TRA I BANCHIERI D’ORO ANCHE QUELLI DI VICENZA PREMIATI PER AVER FRODATO MIGLIAIA DI AZIONISTI
di Elio Lannutti
Sale nel 2014, in Europa e in Italia, il numero dei manager bancari che guadagnano oltre 1 milione di euro. Secondo l’ultimo rapporto dell’EBA, l’autorità bancaria europea con sede a Londra, sono “cresciuti significativamente” nel Vecchio Continente, passando dai 3.178 del 2013 ai 3.865 del 2014 con una crescita del 21,6%. Nel nostro Paese sono saliti da 138 a 153 con una spesa totale di circa 260 milioni di euro, più altri 52 milioni maturati e i cui pagamenti sono dilazionati ai prossimi anni. La retribuzione media di questi top manager è così pari a 1,7 milioni di euro. L’EBA nota come le banche, per allinearsi al tetto ai bonus introdotto dalle norme (pari al 100% della remunerazione fissa), abbiano fatto scendere la quota variabile sul totale.
Tra i 150 manager bancari che hanno guadagnato in Italia stipendi d’oro superiori ad 1 milione di euro (secondo l’EBA, che dovrà aggiornare le remunerazioni del 2015), i banchieri di Vicenza, premiati per aver frodato 117.000 azionisti, dopo che nel 2015 la Popolare di Vicenza ha chiuso l’esercizio con una perdita di 1,4 miliardi e con un crollo del valore delle azioni, svalutate da 62,50 euro a 6,30 euro, la cui azione di responsabilità è stata bocciata da un’attenta regia assembleare.
L’amministratore delegato Francesco Iorio, in carica dallo scorso 1° giugno, ha ricevuto 2,678 milioni di euro, di cui 1,8 milioni come bonus d’ingresso una tantum. Il vicedirettore generale, Jacopo De Francisco, in carica dal 22 giugno 2015, ha percepito 1,02 milioni di euro, di cui 700.000 anche in questo caso come bonus d’ingresso una tantum. L’ex presidente Gianni Zonin ha incassato 1,01 milioni. Dalla relazione sulla remunerazione emerge che l’istituto ha pagato 2,675 milioni di euro di bonus d’ingresso una tantum a sei dirigenti, inclusi i già citati Iorio e De Francisco, e 5,2 milioni di euro di buonuscita a cinque ex dirigenti.
La liquidazione più consistente, pari a 4 milioni di euro, è stata riconosciuta all’ex amministratore delegato, Samuele Sorato, che ne ha incassati già due e incasserà gli altri due con differimento triennale. Per l’ex amministratore delegato, indagato con Zonin per ostacolo all’attività di vigilanza e aggiotaggio, il compenso complessivo del 2015 (si è dimesso il 12 maggio) è stato di 4,6 milioni.
È un vero e proprio scandalo, tollerato dalla Banca d’Italia, offrire liquidazioni e bonus a banchieri di sistema, come Giovanni Zonin ed altri manager con liquidazioni d’oro che, invece di creare valore, hanno distrutto almeno 9 miliardi di euro nella BpVi (tra perdite ed aumenti di capitale). Al contrario bisognerebbe invece sequestrare, per risarcire almeno in parte le vittime di tale dissennata e fraudolenta gestione del credito e del risparmio.
I crediti Etruria regalati agli “amici”
Finisce ancora una volta alle Procure della Repubblica la valutazione dei crediti di Banca Etruria, garantiti anche dagli immobili ed iscritti a bilancio ad un valore minimo del 34%, svalutati dai commissari Riccardo Sora ed Antonio Pironti, con il consenso implicito di Bankitalia ad un prezzo vile del 14,7%, per accontentare gli amici della holding di controllo di Fonspa capeggiati da Lorenzo Bini Smaghi. Adusbef e Federconsumatori, che attendono ancora i risarcimenti per le 130.000 famiglie truffate da Bankitalia e dallo Stato, previste dalla legge di stabilità in scadenza oggi, dopo aver letto l’articolo odierno di Franco Bechis in prima pagina sul quotidiano Libero dal titolo: “Così la Banca d’Italia ha rovinato le banche”, hanno redatto l’ennesimo esposto denuncia inviato ad alcune Procure (tra le quali Roma ed Arezzo), chiedendo di scoperchiare tutti gli affari che si nascondono dietro il regalo alla banca dei vip.
Già il settimanale L’Espresso aveva pubblicato un reportage titolato significativamente “Popolare Etruria, il crac è un affare per la banca dei vip”, notando come dietro la holding di controllo del Fonspa ci fosse «un club esclusivo» che riuniva a vario titolo l’ex presidente dell’ENEL e poi commissario straordinario dell’Ilva, Piero Gnudi, l’ex membro del comitato esecutivo della BCE, Lorenzo Bini Smaghi, l’ex manager di Citigroup Panfilo Tarantelli, la famiglia De Agostini, Alessandro Benetton, l’ex manager FIAT Umberto Quadrino e il presidente dello IOR, Jean Baptiste de Franssu. Una sorta di boutique finanziaria con ottimi nomi alle spalle. Era curioso che fossero riusciti a strappare quei crediti in sofferenza solo quattro giorni prima che Banca Etruria andasse in risoluzione, ad un prezzo vile del 14,7%.
A fare da benchmark, da punto di riferimento per la decisione, è in realtà una operazione conclusasi sul mercato solo pochi giorni prima (il 17 novembre) da parte di Banca Etruria, che in quel momento era amministrata dai commissari scelti dalla Banca d’Italia, ossia il dottor Antonio Pironti e il ragionier Riccardo Sora – ex direttore generale di UBI Banca ed ex commissario di Tercas, Carichieti e Cassa Rimini, per la quale è stato indagato e poi prosciolto grazie a una lettera di manleva di Visco – nominati l’11 febbraio 2015, con un decreto lampo, solo quattro giorni prima che il governatore avesse proposto il commissariamento al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.
Deve ora essere scoperchiato da indagini penali, che non possono più essere rinviate, quella cessione di crediti in sofferenza per 284 milioni di euro ceduti a Fonspa, che si è realizzata a un valore netto contabile del 14,7%, a meno di 42 milioni di euro, interpretato dalla Commissione come un punto di riferimento essenziale per determinare a che valore trasferire i crediti in sofferenza alla bad bank italiana, con un prezzo che si sarebbe rivelato capestro sia per i risparmiatori che per le successive operazioni bancarie in Italia, un harakiri per l’Italia e il suo sistema bancario che ha visto, come protagonista, la Banca d’Italia ed i suoi commissari.
Via Nazionale, che ha commissariato con atti d’imperio banche sane, come la Bene Banca Vacienna, per favorire la Banca Popolare di Vicenza dello spicciafaccende Zonin, per il quale neppure è stata votata l’azione di responsabilità da una attenta regia dopo aver frodato con l’intero cda 117.000 azionisti e distrutto valore per oltre 9 miliardi di euro, non può continuare a rovinare i risparmiatori.
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