità di insinuarsi, 'sine titulo', nei gangli vitali dell'organizzazione calcistica ufficiale (Figc e organi in essa inseriti, quali l'Aia)". Inoltre, senza timore di cadere in "enfatizzazioni", Moggi aveva una "incontroversa abilità di penetrazione e di condizionamento dei soggetti che si interfacciavano" con lui. Con le sue "incursioni" negli spogliatoi degli arbitri, al termine delle partite, non solo "non lesinava giudizi aspramente negativi sull'operato dei direttori di gara", ma esercitava un "potere di interlocuzione aggressiva e minacciosa, frutto soltanto di un esercizio smodato del potere": "emblematici" gli episodi che riguardarono l'arbitro Paparesta e il guardalinee Farneti.
I CONTATTI CON DE SANTIS - I tabulati telefonici dimostrano i "numerosi contatti" tra Moggi e l'ex arbitro De Santis "in coincidenza con le partite per le quali era stato designato, a riprova degli strettissimi rapporti tra la sudditanza e la complicità intercorrenti tra i due". L'ex fischietto ha rinunciato alla prescrizione e si è visto confermare la condanna a dieci mesi (pena sospesa) per associazione e frode sportiva. Ad avviso della Suprema Corte, l'arbitro aveva "piena consapevolezza del sistema di formazione delle griglie arbitrali", il cosiddetto 'sistema Moggi', la cui esistenza - ricorda la Cassazione - è stata "confermata giudizialmente" da Gianfelice Facchetti, figlio del 'grande' Giacinto. Facchetti junior ha testimoniato che De Santis "costituiva uno dei terminali più fidati ed autorevoli per il prestigio goduto all'interno del settore arbitrale". Aveva la "capacità" di attuare i "desiderata" di Moggi, ad esempio indebolendo gli avversari della Juve con "ammonizioni mirate". Anche De Santis, godeva della "protezione mediatica" assicurata da Moggi.
I 'DIKTAT' SUL PROCESSO DI BISCARDI - Negli anni di Calciopoli, l'influenza di Luciano Moggi si estendeva anche su 'Il processo del lunedì' (la celebre trasmissione ideata e condotta da Aldo Biscardi) affinchè nel corso del programma "venisse espresso un giudizio tecnico favorevole", dal commentatore ed ex arbitro Fabio Baldas, sul conto dell'arbitro Tiziano Pieri in merito a un contestatissimo Bologna-Juventus del 12 dicembre 2004 (0-1 il finale). Secondo la relazione dei giudici sono emerse "conversazioni significative" tra le quali una tra Moggi e Baldas e l'altra tra Baldas e l'ex designatore Pierluigi Pairetto "in cui il primo chiarisce al secondo la tecnica di applicazione della moviola per evitare di far risaltare i gravi errori commessi dall'arbitro in quella partita, a favore della Juventus". C'era un "interesse del Moggi verso il Pieri al momento della formazione delle griglie e dopo, - scrive la Cassazione - per consentire al Pieri di proseguire senza intoppi la sua carriera arbitrale in vista del raggiungimento di ulteriori e più prestigiosi traguardi".
LE PRESSIONI DI LOTITO - C'è una "congerie di telefonate compromettenti" e di "prove inequivocabili" delle "pressioni" esercitate dal patron della Lazio, Claudio Lotito, "sul mondo arbitrale in un contesto di lotte intestine per la nomina a Presidente della Figc tra l'uscente Franco Carraro e l'aspirante emergente Giancarlo Abete" per assicurarsi il "salvataggio" della Lazio dalla retrocessione nel campionato 2004-2005. Lo scrive la Cassazione nella sentenza su 'Calciopolì rilevando che l'allora vice della Figc, Innocenzo Mazzini, viene intercettato mentre assicura a Lotito che la sua "mediazione" era riuscita ad assicurare alla Lazio un occhio di favore da parte dei designatori arbitrali Bergamo e Pairetto. "Così come avevano avuto esiti positivi interventi di persone estranee all'ambiente calcistico quali" Cosimo Maria Ferri - attuale sottosegretario alla giustizia - e l'ex presidente della Camera Gianfranco Fini. Si ricordano le "sviste arbitrali" in "favore della società romana" durante le partite Lazio-Chievo e Lazio-Parma. Ad avviso della Cassazione, il comportamento di Lotito - con le sue "manovre pressorie" - ben rappresenta un "fenomeno degenerativo" di "condotte idonee all'alterazione di una gara". Per gli 'ermellini', "non è chi non veda, infatti, ai fini della rilevanza penale, l'assenza di sostanziali differenze tra la condotta di chi offre o dà denaro (o permette altri vantaggi) a soggetti appartenenti ad un'altra squadra per assicurarsi la vittoria o il vantaggio in classifica, e la condotta di chi persegua tali obiettivi attraverso manovre più subdole ma ugualmente destinate al raggiungimento di quello scopo". Anche per Lotito il processo si è concluso con la prescrizione, prima ancora di giungere in Cassazione, dei due episodi di frode sportiva per i quali era imputato.
LA 'RESA' DEI DELLA VALLE - I vertici della Fiorentina - Diego e Andrea Della Valle e il manager viola Sandro Mencucci - alla fine, dopo una strenua resistenza, vanno "a Canossa" da Luciano Moggi e si "accostano a quel sistema di potere che li aveva emarginati e in definitiva danneggiati: non dunque con il proposito di garantirsi l'imparzialità delle decisioni arbitrali per riparare ai presunti torti subiti in precedenza (ritenuti alla base della deficitaria situazione in classifica), ma una sorta di accondiscendenza verso un sistema di potere che li garantisse per il futuro attraverso scelte arbitrali oculate pilotate dal gruppo di potere operante in parte in seno alla Figc (i vertici arbitrali e Mazzini) e in parte estraneo all'ente (Moggi, "tra loro in perfetta simbiosi"). Alla dirigenza viola sono stati contestati due episodi di frode sportiva - per "pilotare" le partita Fiorentina-Chievo e Lecce-Parma - caduti in prescrizione.
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