A cent'anni se ne va l'ultimo vero comunista, Pietro Ingrao. il suo dolore per la fine del Pci
Se ne e' andato a cent'anni compiuti l'ultimo vero comunista, Pietro
Ingrao, che e' stato anche uno dei padri della Repubblica. Aveva festeggiatole
cento candeline lo scorso 30 marzo. Era nato a Lemola, da una ricca famiglia di
proprietari terrieri, liberale, a Lemola in provincia di Latina. Nel 76 e'
stato il primo presidente della Camera, proveniente dalle fila del Pci. Fino ad
allora quella carica era stata una riserva della Dc. Da giovane era fascista e
partecipo' pure ai Littoriari, la manifestazione sportiva e colturale del
regime. Ma già nel 36 all'epoca della guerra civile di Spagna si avvicino' agli
antifascisti militanti per divenire poi nel dopoguerra uno dei maggiori
dirigenti del Partito comunista italiano. Che amo' con tutto il suo cuore ed al
quale dedico' la sua vita, tanto da essere identificato come il "vero comunista
amato dalla gente". Visse da presidente della Camera i terribili giorni del
rapimento e dell'uccisione di Moro. Rappresentante dell'ala marxista piu' a
sinistra del partito entro' in polemica, quando il Pci decise di espellere gli
"eretici" del Manifesto". Per lui fu un grande dolore la fine del Pci con la
svolta della Bolognina di Occhetto, che fece nascere il Pds, al quale poi aderì
ma mai amandolo. Fino ad andarsene in Rifondazione comunista per poi alla fine
votare per Sel. Di lui Fausto Bertinotti disse, ben centrandone la figura
politica: "Ingrao e' un comunista eretico senza scisma". Anche Matteo Renzi lo
ricorda: "Con Ingrao scompare uno dei protagonisti della storia della sinistra
italiana. A tutti noi mancherà la sua passione, la sua sobrietà, il suo sguardo,
la sua inquietudine che ne hanno fatto uno dei testimoni scomodi e lucidi del
novecento della sinistra nel nostro paese". Se ne e' andato e molti lo ricordano
come "il perdente (in riferimento alle sue numerose lotte nel partito) di
successo".
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