Migranti, Onu: 700 morti nei tre naufragi al largo della Libia. Mattarella: ingenuo deviare i flussi
La tragedia dei migranti naufragati alle porte delle coste italiane assume proporzioni sempre più tragiche. Secondo l'agenzia dei rifugiati dell'Onu, l'Unhcr, sarebbero fino a 700 le vittime di tre naufragi nel Mediterraneo in questi ultimi giorni. La stima, secondo quanto riferisce l'Unhcr, è data dalle testimonianze dei sopravvissuti.
«La situazione è caotica, non possiamo essere sicuri dei numeri, ma temiamo che fino a 700 migranti siano annegati questa settimana in tre naufragi», uno dei quali, secondo il racconto di testimoni sopravvissuti, avrebbe causato la morte di 500 persone, ha detto un portavoce dell’Unhcr, Federico Fossi.
I dispersi non si contano ma i cadaveri arrivano con le barche insieme ai migranti salvati in mare. Sono circa 700 i migranti soccorsi nel canale di Sicilia nella mattinata di ieri. La centrale operativa della Guardia Costiera ha coordinato 4 interventi di soccorso, intercettando 3 gommoni ed un barcone. Nave Dattilo della Guardia Costiera ha recuperato 322 migranti, mentre gli oltre 400 rimanenti sono stati recuperati da altre unità presenti in zona.
Fermati 17 scafisti
Il gip del Tribunale ha convalidato il fermo di 17 scafisti sbarcati a Palermo insieme a circa mille migranti arrivati la scorsa settimana a bordo della nave della Guardia Costiera Dattilo. I migranti hanno raccontato di aver pagato, mediamente, 1.500 dinari agli esponenti dell'organizzazione, di essere giunti a Sabratha (sulla costa libica) dove per circa sei mesi hanno atteso in abitazioni adibite a veri e propri lager, con il solo sostentamento di una razione di pane e acqua. Di guardare a vista i migranti si sarebbero occupati carcerieri armati e senza scrupoli, capaci anche di esecuzioni sommarie nei confronti di chi si ribellava alle condizioni disumane.
Il gip del Tribunale ha convalidato il fermo di 17 scafisti sbarcati a Palermo insieme a circa mille migranti arrivati la scorsa settimana a bordo della nave della Guardia Costiera Dattilo. I migranti hanno raccontato di aver pagato, mediamente, 1.500 dinari agli esponenti dell'organizzazione, di essere giunti a Sabratha (sulla costa libica) dove per circa sei mesi hanno atteso in abitazioni adibite a veri e propri lager, con il solo sostentamento di una razione di pane e acqua. Di guardare a vista i migranti si sarebbero occupati carcerieri armati e senza scrupoli, capaci anche di esecuzioni sommarie nei confronti di chi si ribellava alle condizioni disumane.
Il racconto dei superstiti
«In molti hanno ferite da arma da taglio - raccontano gli investigatori che da anni lavorano per scovare gli scafisti che si nascondono tra i migranti - segni di bruciature e lividi dovuti alle botte prese in Libia. Nella migliore delle ipotesi sono stremati dalla fame e dalla sete». Erano in queste condizioni anche i superstiti del naufragio avvenuto giovedì al largo della Libia. E il loro racconto è un concentrato di disperazione. «Siamo partiti da Sabratha, in Libia, la notte tra il 25 e il 26 maggio, su due barconi carichi ognuno di 500 persone. I pescherecci erano ancorati al largo, ci hanno trasferito dalla spiaggia a gruppi di 50, con dei gommoni». La legge dei barconi è sempre la stessa: chi paga di più ha diritto a stare in coperta, e ad avere una speranza di salvarsi se le cose vanno male; chi non ha soldi a sufficienza finisce invece nella stiva, stipato come sardine. In quel caso la morte è certa. Mercoledì notte inizia dunque il viaggio verso l'Italia. Il primo peschereccio accende il motore e punta la prua verso la Sicilia, trainando l'altra imbarcazione con una fune.
«In molti hanno ferite da arma da taglio - raccontano gli investigatori che da anni lavorano per scovare gli scafisti che si nascondono tra i migranti - segni di bruciature e lividi dovuti alle botte prese in Libia. Nella migliore delle ipotesi sono stremati dalla fame e dalla sete». Erano in queste condizioni anche i superstiti del naufragio avvenuto giovedì al largo della Libia. E il loro racconto è un concentrato di disperazione. «Siamo partiti da Sabratha, in Libia, la notte tra il 25 e il 26 maggio, su due barconi carichi ognuno di 500 persone. I pescherecci erano ancorati al largo, ci hanno trasferito dalla spiaggia a gruppi di 50, con dei gommoni». La legge dei barconi è sempre la stessa: chi paga di più ha diritto a stare in coperta, e ad avere una speranza di salvarsi se le cose vanno male; chi non ha soldi a sufficienza finisce invece nella stiva, stipato come sardine. In quel caso la morte è certa. Mercoledì notte inizia dunque il viaggio verso l'Italia. Il primo peschereccio accende il motore e punta la prua verso la Sicilia, trainando l'altra imbarcazione con una fune.
