L’affondo di Tremonti:
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RICCIONE - Sarà che il Rubicone è davvero a due passi da qui, sta di fatto che la nuova versione di Giulio Tremonti sembra proprio quella di un condottiero.Solo contro tutti, l'ex ministro dell'Economia si rilancia nell'agone politico con la sua nuova creatura 3L-Lista Lavoro e Libertà al grido autarchico-nazionalista: «Basta tasse, stop paura: l'Italia deve uscire dallo schiaffo tedesco». E in chiusura della due giorni di dibattito - «ma il mio tour toccherà tante città italiane» - fissa i primi paletti della sfida verso le politiche. Con una premessa: «Non mi interessa la politica delle poltrone: ma dobbiamo decidere se dobbiamo essere padroni a casa nostra o calpesti e derisi».
Dal Palacongressi di Riccione, l'ex mente economica di Berlusconi mena fendenti a destra e a manca. Ce n'è per tutti, ma il bersaglio preferito del professore valtellinese rimane il «collega» che ora siede a palazzo Chigi: Mario Monti. E cioè «un viceré che è riuscito a fare tutto quello che non voleva e a non fare quello che voleva. A partire - scandisce dopo un rimando a Goethe - dal rapporto con la Germania: un conto è il rispetto, un altro è l'ossequio». E così la nuova versione del Tremonti istrione, più di lotta che di governo, pungola il professore parafrasando Nanni Moretti: «Mario, dicci qualcosa di Made in Italy». E il pubblico sembra gradire le invettive dell'ex ministro. In sala c'è il nuovo mondo politico treellino: giovani, docenti universitari, qualche deluso del Pdl ma anche imprenditori come il presidente di Confapi, Maurizio Casasco e Francesco Amadori. Non poteva nemmeno mancare un padre nobile nel neo partito (di cui Tremonti ha disegnato anche il logo): il senatore di lungo ex socialista Rino Formica. Parlano un po' tutti, sul palco, cinque minuti ciascuno, per dare quel tocco di americano alla convention, come insegnano le nuove regole della comunicazioni politica insegnano. Ma poi il vero mattatore in questa domenica - «in cui abbiamo passato il Rubicone» - rimane proprio l'ex mente economica del Cavaliere. E a Berlusconi, in Russia per i 60 anni di Putin, Tremonti manda parole al fiele. Lo accusa di avergli sostanzialmente sabotato le ricette anti-crisi che stava mettendo a punto da ministro del Tesoro. «Fino a giugno del 2011 la situazione economica tutto sommato teneva - spiega - poi tutto si rompe quando due politiche si confrontano; quella del Tesoro e quella di Palazzo Chigi. Per me era saggio seguire una politica della prudenza: ho detto Vula bass e schiva i sass, invece fu fatta una scelta irresponsabile e opposta». La guerra di Giulio però abbraccia tutti: il vecchio, come il nuovo. Beppe Grillo viene liquidato con due battute («Dicevo quelle cose sulle banche 20 anni fa»), gli amici della Lega del fu cerchio magico e del nuovo corso marroniano diventano «signori con i quali non mi sento più da tempo». Solo contro tutti, dunque. Anche se dal Pdl un altro ex socialista e già sodale gli risponde per le rime. Così: «Giulio - dice il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto - è ideologo neomarxista e che, in passato, si è servito del consenso ottenuto da altri, in primo luogo quello di Silvio Berlusconi». |
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