«Dopo circa 8 ore di navigazione - hanno raccontato ancora i sopravvissuti - il peschereccio trainato ha iniziato ad imbarcare acqua. Abbiamo fatto una catena umana, provando in tutti i modi a svuotare il peschereccio». Una catena umana nel buio assoluto per continuare a vivere, 500 persone terrorizzate che tentavano di svuotare il mare con una decina di taniche da 5 litri. E con le mani. L'incubo è durato un'ora e mezza, con il peschereccio che andava sempre più giù. Poi la fine. «Quando la barca era quasi tutta sotto il pelo dell'acqua, il capitano ha ordinato ai passeggeri di tagliare la cima che serviva per trainare». Il capitano, secondo gli uomini della squadra Mobile di Ragusa, è Adam Sarik, un sudanese di 29 anni. «Una volta tagliata la fune - hanno infatti spiegato i sopravvissuti - i migranti che erano in coperta si sono gettati in mare, ma i circa trecento che erano nella stiva, tra cui 40 bambini, sono colati a picco». Nessuno di loro è stato salvato. Il capitano ha abbandonato la zona e li ha lasciati annegare.
“Quando la barca era quasi tutta sotto il pelo dell'acqua, il capitano ha ordinato ai passeggeri di tagliare la cima che serviva per trainarla”Il racconto di un sopravvissuto
In settimana soccorsi oltre 12mila migranti
Quella che sta per finire è stata una settimana particolarmente difficile per i salvataggi nel canale di Sicilia con tre naufragi, decine (o centinaia) di vittime e oltre 12 mila migranti soccorsi. Come temuto, la chiusura della via balcanica ha dirottato la pressione migratoria verso la vecchia rotta del Canale di Sicilia. E proprio su questo tema è intervenuto il capo dello Stato: «Pensare che la soluzione sia deviare i flussi verso altri Paesi e non nell'affrontare le sfide con lucidità appare singolarmente ingenuo», ha detto Mattarella parlando oggi a Sarajevo al meeting dei leader balcanici. «Servono politiche credibili in tema di attivazione di canali legali di migrazioni e rimpatri».
Quella che sta per finire è stata una settimana particolarmente difficile per i salvataggi nel canale di Sicilia con tre naufragi, decine (o centinaia) di vittime e oltre 12 mila migranti soccorsi. Come temuto, la chiusura della via balcanica ha dirottato la pressione migratoria verso la vecchia rotta del Canale di Sicilia. E proprio su questo tema è intervenuto il capo dello Stato: «Pensare che la soluzione sia deviare i flussi verso altri Paesi e non nell'affrontare le sfide con lucidità appare singolarmente ingenuo», ha detto Mattarella parlando oggi a Sarajevo al meeting dei leader balcanici. «Servono politiche credibili in tema di attivazione di canali legali di migrazioni e rimpatri».
Il mare calmo e il bel tempo hanno spinto i disperati del mare a prendere d'assalto i barconi che stracarichi di persone non hanno retto e il primo mercoledì, il secondo giovedì e il terzo venerdì sono naufragati lasciando in acqua decine di persone.
Le navi della Marina Militare, impegnate nel pattugliamento del canale di Sicilia, ma non solo, hanno faticato non poco a trarre in salvo così tante persone, tra cui donne incinte e bambini, come la piccola Favour, la cui foto in braccio al medico di Lampedusa ha fatto il giro del mondo.
Gli sbarchi non hanno riguardato soltanto la Sicilia ma sono avvenuti anche in Sardegna, Calabria e Puglia. Solo ieri sono state diciassette le operazioni di soccorso coordinate dalle Capitanerie di porto per un totale di 1.900 persone recuperate a bordo di 16 gommoni. Stamane è arrivata nel porto di Reggio Calabria la nave militare “Vega” con a bordo 629 migranti e 45 corpi recuperati in mare. I cadaveri appartengono a 36 donne, sei uomini e tre minori con età che vanno da sei mesi a due anni. Tra i sopravvissuti ci sono 419 uomini, 138 donne e 72 minori di varia nazionalità (Pakistan, Libia, Senegal, Eritrea, Nigeria, Siria, Marocco e Somalia). Dei migranti arrivati in Calabria, 155 provengono dal barcone che si è rovesciato al largo delle coste della Libia.
Mercoledì scorso era stata la volta del naufragio del barcone col ponte stipato all'inverosimile che ondeggia paurosamente sotto il peso dei passeggeri, si piega sul lato sinistro ed infine si ribalta completamente. Il pattugliatore Bettica salva 562 persone, recupera cinque morti ma si pensa che nella stiva del peschereccio possano essere rimasti in molti.
Papa Francesco ha accolto 500 bambini
Intanto a Città del Vaticano, Papa Francesco ha accolto 500 piccoli migranti arrivati, dalla Calabria, in Frecciargento. Si chiama Il Treno dei Bambini. L'iniziativa giunta alla quarta edizione e promossa dal «Cortile dei Gentili», che quest'anno viene dedicata ai piccoli migranti che hanno affrontato un grande viaggio in cerca di speranza e rivolta anche bambini che li hanno accolti nelle loro città, nelle loro scuole e nelle case. Il tema di quest'anno è “Portati dalle Onde”. Il Papa si è presentato all'incontro portando in mano il giubbotto salvagente di una bimba siriana morta mentre cercava di raggiungere con i genitori la spiaggia di Lesbo, in Grecia.
Intanto a Città del Vaticano, Papa Francesco ha accolto 500 piccoli migranti arrivati, dalla Calabria, in Frecciargento. Si chiama Il Treno dei Bambini. L'iniziativa giunta alla quarta edizione e promossa dal «Cortile dei Gentili», che quest'anno viene dedicata ai piccoli migranti che hanno affrontato un grande viaggio in cerca di speranza e rivolta anche bambini che li hanno accolti nelle loro città, nelle loro scuole e nelle case. Il tema di quest'anno è “Portati dalle Onde”. Il Papa si è presentato all'incontro portando in mano il giubbotto salvagente di una bimba siriana morta mentre cercava di raggiungere con i genitori la spiaggia di Lesbo, in Grecia.
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